I 14 più grandi opening in piano sequenza della storia del cinema

Condividi l'articolo

Scarface – Howard Hawks, 1932

Durata: 3:08 min

È incredibile pensare che nel 1932 Haward Hawks sia stato capace di girare un piano sequenza di questo tipo. Non solo per la sua lunghezza, ma anche per la perfezione della sua realizzazione, soprattutto se si considera che il concetto di piano sequenza fino al quel momento non era così sviluppato e studiato come ora. Il dolly della macchina da presa attraversa il muro, entra nella stanza e segue i personaggi attorno tavolo per poi concentrarsi sull’ombra dell’assassino e sul suo omicidio. Chi avrebbe mai pensato che nel ’32 fosse possibile una scena così?

La conversazione – Francis Ford Coppola, 1974

Durata: 2:55 min

Il film si apre con un’innocente ripresa dall’alto di Union Square a San Francisco. La macchina da presa si avvicina alla piazza e di tanto in tanto alla musica che sentiamo si aggiunge un suono elettronico, che fa pensare che qualcosa di inconsueto sta accadendo e non stiamo semplicemente registrando una scena di vita in un ambiente urbano. Soltanto in un secondo momento ci rendiamo conto che il suono non è altro che quello di un microfono, e che il soggetto che la macchina da presa sta seguendo è l’investigatore privato Harry Caul. La natura di questo piano sequenza riflette la natura stessa del protagonista. Così come Harry osserva, spia, registra le conversazioni degli altri, allo stesso modo la macchina da presa lo individua tra la folla e lo segue a sua insaputa. Poiché nel cinema lo sguardo è potere, lo spettatore, che è un doppio della macchina da presa, diventa a sua volta la spia del protagonista, alimentando la sua stessa paranoia.

LEGGI ANCHE:  Netflix: Paul T. Anderson e Adam Sandler di nuovo insieme

 

Halloween – John Carpenter, 1978

Durata: 3:44 min

Benché dia l’impressione di essere stata girata senza alcuno stacco, questa scena ne nasconde ben tre: il primo quando Michael indossa la maschera, il secondo ed il terzo quando dopo l’assassinio sta per uscire dalla stanza. Cult del genere horror, girato in pochissimo tempo e con un budget ridotto, Halloween ha fatto scuola non solo nel cinema del suo genere, ma anche per il long take che apre il film. L’innovazione che sta dietro questo piano sequenza è il fatto che è girato in prima persona: tutto quello che l’assassino sta facendo, lo stiamo facendo anche noi. Noi siamo l’assassino. Allo stesso tempo, la sequenza è costruita in modo da creare suspence. La continuità dell’azione fa in modo che lo spettatore/assassino non distolga mai lo sguardo da ciò che sta vedendo. Ma non basta, a dare un ulteriore shock è la rivelazione finale, quando dopo la scena in long take si ha uno stacco rivelatorio sul volto dell’assassino, che non è nient’altro che un bambino. L’apparente continuità della prima scena contrasta con lo stacco sul volto dell’assassino, rafforzandone il colpo di scena e contribuendo a renderla una delle migliori scene introduttive del genere horror.

LEGGI ANCHE:  John Carpenter contro Rotten Tomatoes: "Sono ancora vivo!"

La ronde; Il piacere e l’amore – Max Ophüls, 1950

Durata: 4:46 min

Max Ophüls è un altro regista che ha sempre sperimentato con il piano sequenza, e a sua volta ha ispirato grandi registi dopo di lui, uno fra i quali Paul Thomas Anderson. Qui, con La Ronde, in un’unica inquadratura di più di 4 minuti, il regista mette a nudo la narrazione e la messa in scena. Il film presenta se stesso, viene interrotta qualsiasi illusione di realtà mostrando il set come spazio dell’azione, mentre il narratore onniscente si muove seguito dalla macchina da presa, spiegando ed introducendo la vicenda. Così come suggerisce il narratore, tutto è una ruota che gira ininterrottamente, perfino l’amore. Allo stesso modo l’assenza di montaggio, il tempo dilatato, la continuità della narrazione, seguono la stessa idea, suggerendo un flusso quasi inarrestabile.

 

Boogie nights – Paul Thomas Anderson, 1997

Durata: 2:53

Paul Thomas Anderson ama il piano sequenza, ogni film che ha fatto ne contiene uno. Ma questo resta sicuramente il suo più memorabile.

In soli tre minuti di ripresa lo spettatore viene immediatamente introdotto nel mondo della Hollywood di fine anni 70. Dà subito un’idea di cosa lo il pubblico si troverà ad ammirare, immergendolo nell’atmosfera del film. Oltre ad avere questo impatto a livello di contesto, il long take serve ad introdurre quelli che sono i personaggi principali del film: ad uno ad uno, la macchina da presa li svela allo spettatore.