Once Upon a Time in China - La recensione - Da uno dei massimi esponenti della new wave di Hong Kong, uno dei progetti più ambiziosi di un'industria in grande crescita che racconta la nascita della Cina moderna con un grandissimo Jet Li.
Once Upon a Time in China – La Golden Age di Hong Kong è uno dei periodi più interessanti della produzione cino-cantonese. Una delle figure chiave di questo momento storico, che comincia col finire degli anni ’70, è Tsui Hark.
Il regista cantonese è da subito attivissimo, sia nel ruolo di regista che in quello di produttore. La sua produzione è contraddistinta da una grande capacità nel mescolare autorialità ad aspetti da blockbuster. Anche i generi tradizionali (e non) vengono rimestati in un grande calderone. Hark usa spesso aspetti da commedia, passando per il wuxia, il gongfupian, il gangster movie all’orientale e l’investigativo. Nella sua vasta produzione dietro la macchina da presa vale forse la pena soffermarsi su uno dei suoi progetti più ambiziosi.
Once Upon a Time in China è infatti una delle più grandi produzioni con cui il maestro si sia confrontato, in termini tecnici ed artistici.
Già il titolo internazionale, citando Sergio Leone, ci fa intendere l’importanza che Hark attribuisce al progetto. Un vero e proprio racconto epico, una ricerca di un mito fondativo per l’area cantonese. Perché quella raccontata da Hark è l’arrivo della modernità nella zona sud-est della Cina, vista attraverso gli occhi di una leggenda della Cina: Wong Fei-hung.
Siamo alla fine dell’800, nella prefettura di Foshan.
La lotta fra popolazione e i paesi occupanti (Stati Uniti ed Inghilterra) è sempre più forte. Wong Fei-hung (Jet Li) è un maestro di arti marziali e medico tradizionale. In seguito ad incidenti fra le due parti, tenterà di fare da pacere, ma rimarrà anche lui coinvolto negli scontri.
L’intenzione di Hark è chiara. C’è un evidente tentativo di individuare storicamente un punto preciso in cui riconoscere la nascita della Cina moderna.
Il periodo descritto è molto conflittuale, ma contribuirà in maniera determinante alla nascita di un popolo, quello dell’area cantonese. Hark costruisce un’opera complessa, che gioca con i generi in pieno stile asiatico. Se a tratti si sfocia nel nazionalismo, Hark fa riconoscere il pubblico in patria nei suoi personaggi, schierandosi apertamente a favore della popolazione occupata. Inglesi ed americani, non può essere altrimenti, sono i cattivi di turno.
Specchio dei tempi, ormai mutati irrimediabilmente, è l’arrivo della tecnologia.
In questo caso è chiave il personaggio di Siu-kwan (Rosamund Kwan), una cinese che ha studiato per tre anni in Inghilterra. Di ritorno in patria, veste abiti occidentali e porta un apparecchio fotografico nel villaggio. Sebbene la donna sia chiaramente cinese, molti abitanti non riescono più a capire se la donna sia cinese od occidentale. Tutti però sono ammaliati dalla sua bellezza, a partire da Wong Fei-hung, il cui rapporto è tabù in quanto i due sono parenti. Siu-Kwan è il simbolo nella nascita di un nuovo popolo, che affonda le radici nelle tradizioni cinese ma attento alla tecnologia ed alla cultura occidentale.
Due parole vanno spese su Wong Fei-hung. Personaggio realmente esistito, Wong è diventato un vero e proprio eroe in patria. Hark capisce che può diventare un eroe della Cina di quel periodo, ancorata alle tradizioni ma non per questo completamente chiusa alla modernità. Affida il ruolo ad un giovane Jet Li, che verrà lanciato internazionalmente grazie a questo ruolo. Il funambolico attore cinese è perfetto, affiancando una buona recitazione alle sue incredibili doti nel Kung-fu.
Tecnicamente parlando, Once Upon a Time in China è una produzione maestosa.
I numeri da blockbuster confermano il successo del regista cinese, che dispiega tutta la sua capacità dietro la macchina da presa. Hark usa frequentemente il grandangolo, per meglio mostrare le grandi scene che riprende. L’azione è diretta perfettamente, in maniera chiara e pulita, con quel gusto tutto orientale tanto caro al regista. Cita ancora il maestro Leone, ricreando la scena in cui il giovane Noodles spia Deborah mentre balla. È un vero e proprio colossal asiatico, i cui potenti mezzi a disposizione vengono sapientemente usati da Hark.
Uscito nel 1991, il film sarà un grande successo internazionale, creando un nuovo boom di film di arti marziali. Trascinati dalla grande risposta verso il film, nasceranno ben altri 5 film, andando a creare una vera e propria saga epica, oltre ad una serie di imitatori. La carriera di Jet Li decollerà fino a raggiungere Hollywood, mentre Tsui Hark, se ancora ce ne fosse bisogno, si conferma uno dei registi di spicco della scena di Hong Kong.