Nome: Tonya Maxine Harding
Film: I, Tonya
Residenza: Portland (Oregon)
Professione: Pattinatrice artistica su ghiaccio
Frasi Celebri: “America. They want someone to love, they want someone to hate”.
Tonya Harding è la protagonista di I, Tonya, un film del 2017 diretto dal regista australiano Craig Gillespie, e incentrato su uno dei più clamorosi scandali sportivi nella storia degli Stati Uniti d’America. La pellicola è stata presentata in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival, dove è stata accolta molto positivamente ottenendo il secondo posto nel premio del pubblico.
Nata nella periferia di Portland nel 1970, Tonya Harding ebbe un’infanzia particolarmente difficile, segnata dalla povertà e da una condizione familiare alquanto precaria. Dopo il divorzio dal suo quarto marito, la custodia della piccola passò a sua madre LaVona (Allison Janney), una donna fredda, stanca e incapace di provare qualsiasi genere di sentimento nei confronti di sua figlia.
Particolarmente manesca e violenta nei confronti di Tonya, LaVona intravede in lei un talento naturale nel pattinaggio su ghiaccio, e lavora in una tavola calda come cameriera per pagarle le lezioni. Sacrifici che rinfaccerà per sempre alla bionda pattinatrice.
Tonya Harding non è una cattiva ragazza: nonostante i modi un po’ grezzi, può essere considerata una persona coerente con i propri ideali; non rinnega mai il suo passato, definendosi senza paura una “campagnola poco istruita”. Dall’età di 4 anni, fu subito chiaro a tutti che quella bambina aveva doti superiori rispetto alla media, qualcosa che non è possibile insegnare, un dono che arriva diretto da madre natura. Vedendo poche prospettive di carriera davanti a sé, decide di lasciare gli studi per concentrare tutti i suoi sforzi nel pattinaggio.
Atletica e molto potente, dal punto di vista fisico Tonya Harding non ha eguali. È stata la seconda donna della storia in grado di eseguire un triplo axel in una competizione ufficiale, e tutt’oggi, una delle pochissime ad esserci riuscita. Il punto debole è sempre stata l’interpretazione artistica: il suo stile dirompente e mascolino non è mai piaciuto alla federazione statunitense, che preferiva atlete più eleganti ed aggraziate per rappresentare la propria nazione nelle competizioni internazionali. Tonya è un’anima ribelle, e pattina come un “toro incazzato”. Per lei il pattinaggio è l’unico modo per sfogarsi ed esprimere al mondo tutta la sua rabbia nei confronti della vita.
Uno degli spartiacque della sua vita sarà l’incontro con Jeff Gillooly (Sebastian Stan), suo primo fidanzato e futuro marito. Il loro rapporto è sempre stato caratterizzato da alti e bassi dovuti alle attitudini violente e ossessive da parte dello stesso Jeff. Tonya non fa più una vita da atleta; fumo, alcool ed eccessi si ripercuoteranno inevitabilmente anche sui risultati.
1994, si avvicinano i XVII Giochi Olimpici Invernali in Norvegia.
Tonya non è particolarmente in forma, e rischia l’esclusione dalla selezione olimpica statunitense. Jeff Gillooly – dopo averla consultata – prende la decisione di spedire tramite il suo amico Shawn Eckhardt, delle lettere minatorie ad una pattinatrice rivale di nome Nancy Kerrigan, in modo tale da destabilizzarla. Quelle che inizialmente dovevano essere solamente delle minacce, si trasformeranno in uno scandalo senza precedenti.
Craig Gillespie sceglie una narrazione insolita (ma alquanto riuscita), intervistando gli attori come fossero i veri protagonisti delle vicende, e raccontando tramite loro i passaggi più importanti della vita di Tonya. Margot Robbie è straordinaria nella sua trasformazione, dimostrando che Suicide Squad è solo un passo falso in quella che ha tutte le carte in regola per essere una brillante carriera. Per questo ruolo, l’attrice australiana ha ottenuto le nominations agli Academy Awards e Golden Globes come miglior attrice protagonista, senza però aggiudicarsi alcuna statuetta.