Francesco Motta, in arte semplicemente Motta, è un cantante italiano. Negli ultimi anni si sta facendo strada, grazie all’album d’esordio da solista “La fine dei vent’anni”. In seguito alla cui uscita, si fa conoscere presso la critica ed il pubblico. Diventando uno degli artisti più apprezzati e riconosciuti del momento. In occasione della pubblicazione del suo secondo ed ultimo album, “Vivere o morire” uscito il 6 aprile 2018, la redazione della Scimmia lo ha incontrato per un’intervista. Di sotto sono riportate le domande e le risposte rilasciate dal cantante pisano.
Un amore per la musica che si manifesta fin da piccolo. Tu sei un polistrumentista. Già nel 2006 fondi la tua prima band, i “Crimanl Jokers”, con i quali pubblichi 2 dischi, di cui “This was supposed to be the future” prodotto addirittura da Andrea Appino.
Quindi tanta gavetta alle spalle, tanta esperienza fatta. Tante collaborazioni musicali tra qui con Nada, i Pan del diavolo, gli Zen Circus e Giovanni Truppi. In che modo ti hanno plasmato?
Ma suonare per gli altri, anche far il fonico per gli altri in qualche modo ti fa mettere l’ego da parte, e questo è fondamentale. Mi hanno portato quindi tanta umlità  per quello che faccio anche adesso.
 Sei anche un grande appassionato di cinema, tanto che nel 2013 hai seguito un corso di “Composizione per film” al centro sperimentale di cinematografia. Da qui nasce un connubio, nella tua musica, tra il fare musica, appunto, e le immagini.
Poi arriva il successo, in un certo senso una consacrazione con l’uscita dell’album “La fine dei vent’anni” nel 2016. Un grande successo di critica e pubblico. E’ un album personale, intimo. Cosa ti ha indotto a produrlo? Che rapporto hai?
Tu stesso hai dichiarato in passato di aver bisogno di almeno 4 anni per lavorare ad un nuovo disco. Non è stato così.
Ma io in realtà credo di averci messo 31 anni per lavorare e portare a termine “Vivere o morire”.
“Vivere o morire” esce il 6 aprile del 2018, il 2° disco da solista. Sembra essere più diretto, una prova di forza con te stesso, una sorta di manifesto insomma. Diverso quindi rispetto al 1° disco.
In “Vivere o morire” si può avvertire una sorta di malinconica speranza, appunto una maturità ora consapevole. Ma anche tanto amore, il tema dell’amore appunto, sembra predominare. Quanto ti rappresenta?