Intervista Motta – La Scimmia incontra il cantante

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Francesco Motta, in arte semplicemente Motta, è un cantante italiano. Negli ultimi anni si sta facendo strada, grazie all’album d’esordio da solista “La fine dei vent’anni”. In seguito alla cui uscita, si fa conoscere presso la critica ed il pubblico. Diventando uno degli artisti più apprezzati e riconosciuti del momento. In occasione della pubblicazione del suo secondo ed ultimo album, “Vivere o morire” uscito il 6 aprile 2018, la redazione della Scimmia lo ha incontrato per un’intervista. Di sotto sono riportate le domande e le risposte rilasciate dal cantante pisano.

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Un amore per la musica che si manifesta fin da piccolo. Tu sei un polistrumentista. Già nel 2006 fondi la tua prima band, i “Crimanl Jokers”, con i quali pubblichi 2 dischi, di cui “This was supposed to be the future” prodotto addirittura da Andrea Appino.

Ma io ho iniziato, in realtà, anche da più piccolo. Ho iniziato a 3 anni ad approcciarmi alla musica, perché ho studiato questo strumento che si chiama “Yamaha”, per bimbi che non sapevano né leggere né scrivere e quindi da lì ho iniziato. Poi si, la prima esperienza con il gruppo nel 2006 e nel 2009 abbiamo fatto questo disco e poi siamo andati in giro in tour per concerti. Poi ho iniziato a scrivere in italiano, poi dopo ho intrapreso la carriera da solista.

Quindi tanta gavetta alle spalle, tanta esperienza fatta. Tante collaborazioni musicali tra qui con Nada, i Pan del diavolo, gli Zen Circus e Giovanni Truppi. In che modo ti hanno plasmato?

Ma suonare per gli altri, anche far il fonico per gli altri in qualche modo ti fa mettere l’ego da parte, e questo è fondamentale. Mi hanno portato quindi tanta umlità per quello che faccio anche adesso.

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 Sei anche un grande appassionato di cinema, tanto che nel 2013 hai seguito un corso di “Composizione per film” al centro sperimentale di cinematografia. Da qui nasce un connubio, nella  tua musica, tra il fare musica, appunto, e le immagini.

Ma le immagini non so, ma fare colonne sonore in qualche modo mi ha portato ancora una volta a mettere l’ego da parte. Tutte queste cose qui sono importanti, anche perché quando componi musica per film è come se il testo fosse già stato scritto. Quindi è molto diverso, ti metti molto più a disposizione, però ti fa anche capire che quello che fai e il risultato di quello che fai è molto più importante, anche per te stesso. E questo vale anche per le mie canzoni. 

Poi arriva il successo, in un certo senso una consacrazione con l’uscita dell’album “La fine dei vent’anni” nel 2016. Un grande successo di critica e pubblico. E’ un album personale, intimo. Cosa ti ha indotto a produrlo? Che rapporto hai?

Che rapporto ho? E’ un album che fotografa un momento particolare della mia vita, in cui mi trovavo a un bivio, un momento di confusione, e non sapevo che strada prendere, perché non ero abbastanza consapevole. Riascoltarlo adesso mi fa capire che con “Vivere o morire” invece questa strada l’ho presa. Grazie anche all’aver raggiunto una consapevolezza che prima non avevo, non c’era.

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MOTTA ph Claudia Pajewski 5345Tu stesso hai dichiarato in passato di aver bisogno di almeno 4 anni per lavorare ad un nuovo disco. Non è stato così.

Ma io in realtà credo di averci messo 31 anni per lavorare e portare a termine “Vivere o morire”.

“Vivere o morire” esce il 6 aprile del 2018, il 2° disco da solista. Sembra essere più diretto, una prova di forza con te stesso, una sorta di manifesto insomma. Diverso quindi rispetto al 1° disco.

Come ho detto primo, la differenza sta nel fatto che ora sono più cresciuto, più consapevole. Sono in qualche modo anche più in movimento rispetto a prima. Mi sembra molto più leggero, magari ci sono pezzi meno aggressivi ma in qualche modo più incisivi, secondo me. E’ diverso dal primo perché mi sento diverso io, mi sento più felice e più consapevole adesso.

In “Vivere o morire” si può avvertire una sorta di malinconica speranza, appunto una maturità ora consapevole. Ma anche tanto amore, il tema dell’amore appunto, sembra predominare. Quanto ti rappresenta?

In qualche modo, quasi tutti i pezzi che ho fatto trattano d’amore. Parlano di amori finiti, di amori che sono iniziati. Mi sento adesso anche più pronto ad amare, anche perché sono riuscito a stare solo con me stesso forse.