I migliori film del 2017 sono stati raccolti per voi dalla redazione della Scimmia in questo articolo in quattro pagine.
I film della lista sono tutti prodotti nel 2017
di conseguenza alcuni dei titoli che trovate in lista sono già usciti nelle sale italiane, mentre altri devono ancora arrivare.
20 – Atomica Bionda, di David Leitch
Ispirato alla graphic novel di Anthony Johnston e diretto da David Leitch, con una Charlize Theron scoppiettante, Atomic Blonde occupa l’ultimo posto della nostra classifica. Un film in parte ingiustamente ignorato capace di portare sul grande schermo una ventata di aria fresca nel genere action. Il regista dimostra, dopo le ottime prove come co-regista sul set di John Wick, di saperci fare anche in proprio. L’impronta lasciata dalle scazzottate di Keanu Reeves è ben visibile; scene d’azione adrenaliniche, pochi stacchi e tantissimo lavoro in coreografia portato a termine da un’ottima Charlize Theron nei panni della sensuale e letale Lorraine.
Adrenalina a mille immersa in un ambiente al neon che fa tanto video musicale anni 80′ vietato ai minori. Proprio la musica è un elemento centrale della pellicola, passando spesso da diegetica a extradiegetica con ottimi risultati. Una colonna sonora credibile e davvero punta diamante del film; un mix tape di pop-rock anni 80′ con artisti del calibro di: New Order, Depeche Mode, Siouxsie and the Banshees e la immancabile Nena con 99 Luftballons. A sottolineare lo spettacolo visivo messo in scena, un piano sequenza lungo ben 7 minuti, dove Leitch conferma di essere un eccelso coreografo e maestro nel delineare gli spazi dell’azione, un lavoro tutt’altro che scontato per un ottimo film d’azione.
Intrattenimento e forza visiva allo stato puro e poco altro, ma qualche volta è proprio quello di cui si ha bisogno. (Punti bonus per la bella citazione al capolavoro immortale di Tarkovsky, Stalker).
(a cura di Vanni Moretti)
19 – A Taxi Driver, di Jang Hoon
La Corea del Sud si dimostra ancora una volta una delle industrie cinematografiche più interessanti del panorama asiatico attuale anche quando si parla di blockbuster. A Taxi Driver è un film potente, che riesce a penetrare in profondità nell’animo dello spettatore raccontando la vera storia del tassista Kim Man-Seob (il grande Song Kang-ho) e del giornalista tedesco Jürgen Hinzpeter. La coppia intraprende un viaggio in una Corea ancora in via di democratizzazione per raggiungere la zona di Gwangju, dove la popolazione aveva cominciato una rivolta violenta contro il governo nazionale nel 1980. Se inizialmente il tassista si muove solo per i tanti soldi offerti dal tedesco, ben presto vedrà la drammatica situazione in cui versa il proprio paese, decidendo quindi di unirsi alla resistenza locale.
A Taxi Driver è un film on the road che sa mescolare molto bene azione e dramma ad attimi da commedia, come solo gli asiatici sanno fare. Una storia di quelle necessarie, che vanno raccontate e diffuse il più possibile per impedire che simili barbarie non possano più accadere.
Il film è inoltre stato selezionato dalla Corea come film concorrente all’Oscar di quest’anno. In Italia è stato presentato al Torino Film Festival ed al Florence Korea Film Festival. (a cura di Fabio Menel)
18 – Baby Driver, di Edgar Wright
Dopo la Cornetto’s trilogy, Wright colpisce ancora con questo suo Baby Driver (qui la nostra recensione). Baby, questo il suo nome in codice, è un abile autista. Sa guidare come pochi altri al mondo. Ma a causa di una ragazzata, viene costretto da Doc (KevinSpaceyall’ultima apparizione cinematografica) a guidare per alcune rapine. Non ha scelta Baby. Una volta ripagato il debito forse potrà essere libero. Forse. La trama di Baby Driver è molto semplice; ciò che colpisce di questo film è la tecnica con cui Wright riesce a coniugare immagini e sonoro, in questo action che quasi sfocia nel musical alle volte. Un esempio calzate è il piano sequenza d’apertura con HarlemShuffle di sottofondo ed AnselElgort a canticchiarla in un improbabile playback. O ancora, la fuga finale a ritmo di HocusPocus dei Focus. Tanta buona musica, tanta bella azione ma anche una storia di formazione di spessore, in cui Baby tenta di esorcizzare i suoi demoni interiori con la musica e la guida, i suoi due feticci che attenuano l’acufene insistente causato da un incidente mortale dei suoi genitori. E soprattutto la mancanza della madre, cameriera e cantante. Insomma, la carne che Wright mette al fuoco è tanta e riesce a cuocerla come solo lui sa fare, con quel mix calibrato di humor ed azione ma mai fine a sé stessa. (a cura di Lorenzo Pietroletti)
17 – L’ora più buia, di Joe Wright
Darkest Hour è una biografia di Churchill durante le settimane che vanno dall’elezione a premier fino alla messa in atto dell’evacuazione delle forze armate inglesi da Dunkerque. Da un punto di vista tematico il film trova le sue pecche, ci dice molto poco rispetto al contesto storico, soffermandosi invece sulla personalità del primo ministro britannico. Forse questo è un bene; forte è la presenza del concetto di good war, la buona guerra: una guerra combattuta per la patria, in cui il sacrificio è un atto di eroismo, per combattere il nemico comune dell’Europa, Hitler e il nazismo, giustificando in qualche modo l’orrore della guerra. L’ascesa di Churchill è un’ascesa della retorica, con cui convince il Parlamento ma non lo spettatore. Perché allora è presente in questa lista? Per laregia magistrale di Joe Wright, lasplendida fotografia che ricorda quella del teatro, la cura per la scenografia e gli ambienti, l’impeccabile interpretazione di Gary Oldman, che gli è valsa il premio Oscar come miglior attore e il lavoro di trucco e parrucco, anche questo da Oscar. (a cura di Francesco Acconcia)
16 – I, Tonya, di Craig Gillespie
Basato su eventi realmente accaduti intorno al 1994, racconta l’incredibile storia della fortissima pattinatrice statunitense Tonya Harding, fino all’evento scandaloso dell’attacco a Nancy Kerrigan. Maltrattata dalla madre, iniziò a pattinare da piccolissima (3 anni) ed arrivò ad essere la prima donna americana ad effettuare un triplo axel;ma Tonya non venne mai ricompensata per la sua bravura, ma piuttosto giudicata per il suo anormale stile di vita e per le sue origini. Il suo nome rimane ancora oggi indissolubilmente legato all’attacco a Nancy Kerrigan, di cui furono responsabili il marito Jeff Gillooly e dei suoi amici.
Margot Robbie ed Allison Janney spiccano in questo film che certamente corona le loro carriere e definisce forse il loro miglior ruolo. La Jenney ha recentemente vinto il Premio Oscar per il ruolo da non protagonista della terribile madre di Tonya, Lavona. Un premio che si meritava, vista la difficile performance di cui ha dato prova interpretando l’assurdo e freddo personaggio della madre.
La Robbie (anche lei candidata agli Oscar come miglior attrice) dal canto suo riesce a trasformare l’impacciato personaggio della Harding in un personaggio a tutto tondo che emoziona, risultando molto vicino agli spettatori. Tira fuori una rabbia ed una personalità che erano difficilmente associabili a lei prima di questo ruolo, facendola infine risultare pressoché perfetta come Tonya; e questo da ogni punto di vista, da quello prettamente fisico delle scene di pattinaggio -alcune realmente effettuate dalla Robbie- a quello psicologico, delle scene più tragiche ed introspettive.
E un prova eccezionale, certamente, per Gillespie, che al suo settimo film decide di prendere questa storia ed affrontarla sì come un film biografico ma anche come un mockumentary, effettuando “interviste” a tutti i protagonisti principali -Tonya, Lavona e Jeff- e facendo loro raccontare la storia dalle loro prospettive, in modo tale che lo spettatore stesso diventi giudice e sia in grado di farsi una sua idea personale su come siano avvenute realmente le vicende.
Certamente è innegabile che questo film riscatti moltissimo la figura di Tonya Harding, valorizzandola e dando vita finalmente a uno dei migliori film biografici sportivi che siano mai stati realizzati. (a cura di Dafne Vicario)