Apriamo le porte alla primavera con i consigli mensili della redazione.
Come ogni mese arriva la nostra rubrica La Scimmia Ascolta. Le regole sono semplici, i nostri redattori de La Scimmia Sente, La Scimmia Fa consigliano alcune band ascoltate durante il mese trascorso. Si passerà dal frizzante Jazz di Esperanza Spalding al rap di Murubutu, dal folk/pop degli Eugenio in via di Gioia ai rituali degli Heilung.
Buon ascolto.
Esperanza Spalding.
Se cercate sul dizionario, alla voce “ragazza prodigio“, troverete Esperanza Spalding. Esperta musicista fin da piccola, strumentista di straordinario talento, cantante virtuosa, bassista provetta e compositrice eclettica. Esperanza Spalding comincia la sua carriera nel mondo del jazz a metà anni ’00, con l’album Junjo del 2006. Da lì segue una carriera costellata di successi e riconoscimenti, compresi quattro Grammy Awards (anche se si sa che i Grammy non sono necessariamente indice di qualità).
I suoi album successivi, Esperanza (2008), Chamber Music Society (2010) e Radio Music Society (2012), cementano il suo status di superstar della musica internazionale. Gli album fondono insieme jazz di carattere tradizionale con influenze derivanti dal jazz latino e cubano. Collabora con i più differenti artisti, da Milton Nascimento a Leo Genovese, da Joe Lovano a Q-Tip (che produce Radio Music Society), e poi con Bruno Mars e Janelle Monáe.
Ma il meglio deve ancora venire. Nel 2016, con un’evoluzione stilistica notevole ed inaspettata, Esperanza Spalding produce l’album Emily’s D+Evolution (da Emily, il suo secondo nome). Nell’album trova posto un connubio di generi quali rock, funk, soul e fusion. Cosa che contribuisce a rinnovare completamente l’immagine della brava artista jazz “acqua e sapone”. Esperanza diventa una sorta di rockstar.
Non basta ancora? Il suo ultimo album, intitolato Exposure, è stato registrato nell’estate del 2017 in sole 77 ore, partendo completamente da zero. E tutto in diretta live su Facebook. Ad accompagnare un secondo album, di materiale di “riscaldamento”, registrato prima di Exposure, intitolato Undeveloped.
Insomma, come dire: datele un ascolto se vi capita.
La band torinese, attiva da poco più di cinque anni, ha già dimostrato ampiamente le proprie doti artistiche. I brani sono divertenti, simpatici, originali, ironici e mai banali. Sanno trattare temi importanti con leggerezza, scherzare col proprio pubblico e intrattenere durante i live.
Con l’Ep Urrà del 2013 si mettono subito in evidenza le intenzioni della band: fare musica italiana senza scadere nei classici cliché della canzone d’amore o della critica ripetitiva della società. Gli Eugenio in Via di Gioia sanno scavare e indagare l’animo umano e i difetti della società mantenendo un livello artistico e musicale elevato, distinguendosi con forza dall’ondata indie-pop che negli ultimi tempi invade il nostro paese.
Non si può che restare piacevolmente sorpresi quando, nel mezzo di un concerto, durante il divertente pezzo Prima di tutto ho inventato Me stesso, il frontman Eugenio riesce a completare il cubo di Rubik, mentre canta e suona la chitarra.
Il primo album Lorenzo Federici e il recente Tutti su per terra non fanno altro che confermare le qualità della band e il grande potenziale che potranno esprimere ancor meglio in futuro.
Tra gli ascolti che consigliamo per scoprire questo gruppo troviamo: Perfetto uniformato, Chiodo fisso, Silenzio, Sette camicie, Pam, Egli e Selezione naturale (brano in collaborazione con il rapper torinese Willie Peyote).
Nel rap, genere che anche in Italia dilaga e che attira su di sè un bacino sempre maggiore di ascoltatori, c’è una figura che merita un’attenzione particolare ed in grado di distinguersi. Si tratta di Murubutu, la cui carriera musicale accompagna il suo mestiere di professore di liceo.
Viene da sè collegare la sua modalità di scrittura con la professione dell’insegnamento. I suoi testi infatti sono sempre narrativi, raccontano quasi sempre vicende di uomini, storie vicine alla dimensione di miti e leggende. Sono evidenti dunque i due riferimenti principali di Murubutu: da un lato la letteratura, dall’altro il cantautorato italiano che della narrazione in canzone ha fatto spesso il marchio di fabbrica. Ovviamente anche i grandi cantautori fecereo/fanno riferimento ognuno al proprio bagaglio letterario. A rendere Muburutu interessante è forse anche il contrasto tra un linguaggio molto letterario, appunto, ed a tratti anche complesso, e la fedeltà alle tendenze e le pratiche distintive del rap.
Quattro gli album realizzati finora, tutti notevoli e degni di nota. Ma è evidente una crescita di album in album. Da segnalare gli ultimi due album ruotanti attorno ad un argomento: rispettivamente Gli Ammutinati Del Bouncin’ Ovvero Mirabolanti Avventure Di Uomini e Mari (2014) ha come tema centrale il mare, mentre L’uomo Che Viaggiava Nel Vento E Altri Racconti Di Brezze E Correnti (2016) ha come tema centrale il vento.
Murubutu forse rappresenta un buon punto di incontro per gli amanti del cantautorato e per gli amanti del rap, da cui entrambi possono partire per apprezzare l’altro e riducendo una distanza che a volte sembra più marcata di quanto dovrebbe in verità essere.
Il nome della band proviene dal tedesco e significa “cura”. Hanno all’attivo un solo album, Ofnir (2015), ma fanno delle loro performance live la loro arma principale. I loro spettacoli rispecchiano perfettamente le loro sonorità mettendo in scena un vero e proprio revival tribale vichingo.
Come strumenti usano ossa, acqua e armi della cultura nordica. A farla da padrone troveremo lunghe sessioni di percussioni ricamate da corni e cori evocativi. Un’immersione totale in quello che sembrerà a tutti gli effetti un rito mistico.
Una ricerca maniacale verso abbigliamento e scenografia li rende uno dei gruppi più interessanti nell’ambiente folk/tribale. Un favoloso salto indietro nel passato. In attesa di un nuovo album in studio, la band ha rilasciato un disco live chiamato LIFA. Una band nata dalla collaborazione tra diversi artisti derivati da altri gruppi che potrà dire molto nel panorama di appartenenza.