Ready Player One, recensione – Spielberg torna con un grande SciFi

Spielberg firma Ready Player One, un film distopico basato sulla cultura POP anni '80 con effetti speciali da paura e una trama molto densa.

Ready Player One recensione
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Ready Player One, Recensione

Anno 2045: in un mondo attanagliato da difficoltà socio-economiche che riducono in povertà la popolazione mondiale, l’unica via di scampo alla cruda realtà è giocare ad OASIS.

Questa è la presentazione che la voce del protagonista Wade Watts (Tye Sheridan) fa per Ready Player One (stasera alle 21:20 su Italia 1), nuovo film di Steven Spielberg a tema distopico-fantascientifico basato sul libro omonimo di Ernest Cline in uscita italiana il 28 Marzo.

Ready Player One, la Trama

OASIS è un gioco di realtà virtuale: grazie a una maschera, un tapis roulant sotto i piedi e diversi strumenti per la realtà aumentata chiunque può entrare in questo gigantesco gioco tramite un avatar. Un vero e proprio mondo parallelo condiviso dalla popolazione mondiale di ogni nazione dove vengono continuamente lanciate sfide e gare.

Il creatore, così viene raccontato tramite i racconti del protagonista, è James Halliday (Mark Rylance), un informatico avanguardista dalla personalità timida e riservata che al tempo della narrazione è già morto da circa una decina d’anni.

Halliday ha lanciato una sfida, un contest, alla popolazione mondiale: chi troverà per primo l’easter egg del gioco dopo aver superato diverse prove di coraggio e di ingegno erediterà la società di OASIS (alla narrazione miliardiaria) e sarà l’admin della piattaforma.

Ready Player One recensione

Sia poveri disperati che spietati team correranno all’oro cercando invano di trovare gli indizi per arrivare all’Easter Egg. Il team più spietato, a dire il vero simile ad un esercito, è quello di Nolan Sorrento (Ben Mendelson) che cercherà a tutti i costi, anche riducendo in schiavitù le persone nella vita reale, di accaparrarsi il premio.

Il protagonista, all’inizio ignaro del vero dark side del gioco fatto di debiti, disperazione e dipendenza, incontrerà Art3mis, nella vita reale Samantha (Olivia Cooke) che partecipa ad una sorta di “resistenza” per vincere il gioco e liberare milioni di uomini e donne dalla schiavitù di un gioco impazzito.

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Ready Player One, la Recensione

Racchiudere 140 minuti di pellicola in una breve recensione non è facile: il ritmo della narrazione è serrato durante tutta la durata del film e il montaggio è frenetico. Spielberg lavora su due piani: quello della realtà virtuale in cui i personaggi sono animati e quello della realtà, girato su pellicola.

I due piani sono così affini e la fotografia del grande Janusz Kaminski è così accurata che lo spettatore vedrà un unico e solo film passando senza problemi dalla realtà virtuale a quella reale. Gli stessi effetti speciali vengono usati nei due piani di narrazione.

Spielberg non solo produce un ottimo film di fantascienza, ma riesce a creare un cult innovativo che coglie a pieno lo spirito del tempo attuale per restituire allo spettatore un coinvolgimento unico.

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Halliday, infatti, è un creatore-Dio probabilmente immortale (come insinuato a più riprese) uscito dagli anni ’80, pur essendo vissuto nei primi anni 2000. Ama Shining, i New Order, i Duran Duran, il Gigante di Ferro, Ritorno al Futuro. E quest’impronta pop è presente durante tutto il film. Basti solo pensare che il film si apre con Jump dei Van Halen e ci sono continui rimandi e citazioni ai film del secolo scorso.

Wade Watts maneggia una DeLorean e ci sarà un grande omaggio, anch’esso puntuale, all’amico Kubrick. Tanti elementi che lo spettatore riconoscerà ed apprezzerà puntualmente.

Spielberg propone una gara ad ostacoli allo spettatore che cerca di carpire quanti più riferimenti possibili. Questo è probabilmente il successo del film: adattare questo mondo virtuale con tanto di Stayin’ Alive ad un mondo fantascentifico distopico. 

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Ready Player One, riflessione sui personaggi

Anche i personaggi, pur avendo una caratterizzazione “standard” per il genere, sono ben fatti. Plauso in particolare a due personaggi “minori”: il villain Nolan Sorrento e il creatore James Halliday (Mark Rylance).

Il primo è un uomo di affari senza scrupoli, con una certa componente di stupidità. Ha bisogno di essere seguito costantemente da “nerds” assoldati per farlo orientare nel mondo pulp di Halliday. Cerca di ostentare continuamente virilità senza riuscirci e in certi punti non può far a meno di ricordare gli ordini strampalati del generale Jack Ripper del Dottor Stranamore.

Il secondo, invece, vuol essere un emarginato che ha creato OASIS per aggirare i suoi problemi nella vita reale. Dai capelli lunghi ricci alla Robert Plant agli occhiali tondi subisce, in morte, una sorta di ascensione al cielo. Per molti è considerato una divinità, e magari lo è veramente. Disgustato dalla piega schiavizzante che il suo gioco stava prendendo, come un nuovo Willy Wonka vuol cedere il suo impero ad un avventore.

Un avventore che ragioni come lui, che pensi come lui: il gioco non è fatto per essere vinto dal più bravo, ma dal più fedele ai valori del gioco: come, appunto ne La Fabbrica del Cioccolato.

Uniche pecche del film sono un finale troppo frettoloso e con un leggero buco di trama (a salvare i concorrenti nella vita reale ci sarà un intervento inaspettato) e alcune sottotrame un po’ prevedibili, come l’amore tra i due giovani protagonisti.

Spielberg pecca troppo di modestia non inserendo riferimenti a qualche suo cult nel film, ed è un peccato, sarebbe stata un’ottima occasione di confronto per lo spettatore, che si trova davanti ad un nuovo E.T.