Veronica – La recensione del nuovo spaventoso horror di Netflix

Veronica Estefania Gutierrez Lazaro
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Abbiamo passato tutti l’adolescenza anche se non come quella di Veronica, protagonista del nuovo film di Paco Plaza.

Un gioco trasgressivo in una scuola cattolica, forse come atto di ribellione verso quei dogmi impostati nella religiosissima Spagna degli anni ’90. Ci troviamo a Madrid, nella periferia di Vallecas, nel sud della capitale spagnola. Veronica è una quindicenne come tante, insicura e molto magra. Insieme alle sue amiche, colgono l’occasione per sfuggire ad una noiosa lezione di scienze per usare una tavola Ouija. E così, mentre l’intera scuola va sopra il tetto per assistere ad una straordinaria eclisse, Veronica, Rosa e Diana scendono giù nei bassifondi della scuola. Il gioco, che doveva essere tale, si rivela qualcosa di più grande che andrà a colpire Veronica. Quel buio momentaneo ed improvviso, scenderà anche nel microcosmo della giovanissima Sandra Escacena, qui alla sua prima apparizione.

Già co-autore della saga REC, Paco Plaza ritorna nel suo genere preferito, l’horror. Ma stavolta non c’è alcun found footage, tantomeno delle trashissime nozze in cui nemmeno la morte riesce a separare gli sposi. Qui c’è il racconto di una giovane ragazza, costretta a crescere da sola a causa di una madre assente ed oberata di lavoro ed orfana di padre. C’è una numerosa famiglia da salvaguardare ed un’adolescenza da superare. Quel momento che fa da ponte tra l’infanzia e l’età adulta dove le pulsioni dominano su ogni cosa.

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Veronica

Un racconto forse banale nei suoi espedienti narrativi, che quasi suona come un qualcosa di per sé già sentito.

La solita Ouija, il solito demone, la solita ragazza. Plaza però sa come non essere banale nonostante una storia banale. Consapevole che basterebbe un non nulla per (s)cadere nel fallimento, il regista valenciano punta tutto sulla tecnica e fa cassa. Movimenti elegantissimi di macchina ci portano a sottostare alla tensione ed alle cupe atmosfere che si creano mano a mano, regalandosi anche delle riprese di altissimo livello in cui gli specchi, di un armadio o di una macchina, catturano necessariamente l’attenzione di chi guarda. Ne è un esempio quello iniziale con cui viene inquadrato l’ispettore che risponde alla telefonata d’aiuto di Veronica. Non da meno l’utilizzo degli ambienti chiusi e opprimenti, quasi labirintici nonché profondamente comuni, che non possono non richiamare Repulsione del maestro Polanski. Ancor di più grazie a quelle braccia demoniache che fuoriescono pronte a stringere a sé la sfortunata veronica.

Veronica

Non ai livelli della famigerata scena di Contact di Zemeckis ma pur sempre di ottima fattura e impatto.

Ed in questo senso, è proprio lo specchio ad essere un co protagonista silenzioso e lacaniano. L’identità di Veronica, non ancora donna ma già costretta al ruolo di madre, quel complesso di Elettra mai superato a causa della morte del padre. Veronica ha poco per sé e con sé. Ed a quel poco si aggiunge lo spettro di un momento delicato che dovrà vivere da sola, accompagnata da uno spettro reale e concreto che mai l’abbandonerà, come le suggerisce Suor Morte, l’unica persona che è a conoscenza di quello che ha inconsciamente scatenato Veronica. Ed è qui che subentra forse l’unica nota stonata del film poiché personaggio poco approfondito che avrebbe meritato una gestione migliore.

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Tralasciando gli aspetti analitici del film, su cui ci si potrebbe scrivere a profusione, in questo suo Veronica, Plaza riesce a coniugare perfettamente l’atmosfera al tanto amato jumpscare dell’horror commerciale ma senza essere eccessivamente invadente ed esteticamente vuoto.

La tensione è palpabile sin dall’inizio in quanto lo spettatore si trova ad avere lo stesso punto di vista della giovane Veronica. Il trucco è svelato sin dall’inizio ma ciò non va a togliere comunque il colpo di scena finale; svanisce dunque quell’ansia da decifrazione collettiva che caratterizza moltissimi film e serie TV (vedasi la recente Dark). Lo script di Fernando Navarro, già autore di Toro con Luis Tosar, è tanto semplice quanto forte, punta dritto al sodo permettendo a Plaza di allestire una regia esteticamente perfetta e di spessore.

Una vera perla disponibile su Netflix che conferma lo stato di buonissima salute del cinema spagnolo.

 

 

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