Quanto la musica gira intorno a uno dei più bei film di animazione contemporanei e quanto la pellicola giri intorno alla musica.
Per quei pochi che non l’hanno visto, Persepolis è un film d’animazione del 2007, basato sulla vita della fumettista iraniana Marjane Satrapi, che lo ha co-diretto e ne è naturalmente la protagonista. Nel film la giovane Marji nasce e cresce nell’Iran degli anni ’70. All’epoca il paese è guidato dallo Scià di Persia, Mohammad Reza Pahlavi, il cui governo è schierato al di qua della cortina di ferro.
Perciò, alla dittatura il sovrano accompagna una forte spinta di rinnovamento culturale, che bene accoglie nel paese i simboli dell’occidente. Per dirne una, all’inizio del film la piccola Maji è una fan sfegatata di Bruce Lee; figura sì, orientale, ma come è noto, in quel periodo molto popolare negli Stati Uniti.
Tutto cambia con la rivoluzione iraniana, d’ispirazione marxista, che nel 1978 comincia a sovvertire l’organizzazione del paese.
Come in ogni rivoluzione, ad un periodo di iniziale libertà dalle maglie del regime precedente ne segue presto uno nuovo, tre volte più brutale e repressivo. Marji e la sua famiglia devono presto adeguarsi al nuovo clima. Viene proibito bere alcolici, fare festa, e, ci siamo arrivati, ascoltare musica occidentale. Queste sono infatti tutte usanze dell’occidente capitalista e decadente, da evitare.
Ma Marji è una ragazzina tenace. Ben lungi dal rassegnarsi, anche grazie allo spirito combattivo ereditato dal padre e dallo zio, Marji esibisce i simboli della controcultura occidentale, che nel suo contesto di vita diventano veri espedienti di sfida al regime. Il punk rock e l’heavy metal, che la ragazza ascolta ed alla cui moda si ispira, sono per lei miraggi di una libertà a lungo cercata. Il suo carattere irrequieto trova sfogo proprio nella musica, il mondo nella quale ella può sfuggire dalle atrocità quotidiane.
Marji deve infatti assistere a morte e distruzione, compresa la guerra tra Iran e Iraq (1980-88), nonchè sopportare repressione e regole assurdamente ferree. In un mondo di restrizioni e proibizioni, che includono il famoso velo (che la ragazza non sopporta), la musica viene venduta per strada, come una merce di contrabbando, da veri e propri “spacciatori”. Questi figuri sussurrano ai passanti: “Stevie Wonder, Julio Iglesias, Pink Floyd, Michael Jackson (che viene chiamato “Jickael Mackson”)” ed “Iron Maiden“. In classe, poi, Marji e le sue amiche fanno confronti tra i Bee Gees e gli Abba.
In Persepolis c’è quindi da prendere nota dell’enorme ascendente che queste culture e questa musica hanno su Marji, pur non appartenendole e non provenendo dal suo paese.
Non è solo voglia di progresso, non è solo bisogno di imitazione. Proprio il fatto che questa musica sia proibita, letteralmente, la rende tanto importante e tanto efficace quando viene infine consumata. Molti di voi avranno ascoltato gli Iron Maiden da adolescenti, sfogando magari in quei momenti rabbia e paura. Bene, immaginatevi di averli ascoltati in un paese in cui era vietato farlo.
Questo grande significato, questa magia che circonda la musica e il rock and roll, va a perdersi quando Marji si trasferisce a Vienna, ancora adolescente. Lì la ragazza incontra adolescenti capricciosi e annoiati, che si vestono da punk/goth, predicano il nichilismo e presenziano ai concerti hardcore punk. Pur tentando di integrarsi, e riuscendoci anche, Marji intuisce che non potrà mai essere come loro. Per loro la musica è uno sfogo, sì, ma di tutt’altra natura.
La questione riemerge più avanti in Persepolis.
Tornata in Iran e caduta in depressione, Marji decide infine di riprendersi sulle note della famosa Eye of the Tiger dei Survivor. Canzone che, potremmo dire, “qui da noi” è con gli anni diventata sinonimo di ridicolo. Forse la ragazza lo sa, tanto che nel film la sentiamo cantare il pezzo, stonandolo, con la sua stessa voce (il doppiaggio è di Chiara Mastroianni).
Il punto è che non conta che la canzone venga eseguita bene; conta ciò che essa rappresenta per una ragazza iraniana che lotta per la propria libertà. Ed in Persepolis la lotta è sul serio; non come gli occidentali che sono già liberi ma fingono di non esserlo solo per dare sapore alla vita.
Qui, più che mai, la musica diventa ribellione. Anche se si tratta di Eye of the Tiger.