Moby si riconferma un autore che sa quello che vuole dire, e lo dice.
L’ultimo album di Moby, come c’era un pò da aspettarsi, è… un album di Moby. Spieghiamo: Moby è un artista che segue un suo percorso, spostandosi di volta in volta a seconda degli interessi che lo spingono in quel momento. Allora ecco Everything Was Beautiful, and Nothing Hurt. Un disco che si può descrivere come nostalgico, cupo, malinconico, quando non espressamente pessimista.
Abbiamo qui una collezione di canzoni di livello medio/alto. Dodici pezzi, con picchi come The Waste of Suns, The Last of Goodbyes, This Wild Darkness. Everything Was Beautiful, and Nothing Hurt è un disco che suona esattamente come dovrebbe suonare il lavoro di un autore sulla scena da più di vent’anni. Un disco maturo, sicuro, preciso, che sa bene cosa vuole comunicare e non presenta perciò elementi superflui.
La veste in cui il disco si presenta, perciò, è intessuta in modo da evitare digressioni solipsistiche. In questo album Mobynon è interessato alle sperimentazioni, si tiene lontano da glitch, post-dubstep e IDM, territori necessariamente esplorati dagli autori elettronici contemporanei.
Lui, che dell’elettronica moderna è un pioniere, sa che ciò che conta è il songwriting. E su questo si concentra. Di conseguenza, il sound del disco è necessariamente “vecchio”, molto anni ’90. Numerose sono le concessioni al pop e al rock, che trovano tuttavia posto in un’opera la cui coerenza, a livello concettuale e di atmosfera, è indubbia.
Quasi superfluo sottolineare che il disco comunica pessimismo, sfiducia, ma anche una sorta di frustrata speranza. Non c’è da stupirsi di un output simile, conoscendo le varie cause sposate da Moby nel corso degli anni. Animalista, vegano, da sempre dedito a beneficienza e meditazione trascendentale. Per cui, visti i tempi, anche solo la presenza di Donald Trump alla Casa Bianca non può che segnare irrimediabilmente la sua produzione.
Insomma, Moby rimane una piccola mina vagante nel panorama musicale contemporaneo. Un gigante del passato che, senza fare rumore, continua a produrre musica di qualità e di alto livello, senza pretendere di rivoluzionare nulla ma riuscendo comunque a trasmettere il suo messaggio.