La musica, nel Darjeeling Limited di Wes Anderson è un prezioso elemento in un dipinto astratto.
I film di Wes Anderson, come sa chi li ha visti, sono come dei grandi quadri pop. Storie tragicomiche ed esistenziali, presentate in un connubio fumettistico dei vari aspetti del cinema. Come già i film di Peter Greenaway, quelli di Anderson mettono ogni cosa in un posto preciso: musica, immagini, suoni, dialoghi, citazioni, riferimenti.
La costruzione del quadro, che segue spesso una ormai proverbiale simmetria. L’incontro di cultura alta e cultura bassa, pratica esemplare di quell’arte che viene chiamata post-moderna. Ed un utilizzo delle musiche “particolare”, in ogni senso. Ad esempio, ne Le avventure acquatiche di Steve Zissou (The Life Aquatic with Steve Zissou, 2004): in una scena il protagonista sgomina una banda di pirati che si sono impossessati della sua imbarcazione, sulle note di Search and Destroy degli Stooges. Una scelta che è al tempo stesso una citazione colta, una citazione “bassa” (Iggy Pop non è Chopin), una parodia ed un’autoparodia.
Un intero volume andrebbe dedicato al modo in cui Wes Anderson utilizza la musica nei suoi film, dai classici del pop e rock alle collaborazioni con Mark Mothersbaugh e Alexandre Desplat. Qui non c’è lo spazio per fare tanto, per cui ci occuperemo di uno dei film simbolo dell’opera Andersoniana: Il treno per il Darjeeling (The Darjeeling Limited, 2007).
La trama è nota: tre fratelli (Owen Wilson, Adrien Brody, Jason Schwartzman), intraprendono un viaggio spirituale in India, alla ricerca della madre che si trova in ritiro in un convento. Questa premessa è un pretesto per inscenare un road movie pieno di situazioni paradossali, altamente simboliche, che vogliono far riflettere sul senso della vita e sul significato dell’esistenza.
Allo stesso tempo, come c’è da aspettarsi, l’intero film è anche una parodia.
Lo prova, per esempio, la sequenza nella quale i tre protagonisti devono usare tre piume per compiere un rituale, e nessuno sa cosa fare; oppure, e ci arriveremo, la famosa scena nella quale, per non perdere il treno che è già partito, i tre corrono e sono costretti a lasciare le preziose valigie del padre defunto, che si sono trascinati dietro con non pochi problemi per tutto il film.