The Social Network – Recensione

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The Social Network: recensione – L’ancora teenager Mark Zuckenberg, con l’ausilio dei suoi compagni di stanza, dà vita a Facebook, un sito che rivoluzionerà il mondo di internet, con tutte le possibili sfaccettature del termine “rivoluzione” – ma probabilmente chi legge già di questo ne è ben consapevole. Per dar vita alla sua creatura sfrutta un’idea dei fratelli Winkelvoss, ricchi rampolli di una famiglia altolocata che invidia in maniera sordida e tacita, e durante la sua crescita arriverà a truffare Eduardo Saverin, il suo maggior socio e l’unica persona nel corso della storia che gli abbia mai mostrato un affetto sincero.

The Social Network: recensione

The Social Network: recensione – Sono queste le premesse del riuscitissimo film di David Fincher, forse tra i migliori della sua filmografia, a cui non interessa più di tanto l’analisi dei meccanismi dietro l’ascesa del colosso dei social media; quest’ultima pare quasi solo un pretesto narrativo, la scintilla scatenante di una storia di ossessione, di un tarlo mentale ai limiti della paranoia che investe un personaggio solo e prigioniero di se stesso, e proprio per questo forse la reale premessa sta nella primissima scena, l’unica che precede i titoli di apertura – una vera premessa, appunto.

L’appuntamento andato in malora tra Zuckenberg e quell’Erica Albright che darà il via a Facemash, il primo tassello di Facebook e il primo – a quanto ci è dato sapere dalla narrazione – grande sfogo della fissazione del suo creatore. Un giovane brillante quanto egotisticamente rimasto bambino, che nella sua infantile fissa adolescenziale di voler essere notato, di poter far parte degli esclusivi “final club” universitari – dei club dei fichi, per intenderci – scatenerà uno strascico di paranoia senza fine. Una paranoia che paleserà più volte nel corso della storia, che lo porterà a chiudersi sempre più a riccio in una spirale di autoreferenzialità e di piccole vendette senza senso al di fuori dal piccolo mondo della sua testa, anche verso i suoi pochi affetti sinceri.

E che si porterà dietro pienamente intatta sino ai titoli di coda.

Come se, nonostante la consapevolezza di questa sua rabbia, potremmo chiamarla così, fosse per lui impossibile affrancarsene.

The Social Network: recensione

Quanto possa coincidere con la reale personalità di Zuckenberg non siamo qui per discuterlo.

The Social Network: recensione – Rimanendo solo sul mero piano narrativo, non sul biografico, The Social Network è principalmente una storia di ossessioni come si è detto, di un paranoico quasi privo di empatia, e per questo – pur con la miriade di amici del suo mondo virtuale – irrimediabilmente solo.

Per raccontare una storia di paranoia, per entrare al meglio nella testa di un paranoico, bisogna adottare un certo stile, e il duo David Fincher-Aaron Sorkin è strabiliante in tal senso, specialmente nella prima parte del film – la più importante, quella che dà subito un’idea sul dove si voglia andare a parare. Il primo mette al servizio dell’opera i suoi indubbi senso estetico e maestria, capaci di dar vita a sequenze frenetiche, ansiogene, adrenaliniche, anche se impegnato in una sequenza fisicamente statica – meriti da spartire anche col duo di suoi fedelissimi montatori, Kirk Baxter e Angus Wall. Il secondo dona invece all’opera una sceneggiatura nervosa e isterica, infarcita di dialoghi rapidi e serrati come in un feuilleton di Dumas (con cui sembra condividere, per dirla alla Giorgio Manganelli, la stessa sovrana impudenza).

The Social Network: recensione

Contributi in definitiva perfetti per la storia che si impegnano a mostrare allo spettatore, sia da parte del regista che dello sceneggiatore.

The Social Network: recensione – Il tutto retto da un cast composto da discreti mestieranti, su cui – sicuramente per il personaggio interpretato ma, forse, anche per puro e semplice talento – svetta senza dubbio Jesse Eisenberg. Una carriera che da quell’interpretazione sembra purtroppo non aver trovato un nuovo apice, e per cui, forse – si perdoni la pur ottima interpretazione di Colin Firth -, avrebbe meritato l’Academy Award.