13) Life – Non oltrepassare il limite, di Daniel Espinosa
Eccoci al primo vero film brutto della lista. Life prova pateticamente ad essere l’imitazione di Alien, con risultati davvero scarsi.
Una squadra di astronuati a bordo di una stazione spaziale internazionale, entra in possesso di un campione organico rinvenuto sulla superficie di Marte. Dopo alcuni esperimenti la cellula organica reagisce. Si festeggia per la scoperta della vita extraterrestre, si festeggia anche sulla Terra dove i bambini di una scuola elementare nominano la piccola forma di vita Calvin. Ma Calvin non è un’innocua cellula, infatti cresce e industurbato si nutre di tutto ciò che trova diventando sempre più grande e aggressivo. Uno alla volta uccide tutti i membri della stazione spaziale.
Una pellicola che strizza l’occhio a Alien di Ridley Scott e La Cosa di John Carpenter, opere pilastro del fanta horror, a cui Life – Non oltrepassare il limite non è per nulla paragonabile. A partire dalla creatura che fa strage dell’equipaggio, tutto appare estremamente banale e prevedibile. Calvin, la temibile creatura per quanto spaventosa e letale risulta insignificante se confrontata con i mostri delle opere a cui è ispirata la pellicola. Una specie di “polpo alieno” che appare assolutamente ridicolo e insulso. In aggiunta i personaggi sono caratterizzati in maniera superficiale e troppo “canonica”, rendendoli piatti, scialbi, e poco credibili. In questo modo lo spettatore si trova impossibilitato a provare una qualche empatia o affezione a nessuno dei personaggi.
Reynolds, che appare essere l’unico ad avere qualcosa da dire, viene liquidato prima di presto e Jake Gyllenhaal sembra svogliato. Inoltre ognuno dei personaggi del film, esperti e addestratissimi astronauti, fa sempre le scelte più incoerenti e sciocche, per forzare l’avanzamento della trama.
Espinosa (Child 44) ha provato a stupire il pubblico con dei validi effetti speciali e un’ottima scenografia, disorientando lo spettatore con un’ambietazione in assenza di gravità . Aumenta così senso di smarrimento in cui i personaggi vengono spettacolarmente massacrati uno dopo l’altro. Tuttavia non basta, il risultato è mediocre, poco orginale e “insipido”, una brutta copia delle grandi opere del fanta horror.
Il franchise di Saw Legacy non ha più molto da dire e questo film ne è la conferma. Gli Spierig sanno fare di meglio (Predestination) e vederli su questo Saw Legacy un po’ dispiace.
La saga del pazzo giustiziere ci aveva abituato a sconvolgenti ritorni sin da subito. Morti che non erano tali e torture varie. La saga di Jigsaw, iniziata nel lontano 2004 dal genio di Wan, è resuscitata dopo un’assenza di sette anni. Ma la domanda che ci si pone, a ragione, è: ce n’era davvero bisogno? La risposta è una e univoca: No. Una saga che già dal secondo capitolo era in un’evidente discesa libera è tornata al cinema convincendo ben poco. Il gore è ridotto ai minimi livelli, la trama è trita e ritrita, quasi un autoplagio rispetto ai vecchi capitoli. Qualche colpo di scena banalotto per mandare avanti la carretta tra un marchingegno sofisticato ed una tortura dietro l’angolo, in un montaggio alternato tutto sommato gradevole. Ma i difetti di Saw: Legacy fagocitano quella poca positiva propositività dei fratelli Spierig, registi del rilancio. Per un approfondimento, qui trovate la nostra recensione.
Sicuramente in tutto ciò avranno giocato un ruolo importante anche le numerose vicissitudini produttive, dovute all’abbandono del regista Zack Snyder per un lutto familiare e alla sua sostituzione con Joss Whedon, che ha curato la parte mancante delle riprese e la post-produzione; ciò nel film è spesso lampante, dato che i registi presentano due stili completamente diversi.
L’ennesimo tonfo assordante per il DCEU, e se lo stesso farà Aquaman di James Wan, atteso per dicembre 2018, ci auguriamo che sia quello definitivo.
Diciamocelo: questo aveva l’odore del film brutto fin dal trailer e non sorprende trovarlo in classifica.
Con un budget di 135 milioni di dollari The Great Wall, co-produzione statunitense e cinese, è il film più costoso mai girato in Cina. Questo film potrebbe essere considerato l’emblema del potere economico di Hollywood che tutto sopprime e tutto schiaccia. Un’industria che, sempre più votato al guadagno, piega l’arte e gli artisti alle logiche di mercato. Zhang Yimou, che in passato ha dato prove di talento, dirige una pellicola aberrante. Unico film di cui il sottoscritto si sia pentito di vedere. Un tripudio di regia e fotografia, tanto da risultare eccessivamente ridicola e anti-funzionale. Particolarmente fastidiose agli occhi sono i differenti colori dei diversi reparti dell’esercito cinese. Incomprensibilmente sgargianti da dare un’impressione irrealistica, quasi da cartone animato. Una sceneggiatura estremamente debole da essere forzata in molti punti. Non si capisce il come, il quando, nè il perchè della storia raccontata. Come se il film fosse totalmente sconnesso persino con se stesso. Costellato di personaggi insulsi ed irritanti, privi di qualsivoglia carisma o effettiva utilità . The Great Wall è un film pensato unicamente per un pubblico passivo, attirato in sala dai grandi nomi del regista e degli attori protagonisti. E’ un film che non trova la sufficienza neanche nel finale. Concludendosi senza neanche quella minima soddisfazione finale che ci si aspetterebbe dai film mediocri. Lasciandoti quel senso di amarezza e sconforto per il tempo sprecato a visionarlo.