Rimandendo in tema Bruce Campbell, sarebbe imperdonabile non consigliarvi anche Bubba Ho-Tep. La pellicola del 2002, diretta e scritta dal buon Don Coscarelli (Fantasmi) ci mostra l’attore in una delle sue vette più alte.
L’attore, munito di un invidiabile pancione, interpreta un vecchio e malconcio Elvis Presley che si ritrova a passare i suoi ultimi giorni in un ospizio. Qua non è l’epica battaglia contro il Male a mettere il nostro eroe alla prova.
Il vero nemico va sotto il nome disfunzione erettile.
Nessun, nella struttura, crede che quella figura morente sia il vero Elvis. Sia gli anziani che le infermiere lo considerano un imitatore noto come Sebastian Haff. Ad accompagnare il Re in questo triste epilogo c’è solo un vecchietto afroamericano (Ossie Davis). Chiamato da tutti Jack, egli afferma però di essere John Fitzgerald Kennedy.
Le giornate scorrono lentamente per i due improbabili personaggi fino a che, un giorno, una macabra entità comincia a manifestarsi nell’ospizio. Fra invasioni di enormi scarabei ed inspiegabili morti, il panico comincia a serpeggiare fra gli ospiti.
Jack, convinto di esser stato “colorato” dai suoi avversari politici per renderlo irriconoscibile, teme che si tratti di un sicario inviato per ucciderlo. Aiutato dal fiacchissimo Elvis, prenderà la situazione in mano fino a scoprire l’agghiacciante verità .
L’assassino è in realtà una mummia che si nutre dell’anima dei vivi per rigenerarsi.
Gli oscuri e fatiscenti corridoi della struttura fanno così da cornice ad un’amarissima horror comedy. Coscarelli si dimostra abilissimo nel gestire registri diversi: orrore, commedia e dramma si amalgamano perfettamente restituendoci un’opera surreale ma omogenea e ben strutturata.
Attraverso la storia di questi ex-(forse) grandi della storia, il regista ci racconta la vuota solitudine del crepuscolo. I nostri eroi, falcidiati nella totale indifferenza, brancolano soli ed impauriti nel loro plumbeo, misero presente. Solo i ricordi del passato spezzano, di tanto in tanto, la fosca atmosfera.
Il caldo bagliore della memoria è l’unica fonte di luce per questi “reduci, laceri e stanchi” (cit. Giorgio Gaber anche se non pago la SIAE, scusate).
Il mostro è al contempo condanna e speranza. L’incombenza della morte terrorizza, eppure, concede ad Elvis e Jack l’ultima chance di grandezza, uno sprazzo di vita prima dell’inevitabile. Arrancando sul filo del rasoio, privi di certezze, i nostri “inutili eroi” gettano le loro grinzose maschere, giocandosi a viso aperto l’ultima grande partita della loro vita.
Tutto ‘sto pippone, all’apparenza mesto e pesante, ci viene in realtà raccontato attraverso una pellicola che sa soprattuto far divertire e rabbrividire. Girato con grandissima maestria, Bubba Ho-Tep è un vero e proprio horror che, oltre alla giusta dose di tensione, ci dona un sacco di risate e ci costringe a pensare rendendoci, magari, un po’ più consapevoli.
Siate onesti, cos’altro si può chiedere ad un film?
Bruce Campbell, ovviamente! Se Bubba Ho-Tep entra di diritto in questa top è proprio grazie alla grandissima interpretazione del nostro beniamino, finalmente protagonista e con un ruolo di spessore. Aspettando Ash vs Evil Dead, non potreste farvi regalo migliore.
Deathgasm, Jason Lei Howden (2015)
“The vynil awoke something dark”
Opera prima (ed unica?) del neozelandese Jason Lei Howden, Deathgasm ha tutto il diritto di far parte della nostra dieta sostitutiva.
La storia si concentra sulle vicende di Brodie (Milo Cawthorne), adolescente emarginato e affamato di metal. In seguito alla perdita dei genitori, il ragazzo viene sbattuto nella bigottissima Greypont ed affidato alle catechizzanti attenzioni dello zio, credente vecchia scuola, un Ned Flanders che non ti presta il tostapane.
Se la vita a casa è un’inferno, a scuola non va certo meglio. I compagni, guidati dal suo stronzissimo cugino, lo perseguitano e lo bullizzano.
E’ solo nell’heavy metal che Brodie trova la sua nicchia di serenità .
La sua qualità di vita subisce una leggera impennata nel momento in cui incontra Zakk (James Blake), adolescente ancor più problematico ma che condivide la sua stessa passione per la “musica del demonio”. Accompagnati da due fedelissimi geek, Dion e Giles, i due fonderanno una band chiamata, appunto, Deathgasm.
Siamo quindi di fronte ad un romanzo di formazione in cui, grazie alla dedizione e alla passione per la musica, un gruppo di outsider riesce a scavarsi la propria nicchia in un mondo che non li accetta. Giusto?
La malevola influenza di Zakk trascina Brodie in una spirale discendente destinata a sfociare nel caos. Quando, infine, i due irromperanno nella casa di una vecchia rockstar in rovina sottraendogli il vinile che custodisce gelosamente anche nel sonno, si ritroveranno a sguazzare in un mare di escrementi.
Nella custodia del disco si nasconderà infatti un antico spartito sul quale leggeremo, scritto in latino:
“Evocazione del Re dei Demoni. Inno nero per acquisire fortuna e potere.”
Lo sprovveduto duo deciderà di farne una propria canzone, ignorando che uno spietato ordine occulto si lancerà sulle loro tracce. Le polverose note riportate alla luce sono infatti uno strumento per evocare il Diavolo: chiunque le suoni, aprirà le porte dell’Inferno sulla terra.
Ricapitolando: utilizzando un antico scritto, un gruppo di ragazzi ignari porterà il Male sulla terra. Vi dice niente?
E’ qui, nel sogetto, che Deathgasm si identifica inesorabilmente come un’opera di chiara derivazione raimiana. La riverenza verso The Evil Dead non si ferma però qui. Howden manifesta la sua stima nei confronti di Raimi citandolo anche nella forma, soprattutto nella costuzione dello humour tramite il montaggio.
La possessione di massa subita dagli abitanti di Greypont ricorda in tutto e per tutto la manifestazione del Male con cui si trova a combattere Ash Williams. I buoni cristiani diventati implacabili belve assetate di interiora. A quale arma faranno ricordo i nostri eroi? Ma, ovviamente, alla buona, vecchia motosega!
Per il resto, il film è una cattivissima horror comedy che smaschera il bigottismo borghese giocando sul più classico degli stereotipi:
“Il metal è la musica del diavolo”
Il regista costruisce la sua opera confermando tale assunto per poi rivoltarlo contro i suoi sostenitori.
Il metal è violenza ed autodistruzione, ma anche potenza, fratellanza, catarsi. Attraverso al destrutturazione delle certezze dell middle class, Howden dà voce agli emarginati, in un canto liberatorio che sfocia in furia omicida. Emblematica è l’evoluzione di Medina (Kimberley Crossman) che, grazie all’incontro con Zakk e Brody, passerà da classica, pulita bellezza di provincia a scatenata valchiria.