Vedendo l’ormai famoso videoclip Bear Claws degli Academic, molti avranno pensato: ecco i nuovi OK Go. Può darsi, perchè per realizzare un video del genere occorre certo, oltre che inventiva, molta competenza e precisione tecnica. Per chi non lo sapesse, il video in questione è stato realizzato sfruttando il loop della live di Facebook, con precisi calcoli sui tempi di attesa e di caricamento. In questo modo si è ottenuto una sorta di tunnel infinito di immagini e suoni.
Un capolavoro di esecuzione e competenza.
Benissimo. Bellissimo. Peccato che l’album d’esordio del gruppo, appena pubblicato, sia un concentrato di banalità e clichè indie pop. Non una canzone risalta sulle altre, mentre l’ascolto procede a stenti attraverso miscugli più o meno scontati di Vampire Weekend, Foster the People, Bombay Bicycle Club. E tutta quella che ormai possiamo chiamare la tradizione indie inglese (il gruppo è irlandese, precisiamo, ma fa lo stesso).
Si solleva allora un’annosa questione, che risale fino agli anni ’80: gli artisti che fanno bei video, come se la cavano quando devono affidarsi solo alla dimensione sonora? Per gli OK Go, per esempio, abbiamo la risposta: se la cavano bene. Lo stesso non può dirsi degli Academic. Il gruppo rappresenta una tendenza sempre più diffusa, ma che in realtà retrodata appunto agli anni ’80: bisogna farsi vedere per emergere, avere un’idea originale che coinvolga le arti visive.
Dalla nascita di MTV, video e musica vanno a braccetto.
Così è stato per gli OK Go, con i quali il confronto è d’obbligo, in quel lontano 2006, quando hanno deciso di ballare sui tapis roulant. Così è stato ora per gli Academic. E l’emersione è avvenuta, perchè del gruppo si è parlato e si parla molto. Ma il punto è che, tolta la genialità del video in questione, non c’è molto da dire. Tutto fumo e niente arrosto, perchè le canzoni non meritano: sono mediocri, scontate, ripetitive, non comunicano niente di nuovo.
Ci si domanda allora se non sia il caso di rinunciare ai videoclip, tornare ai buoni vecchi live, riscoprire la dimensione più pura della musica, emanciparla dalle immagini. Non c’è una risposta a questo dilemma.
Quel che è certo, è che l’esordio degli Academic è imbarazzante, quantomeno, rispetto all’attenzione che viene loro indirizzata. E dobbiamo prendere atto allora che un video geniale può essere anche uno strumento fuorviante, che innalza le aspettative anche là dove non c’è molto da aspettarsi. Il senso di tutto questo è: bello il video, ma ascoltate anche il disco, e poi giudicate.