Morto Stalin se ne fa un altro – La Recensione

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MORTO STALIN SE NE FA UN ALTRO – LA RECENSIONE

Iosif Vissarionovič Džugašvili, noto come Josif Stalin, viene riconosciuto dalla storia come uno dei leader politici dai regimi più aggressivi e totalitaristi di sempre. Succeduto a Lenin nel 1922, portò cambiamenti radicali nella scena politica dell’Unione Sovietica; come il film recita più volte: “Ha distrutto lo status quo e lo ha ricostruito”. Determinò la vittoria dell’URSS nella Seconda Guerra Mondiale e la trasformò da paese rurale a potenza industriale. La sua strategia politica a partire dalla metà degli anni ’30 si basava sull’eliminazione fisica dei propri avversari, e nel confinamento di tutti i rivoltosi in campi di detenzione denominati gulag.

Alla sua morte, avvenuta nel 1953, lasciò uno spazio vuoto che in molti ambivano a colmare, creando nei giorni immediatamente seguenti una repentina lotta al potere tra le personalità a lui più vicine. Non esattamente il materiale più adatto su cui basare una commedia di stampo classico, vero? Una commedia forse no, ma una graffiante satira politica condita con brillante black humour sì.

Cosa serve per guardare Morto Stalin se ne fa un altro?

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Serve essere ferventi conoscitori della storia sovietica? No. Serve avere una conoscenza basilare della vita del personaggio storico che dà il nome al film – rapidamente assimilabile anche nella sua pagina Wikipedia e soprattutto una massiccia dose di senso dell’umorismo. Perché non esiste al mondo linguaggio più efficace dell’umorismo, meglio ancora se ben riuscito, per comunicare qualunque messaggio.

Lo sa bene il regista scozzese Armando Iannucci, già autore dell’apprezzata commedia satirica In the Loop, proponendoci un sommario resoconto dei principali fatti avvenuti in quei giorni (da notare che il titolo originale della pellicola recita semplicemente The Death of Stalin). Ogni singolo passaggio della trama è realmente avvenuto, con la differenza cruciale che Iannucci sceglie di farne interamente una grande caricatura. Ogni personaggio non rappresenta una versione fedele della sua controparte storica, ma una che metta comicamente in risalto i suoi aspetti più grotteschi. (Potrete trovare la nostra intervista al regista su questo articolo).

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Morto Stalin se ne fa un altro

Per dare un volto a questi personaggi Iannucci gioca un autentico poker d’assi.

Vediamo da una parte il membro interno del Partito Nikita Chruščёv, intepretato da uno Steve Buscemi finalmente libero dal vortice di produzioni scadenti a cui ha preso parte negli ultimi anni, in una delle sue migliori prove cinematografiche dai tempi de Le iene; Chruščёv tenterà una delicata manovra per subentrare al potere. Manovra che, come la storia ci insegna, riuscirà a portare a termine.

Dall’altra l’avido e spietato capo del NKVD Lavrentij Berija (Simon Russell Beale), che approfitterà immediatamente della situazione per imporre il proprio potere, occupando la città con le sue Forze Armate e sostituendo le liste nere di Stalin con le sue.

Morto Stalin se ne fa un altro

In mezzo a tutto ciò, troviamo la figura esilarante del Premier Georgij Malenkov, che si ritroverà ad assumere temporaneamente il comando della Nazione. Questi viene ritratto dall’eccezionale attore comico Jeffrey Tambor (famoso per il suo ruolo nella serie comedy-drama Transparent) come un povero diavolo che si è ritrovato improvvisamente al potere suo malgrado. La persona meno adatta a ricoprire un ruolo così cruciale, non avendo la minima idea di cosa fare; questo contrasto genera un irresistibile effetto comico, vera e propria linfa vitale dell’umorismo di numerose scene. Berija lo userà come un’autentica marionetta, accompagnandolo nella sua ascesa al potere per trarre vantaggio personale.

Nella zona semineutrale c’è il Ministro degli Esteri Vjačeslav Molotov (il mitico Michael Palin, ex membro dei Monty Python), sempre fedele al suo vecchio leader nonostante questi lo avesse inserito nella propria lista nera prima di spirare. Egli si ritroverà in mezzo al fuoco incrociato e alle moine di Berija e Chruščёv, che tenteranno disperatamente di portarlo dalle rispettive parti.

A completare il quadro ci sono i due figli di Stalin: la nevrotica Svetlana (Andrea Riseborough) e il mentalmente instabile Vassilij (Rupert Friend), che al funerale del padre dà vita ad una delle scene più divertenti del film.

Morto Stalin se ne fa un altro
Il Maresciallo dell’Unione Sovietica Georgij Žukov, interpretato da Jason Isaacs (principalmente conosciuto per aver interpretato Lucius Malfoy nella saga di Harry Potter).

Ciò che Morto Stalin se ne fa un altro mette maggiormente in risalto è la sensazione di panico collettivo che aleggia nell’aria durante tutta la sua durata. Quella che si va a narrare è una situazione che nasce e muore nella precarietà, ed ogni azione dei personaggi ad essa correlati è dettata dalla frenesia e dall’arrivismo.

MORTO STALIN SE NE FA UN ALTRO LA RECENSIONE Il regista fa un eccellente uso della scrittura sagace. Ogni passaggio viene evidenziato dalle esilaranti reazioni dei presenti, rendendo le importanti riflessioni scaturite dalle assurdità di un regime come lo stalinismo quantomai accessibili allo spettatore amante del dark humour. Può a tutti gli effetti considerarsi una versione de Il dittatore di Larry Charles che non basi il suo umorismo su una performance comica centralizzante come quella di Sacha Baron Cohen. Qua al contrario si evita un ampio uso (a volte affossante) della trivialità, ma ci si esalta grazie alla costruzione di geniali gag basate sulla paradossalità degli eventi storici. Allo stesso tempo, le situazioni mostrate non schiacciano mai troppo il pedale della farsa, restando sempre ancorate alla linea generale della propria base storica. E’ una satira politica mirata, calibrata e molto più efficace nel messaggio di molti altri film storici di stampo puramente cronachistico.

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Morto Stalin se ne fa un altro
L’esilarante scena del funerale.

Morto Stalin se ne fa un altro è un autentico gioiellino di black humour, che possiede piena consapevolezza della materia che va a trasporre e trova la forma migliore per estrarne il suo massimo potenziale satirico, facendo un eccellente uso degli interpreti scelti. La storia dell’Unione Sovietica non sarà mai più così dissacrante!

CONSIGLIATO IN ITALIANO?

. Il film gode di un doppiaggio italiano particolarmente ispirato, con voci ben associate ad ogni personaggio che non snaturano affatto la resa dell’umorismo. In particolare è apprezzabile la prova di Mino Caprio (celebre per essere la voce di Peter Griffin) sul depravato Lavrentij Berija. Inoltre, la natura politica del film potrebbe rendere faticoso seguire i dialoghi con l’uso dei sottotitoli. Per la combinazione di questi fattori, almeno ad una prima visione la versione in italiano è consigliata.