Following recensione – Il cinema secondo Christopher Nolan

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“Following” costituisce il primo lungometraggio della filmografia di Christopher Nolan, nonché il suo esordio alla regia. La pellicola da subito mette in evidenza tematiche e caratteristiche che tracciano un filo rosso il quale collega la maggior parte delle opere cinematografiche del regista inglese.

Il primo film di Nolan contiene già quei tratti distintivi condivisi, propri delle produzioni successive, nelle quali vengono riproposte e approfondite alcune idee centrali  riguardo l’arte cinematografica di Nolan. Nolan confeziona ora una pellicola di stampo neo-noir, i cui tratti sono enfatizzati dalla scelta di utilizzare una fotografia in bianco e nero. In Following lo sguardo della macchina da presa coincide con la prospettiva del protagonista senza nome, conosciuto come il giovane uomo. Agli occhi dello spettatore egli stesso si palesa, parla di sé a colloquio con quello che noi crediamo essere uno psichiatra. Racconta delle motivazioni alla base delle sue azioni, della sua volontà di seguire e osservare le vite degli altri.

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“[…] è come quando vai allo stadio alla partita e c’è tutta quella gente e lasci scorrere lo sguardo sulla folla, poco a poco lo sguardo si ferma, si fissa su una persona, e quella persona non fa più parte della folla. Diventa un individuo, di colpo. Una cosa irresistibile!” 

Ed è proprio durante uno dei suoi pedinamenti che si imbatte in Cobb, il quale accortosi della presenza dell’uomo che lo segue, lo affronta. Uomo affascinante e sfacciato, Cobb esercita una certa suggestione sull’uomo che decide di seguirlo, ora camminandogli affianco, accompagnandolo nelle sue intrusioni. Cobb è un ratto d’appartamento, un ladro, anche piuttosto bravo nel capire il carattere delle persone dagli oggetti che possiedono. Ciò ammalia sempre di più il protagonista, che comincia a farsi più audace, immedesimandosi in Cobb.

Il racconto filmico si concentra sulla trattazione di temi cari allo stesso Nolan.

L’ossessione, la paranoia, il desiderio di vendetta sono al centro dell’azione, generandola e fungendo da propulsore; sprofondano i personaggi in un vortice discendente di delirio e autodistruzione personale. Caratteristica ulteriore del cinema nolaniano, già evidente in Following, è l’uso del montaggio per creare un intreccio narrativo costruito su più linee temporali, che si alternano muovendosi su binari paralleli. Con lo scopo di confondere lo spettatore, incapace di mettere ordine alle immagini che prendono vita sullo schermo. Un esercizio mentale per rendere un pubblico attivo, questo probabilmente lo scopo. Un pubblico impegnato intellettualmente a far coincidere i vari pezzi del puzzle.

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In tale prospettiva “Following”, costituisce l’esplicazione delle idee nolaniane in ambito cinematografico.

L’opera potrebbe essere intesa in senso allegorico come una metafora, o meglio un simposio, sull’essenza stessa del cinema contemporaneo. Considerando i personaggi messi in scena come rappresentazioni corporee e simboliche di ruoli e figure inerenti il cinema stesso. In tal caso il giovane uomo protagonista rappresenterebbe lo spettatore in sé. Il quale guarda con voyeurismo le vite di altri, traendone piacere sadico. Segue uomini e donne, da una certa distanza, scrutandone l’esistenza quotidiana, finché non viene messo di fronte alla presa di coscienza della sua stessa condizione di spettatore.

L’incontro con Cobb costituisce il momento simbolico di acquisizione di tale consapevolezza. Allora il giovane uomo, lo spettatore, si fa più audace, irrompendo nella realtà da lui osservata. Disattendendo le regole da lui stesso impostesi, invade quel microcosmo che si era ripromesso di guardare senza mai interagirvi. Lo spettatore ora crede di aver ribaltato quella linea gerarchia di relazioni che intratteneva con lo spettacolo, pensando di essere passato ad un ruolo attivo; una funzione di primario esercizio di controllo sulle immagini che prendono vita sullo schermo nella sala buia. Ma è un controllo illusorio il suo. Il cinema lo ha ingannato, manipolandolo e soggiogandolo al suo reale controllo. Il cinema esercita il potere di mostrare ad un pubblico ingenuo ciò che egli desidera, facendosi mezzo del regista suo autore. 

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Questa l’idea nolaniana che permea le sue opere caratterizzando la sua filmografia, oltre alla sua concezione di cinema.

Nolan, per quel che si dica, è indubbiamente uno dei registi che maggiormente incidono attualmente sul panorama cinematografico contemporaneo. Altri oltre lui conducono questo discorso attraverso le proprie pellicole. E’ un cinema che consapevole del proprio potere lo esercita maggiormente, imponendo il proprio controllo sulla visione dello spettatore passivo assoggettato a tale dominio. Un cinema che ingloba e assorbe, rielaborando la condizione di spettatore, proiettandola su di esso con un’aria nuova e suggestiva.

“Il gioco sta tutto qui, interrompere la vita di qualcuno, mettergli sotto gli occhi quello che dava per scontato. E quando dovrà elencare per l’assicurazione le cose sottratte da quello scaffale si chiederà per la prima volta dopo tanto tempo “Come mai le ho conservate? A che scopo?” Quando sottrai gli mostri quello che aveva.” 

Punto focale dell’ideologia nolaniana concernente il cinema soggiace sul rapporto che si instaura tra spettacolo e spettatore.

Inquadrando le sue pellicole in quest’ottica, è evidente l’apporto all’evoluzione del cinema contemporaneo. Nolan amplifica ulteriormente l’identificazione dello spettatore proiettata sul personaggio. Oltre un livello emotivo, Nolan porta a termine questo processo di identificazione su piano tecnico. Le caratteristiche stilistico-narrative del modus operandi nolaniano, permettono di raggiungere un livello più profondo di identificazione, che va oltre appunto la qualità empatica della stessa, affermandosi anche attraverso l’immersione dello spettatore nel microcosmo filmico. Gli aspetti tecnico-registici alimentano il sentimento empatico alla base del processo di identificazione. Elementi costitutivi del personaggio centrale, la messa in scena, tratti della sceneggiatura e persino il montaggio, contribuiscono in tal senso.

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Elevando la proiezione ad un livello intellettuale e concettuale e permettendo allo spettatore di elaborare e fare proprie emozioni e stati d’animo dei personaggi viventi e pulsanti sullo schermo. Ma ora anche ad un livello cognitivo e percettivo. Lo spettatore è messo nella stessa condizione che caratterizza il personaggio. Trovandosi a vivere uno stato di inconoscibilità e inconsapevolezza come in Memento, dove le scelte di montaggio spostano la coscienza dello spettatore su un livello che si avvicina alla patologia del protagonista. Immerso nel contesto filmico attraverso un’esperienza percettivamente sensoriale in Dunkirk, in cui il sonoro avvolge lo spettatore proiettandolo sulla scena.