Il cinema, si sa, è un settore sempre in evoluzione. E il cambiamento, si sa, è un’arma a doppio taglio. Saper guardare al futuro, ricordandosi del passato è cosa difficile per tutti. Ma nel settore cinematografico questa difficoltà ha portato ad una grave perdita.
Il pubblico si sarebbe stancato un giorno, di lì a poco, e avrebbe prediletto altri tipi di passatempo. Il cinema del tempo era unanimemente destinato a morire. E invece si è rivelato tutto il contrario. L’industria è cresciuta sempre di più, le tecniche e le professioni dietro di esso si sono moltiplicate, fino ad arrivare ad un’idea del cinema che è rimasta fino ad oggi: una sala cinematografica, un pubblico, un film con dei personaggi e una trama. L’unica grande differenza era l’assenza di audio. I film erano totalmente muti.
Quando quindi nel 1929 il sonoro fece il suo ingresso, cambiò radicalmente il mondo del cinema e il modo di fare cinema. Alcuni attori andarono in rovina, poiché non possedevano una voce adeguata alla scena. Nacquero i primi problemi di traduzione, perché la lingua parlata non era la stessa a livello mondiale e non era più sufficiente cambiare le didascalie di paese in paese. Fu una vera e propria rivoluzione, di cui tutti dovettero subire le conseguenze. Per noi oggi è un passato lontano quello dei film completamente muti, sembra anzi di parlare di preistoria.
Ma siamo veramente sicuri che questo distacco tra l’era del muto e quella del sonoro sia dovuto solo alla netta differenza stilistica? O in qualche modo abbiamo effettivamente perso contatti ed esempi di quel periodo? Oggi è assodato che il cinema muto sia andato quasi del tutto perduto. Ma cosa si intende esattamente quando si dice “perduto”? Come si fa a perdere dei film? Per noi è impensabile, ma vediamo di capire meglio come questo sia possibile.
Innanzitutto bisogna prestare attenzione alle caratteristiche fisiche e materiali con cui erano fatte le pellicole. I rulli cinematografici fino agli anni Cinquanta erano fatti di nitrocellulosa e canfora, entrambi materiali ad alto rischio di infiammabilità. Anche solo troppe ore al sole potevano farli bruciare, letteralmente. Ma spesso non c’era nemmeno bisogno di questo, dato che negli archivi cinematografici gli incendi erano molto frequenti.
Anche il modo in cui venivano riprodotte le pellicole poteva procurare gravi danni. Ogni film era composto nella media di otto bobine, e stava al proiezionista (spesso non formato a dovere, o con macchinari retrogradi e vecchi) decidere in che ordine proiettarle, attaccandole insieme con del nastro adesivo. Dopo averle proiettate, solo poche venivano rispedite alla casa di produzione, la maggior parte non facevano mai ritorno. Spesso anzi, il protezionista si ritagliava le scene più belle della pellicola per tenersele a mo’ di ricordo.
Al decoupage si divertivano anche i censori, che volevano guardare il film prima che venisse proiettato al pubblico, così da decidere quali scene fossero appropriate alla visione oppure no. Ma spesso le modifiche alla pellicola avvenivano anche perché la durata era troppo lunga, e allora bisognava accorciarla, oppure perché il film necessitava delle “migliorie” che solo un censore di provincia o un proiezionista inesperto potevano apportare. Tagli, spille da balia, gomme da masticare, qualsiasi mezzo era usato per stropicciare e rovinare al meglio le povere pellicole cinematografiche!
Abbiamo già detto inoltre di come il cinema fosse considerato un intrattenimento usa e getta, quindi non bisogna stupirci se gran parte delle pellicole mute furono proprio distrutte dalle stesse case di produzione, sia perché ormai erano considerate vecchie e inutili, sia perché immagazzinarle e conservarle per bene era troppo costoso.
Per non parlare del fatto che molti rulli furono utilizzati per il riciclaggio del nitrato d’argento in essi contenuto. Alcuni studi dimostrano che persino durante la seconda guerra mondiale l’argento in essi contenuto fu riciclato per contribuire alla produzione bellica. E comunque, anche quando non c’era uno dei motivi elencati finora a rovinare definitivamente una pellicola, le condizioni pessime in cui venivano conservate le hanno fatte marcire, riducendole a polvere.
Per quanto riguarda il cinema muto italiano, se consideriamo il periodo dal 1905 al 1931, in un catalogo di poco meno di 10.000 titoli, il 90% di essi è totalmente scomparso per sempre. Per il cinema muto hollywoodiano invece, per il periodo dal 1914 al 1930, su circa 11.000 titoli stimati, il 70% è andato perduto, mentre solo il 14% esiste nel formato originale.
Se ancora non vi foste fatti un’idea della perdita colossale che la storia del cinema ha dovuto subire, pensate a film come Cleopatra del 1917 – l’attrice Theda Bara venne considerata il primo sex symbol esotico a Hollywood. Oppure al primo adattamento cinematografico di The Great Gatsby di F.S.Fitzgerarld del 1926. Ma anche a London After Midnight di Lon Chaneys, o alla versione originaria di nove ore di Greed di Erich von Stroheim del 1924. E anche a A Daughter of the Gods del 1916, dove compare una delle primissime – se non la prima – scene di nudo del cinema. Tutti film che oggi possiamo solo immaginarci e che non potranno mai più essere apprezzati da nessun pubblico, come del resto il cinema muto in sé, ricordo ormai lontano.