Bastardi senza gloria – recensione

Bastardi senza gloria è un opera ucronica unica nel suo genere e che ha goduto di un notevole successo di critica e pubblico. Ecco la nostra recensione

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Capitolo IV – Operazione Kino

Il quarto capitolo si apre su sponda alleata, precisamente quella inglese. Ad accoglierci, troviamo il generale Ed Fenech (Mike Myers), il tenente Archie Hicox (Michael Fassbender), ed un “lontanissimo” sir Winston Churchill (Rod Taylor), la cui posizione nella stanza ricorda il pianista di Kill Bill (Samuel L. Jackson), lontani dalla scena ma presenti. Anche quando i due militari parlano, la presenza del ministro inglese è palpabile. Muove i fili o è solo uno spettatore come noi? La risposta ovviamente non c’è, ma è utile far notare, ancora una volta, l’abilità di Tarantino nel dare valore a tutti i dettagli. Il regista riesce a far diventare protagonista della scena un personaggio che nella scena quasi non c’è.

Bastardi senza gloria

In questa piccola premessa il senso del grottesco non lascia la scena, e la sensazione che il generale ed il tenete non siano, poi, questi grandi militari non abbandona lo spettatore lungo tutta la durata del dialogo.

Chiuso il sipario sulla sponda inglese, inizia nuovamente lo spaghetti western. In più, la location scelta per sviluppare la scena è pregna di occasioni visive che Tarantino non si lascerà scappare. Avreste mai pensato che si potesse dire una cosa del genere su uno scantinato? Ebbene, sì! lo scantinato è il vero protagonista di questo capitolo, poiché:

«Combattere in uno scantinato presenta diverse difficoltà… E la prima è… che si combatte in uno scantinato»

In Operazione Kino vediamo i Bastardi unirsi al tenente Hicox e alla spia tedesca alleata. Quest’ultima è Bridget von Hammersmark (Diane Kruger) nientepopodimeno che la più grande diva del cinema tedesco di allora (nella finzione, ovviamente). Proprio la spia ha scelto il luogo dell’incontro, ossia il famoso scantinato, poiché non frequentato dai soldati nazisti.

Ma il destino vuole che proprio quella sera, un semplice soldato dell’asse festeggi la nascita del suo primogenito Max. Qui, troviamo il primo aspetto interessante della scena. Infatti, la contrapposizione tra una missione fondamentale per il destino della guerra e la vita dei soldati semplici, ci portano a credere che Tarantino abbia voluto rappresentare le tantissime e diverse anime che popolano un conflitto di quelle proporzioni. Ovviamente, anche per “rimpinzare” lo scantinato di persone in vista dell’ esplosione di violenza che avverrà nel finale.

Un’altra teatrale entrata complicherà ancor di più le cose. L’uscita dalla penombra del maggiore Dieter Hellstrom sembra un’efficace rappresentazione del pericolo. Il nazista pare una tigre che esce dalle felci, fatto coadiuvato dal glaciale sguardo di un magnetico August Diehl. Hellstrom è uomo d’intelligenza fine e di percepibile crudeltà. Incuriosito dallo strano accento di Hicox, il maggiore si unisce al tavolo dei cospiratori.

Bastardi senza gloria

Lo stratagemma del gioco delle carte rende la scena incredibilmente verace. L’introduzione di un elemento di distensione gioca a favore della tensione latente. Ogni sguardo, sorriso forzato sembrano accompagnare lo spettatore verso l’inevitabile escalation di violenza.

Quest’ultima è causata dalla definitiva dimostrazione dell’incapacità di Hicox nel ruolo di spia. Quel tre diverso, quelle dita sbagliate condanneranno quasi tutti i presenti nella stanza.

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«Dire Auf Wiedersehen alle tue palle»

Lo stallo alla messicana è servito, il triello è pronto a far scoppiare il caos. La camera indugia sulla mano dell’oste che tocca il fucile dietro il bancone e…sipario sullo scantinato. Il resto è storia…

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Sarà per l’incredibile pathos della scena appena commentata, ma quella che chiude il quarto capitolo, forse, è la meno potente di tutto il film. Infatti, la riorganizzazione del piano principale mentre la ferita Bridget von Hammersmark cerca di giustificare il fallimento della missione resta davvero poco impressa nella mente dello spettatore. Ciò è giustificabile col fatto che tale scena è al servizio della trama, è un raccordo tra la parte centrale del film e la sua conclusione.

Capitolo V – La vendetta della faccia gigante

Ovvero, come la “soddisfazione” prende forma e come Hans Landa diventa padrone della pellicola

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Il cambio del piano originale prevede che i restanti Bastardi si introducano alla cerimonia fingendosi rappresentanti del cinema italiano. Esilarante lo scambio di battute tra Brad Pitt, Eli Roth, Omar Doom ed un sospettoso Christoph Waltz. Il forzatissimo accento siciliano rende il tutto molto divertente in chiave tarantiniana.

A proposito dei dialoghi in lingua, dobbiamo dire che questi sono uno dei punti di forza della pellicola. La scelta di Tarantino nell’utilizzare ben quattro lingue diverse veste il film di una universalità molto coerente con lo sfondo rappresentato dalla seconda guerra mondiale. A beneficiare di ciò è principalmente Waltz, magistrale nel riuscire a recitare in tutte le lingue riportate. Assolutamente eccezionale il suo dialogo in italiano proprio in questo capitolo.

Senza cadere in inutili estremismi, consigliamo di vedere la pellicola anche in lingua originale, non solo per apprezzare l’espediente usato da Tarantino, ma soprattutto per inchinarsi di fronte al genio di Waltz.

Landa e Shosanna diventano gli estremi su cui si costruisce il capitolo conclusivo di Bastardi senza gloria. Il primo, avendo capito l’incombenza del pericolo e la presenza di un’opportunità di salvarsi dà sfogo a tutta la sua natura psicotica. La risata esagerata e volgare alla debole giustificazione di Bridget von Hammersmark rivela un colonnello ormai preso e perso completamente da e in se stessoL’esplosione di rabbia e il conseguente omicidio della diva tedesca porteranno alla luce l’instabile profilo psicologico del capo delle SS. L’instabilità della mente di Landa è rafforzata ancor di più dalla scena feticista della scarpa e del piede.

«Se la scarpa ti calza, la devi portare»

Sia il particolare delle mani che portano la scarpa al piede sia l’atto dello strangolamento fanno intravedere una certa carica sessuale, che come ogni caratteristica della mente di Landa è distorta, innaturale e malata.

Intanto, andando al lato opposto, Shosanna inizia a costruire la sua sadica vendetta. Dire sua però è riduttivo, dato che è chiaramente etichettata come “vendetta ebrea”.

Il topos della vendetta è rafforzato da Tarantino con un espediente semplicissimo, tinge l’intero ultimo capitolo di un rosso vivo, che troviamo dappertutto, dalle tende al fuoco finale, passando per la scia di sangue che macchierà l’intero edificio. Ma il rosso diventa protagonista proprio quando Shosanna è presente sulla scena. Il dettaglio del rossetto, il vestito, il cappellino, la posa dinanzi al rosone che dà sulla sala, la ergono a moderna dea Nemesi.

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La rivincita porterà l’espediente del metacinema al livello più alto. Il faccione gigante di Shosanna e le pellicole che prendono fuoco nel retro concludono l’abile mossa di Tarantino. Intanto, la violenza esplode nel teatro e il sipario cade sul folle apparato nazionalsocialista. Con evidente soddisfazione da parte di Donnie Donowitz.

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«That’s a bingo!»

La riuscita della vendetta della faccia gigante è dovuta principalmente alla scelta di Landa di non salvare i propri superiori. Qui, ritorniamo a ciò che abbiamo detto all’inizio di questa recensione, ovvero la sostanziale autonomia del colonnello nei confronti del nazismo, confermata dal rinnegamento del tanto amato soprannome di cui si vanta all’inizio del film. Con una sottile mossa da “falco”, Landa riesce a girare la situazione a suo favore e a chiudere un vantaggioso accordo con la sponda alleata. Ma non è così che il tenente Aldo Raine intende terminare la missione, altrimenti, per citare proprio Landa: “cosa diranno i libri di storia”?

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Pertanto, riaffiora alla fine del film quell’interessante concetto di Aldo Raine sul togliersi la divisa dopo la fine delle ostilità.

“Insomma se facessimo a modo mio porteresti questa uniforme per il resto della tua vita da succhia cazzi…ma mi rendo conto che non è pratico e a un certo punto te la toglieresti…così ti darò una cosetta che non ti potrai togliere!”

Landa riceve una punizione esemplare che gli calza a pennello, costretto ad essere un nazista contro la propria volontà, incapace, ormai, di poter sfuggire all’etichetta. Impossibilitato a cambiare forma. Il falco ha perso le ali. E ci sembra dovuto dare ragione alle ultime parole di Aldo Raine:

“Sai che ti dico Utivich? Questo potrebbe essere il mio capolavoro!”

Ha preso il nazista meno invasato dall’ideologia e ne ha fatto un esempio della sua filosofia.

In Conclusione

Il senso di grottesco e l’accentuata stilizzazione rende Bastardi senza gloria un film di guerra ancora più atipico. L’uso degli stacchi ed intermezzi tarantiniani; i nomi scritti in simil gessetto per indicare i personaggi; il fumettistico ovale che ci fa vedere la dinamite ai piedi di Donowitz e Ulmer; la vena pulp; la stessa fotografia che rievoca quei tempi ma che contemporaneamente è costellata da colori sgargianti, rende Bastardi senza gloria un film unico nel suo genere.

Pertanto, è interessante analizzare il lavoro che Tarantino ha svolto, e beneficiare dell’immensa cultura cinematografica del regista. Assorbiamo rimandi a pellicole immortali (Quel maledetto treno blindato e Quella sporca dozzina su tutti) e apprendiamo gli insegnamenti dei grandi maestri del passato.

Per quanto riguarda i detrattori della pellicola, probabilmente puntano il dito sulla costruzione concettuale del film, trovandola, forse, effimera come può esserlo solo una rivincita immaginaria. La critica è accentuata dalla particolare delicatezza dell’argomento, che, come ovvio che sia, espone il fianco a numerose critiche.

Forse, in parte, i detrattori hanno ragione. In Bastardi senza gloria forse si gioca troppo con una ferita storica ancora aperta. Ma va detto che la pellicola fa ciò molto bene, senza cadere, puntata tutta su quel concetto di soddisfazione con cui abbiamo aperto la nostra lunga recensione, soddisfazione di cui godono gli spettatori più inclini a stare al gioco di Tarantino.

 

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