The Void – La recensione

Il duo canadese membro del collettivo Astron-6 sforna un horror di livello, pregno di citazioni ai film di genere che hanno segnato la memoria collettiva degli appassionati.

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The Void, il vuoto, tradotto letteralmente.

E non certo in riferimento alle idee del collettivo canadese che risponde al nome di Astron-6. Una casa di produzione low-budget che incentra i suoi film sugli anni ’80. E questo The Void ne è un esempio, insieme ai vari Manborg e The Editor. Film che giocano sulla componente nostalgica, un po’ come insegna Netflix oggi con la serie cult Stranger Things. Infatti, non per nulla anche qui ci  troviamo davanti ad una sorta di “sottosopra”.

In questo senso, possiamo affermare senza problemi che The Void può essere visto come un mash up tra La Cosa e Assault on Precinct 13, con sfumature che vanno dal Twin Peaks di David Lynch fino al nostrano Lucio Fulci, passando per il body horror tanto caro a Cronenberg.

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L’enigmatico incipit del film lascia già comprendere che The Void non si limita ad essere un film fatto solo di citazioni.

Due ragazzi che fuggono da una villa. Uno riesce a scappare dagli inseguitori, per poi essere ritrovato in mezzo ad una strada. L’altra, una ragazza, rimane in balia di quest’ultimi.

Poi, dall’oscura casa di campagna, set di moltissimi film cult, si passa ad un ospedale pressoché privo del personale, causa imminente chiusura. Lo sceriffo Carter ha con sé il fuggiasco –di cui sopra– trovato per strada in preda a deliri di ogni forma e genere. La scarsa equipe lo seda e da qui in poi inizieranno i problemi, che culmineranno all’arrivo di una schiera di persone interamente coperte da una tunica bianca e con un triangolo rovesciato. Il candido calore è smarrito.

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Queste circondano l’ospedale e non hanno buone intenzioni, così come una cosa che sta fagocitando corpo e mente dei pochi presenti in ospedale, come mostra prontamente un’infermiera che si scaglia contro il povero Carter in una scena che rimanda moltissimo alla sequenza finale di Suspiria, in cui Susy incontra la Mater.

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Il duo proveniente dagli Astron-6  ha creato un vero e proprio contenitore di citazioni e con tanto, tantissimo sangue che omaggia svariati classici del cinema di genere di quel prolifico decennio.

Un mix rosso sangue che brilla di luce propria, sebbene ci sia un potenziale rimando a tutto il cinema a cui si ispira.

Ben orchestrate e mai invadenti, The Void riunisce ogni citazione perfettamente prendendo la sua convincente strada orrorifica e seguendola fino alla fine. In questo senso, il film acquisisce la qualità di essere un perfetto puzzle dove si mescolano svariati cult di genere, soprattutto di marca Carpenter. Le ambientazioni, labirintiche e claustrofobiche, ci trascinano nelle fondamenta di un ospedale, alla ricerca delle risposte alle domande che lo spettatore inevitabilmente si pone. Un sotterraneo pieno di corpi che sembra quasi essere l’aldilà pensato da Lucio Fulci e che introduce un finale analogo per la sua natura enigmatica.

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Tra una scarnificazione e l’altra, tra mostri sanguinolenti e sanguinari che strizzano l’occhio anche al più recente Silent Hill, i protagonisti cercheranno di sopravvivere agli attacchi sia esterni che interni rispetto l’ospedale dove sono rifugiati.

E quasi come un’anticipazione a quello che accadrà, vediamo trasmettere proprio La Notte dei Morti Viventi del compianto George Romero. Non si è al sicuro, né dentro né fuori l’ospedale. Ora come survival, ora come trap movie, The Void si addentra in una molteplicità di sottogeneri. Degna di nota è senz’altro la scelta di non ricorrere alla CGI se non in quelle fantastiche scene oniriche che aumentano l’aura di mistero che avvolge il film di Gillespie e Konstanski.

A tal proposito, quest’ultimo regista è stato curatore degli effetti speciali di molti film culto, come il recente IT e Silent Hill, di cui, come detto, ci sono ampi richiami anche in The Void. Sebbene non sia esente da difetti (leggere alla voce dialoghi), The Void è un tributo in salsa gore a film che hanno segnato l’immaginario collettivo degli appassionati del genere, regalandoci un ibrido lovercraftiano di altissimo livello qualitativo. Ritmi serrati che mantengono alta la tensione per tutto il film con colpi di scena ben inseriti. Il duo registico sforna una perla horror di tutto rispetto.