Return to Forever – Light as a Feather
In Light as a Feather quello che possiamo sentire è fondamentalmente una specie di prog/soul/bossa nova, con forti e importanti influenze derivanti dall’album In a Silent Way di Miles Davis.
In Light as a Feather quello che possiamo sentire è fondamentalmente una specie di prog/soul/bossa nova, con forti e importanti influenze derivanti dall’album In a Silent Way di Miles Davis.
È questo infatti, forse il primo album fusion propriamente detto (esce nel 1969). Un disco al quale Chick Corea, fondatore poi dei Return to Forever, aveva contribuito in larga misura.
Le sue tastiere qui dominano su tutto, e sua è la tendenza prog a complicare e inspessire le tracce, con spinti virtuosismi ed eclettica energia. A contribuire ci sono il bassista Stanley Clarke, molto noto all’epoca, e il famoso batterista brasiliano Airto Moreira.
Pure, compare qui come vocalist la moglie di quest’ultimo, la cantante Flora Purim, la cui voce completa e definisce le atmosfere soul dell’album.
La fusion era anche questo: un album rock con sezioni di fiati. Questo è praticamente il primo album dei Chicago, un album che nello spirito è profondamente “1969”, sarebbe a dire hippie.
Lo provano le chitarre wah-wah, una cover di I’m a Man di Steve Winwood, un riferimento ad I am the Walrus. E poi lo sperimentalismo estremo di Free Form Guitar, il manifesto di Listen, la lunga jam session di Liberation. Il jazz, insomma, c’entra poco in questo album.
Ma non va dimenticato che è anche grazie alle band come i Chicago, che pure limitavano a tali usi gli strumenti a fiato, se alla fine degli anni ’60 il jazz incontrò il rock poi anche in altre forme. Forme che vennero sdoganate presso un pubblico mainstream proprio da lavori come Chicago Transit Authority.
Né, in quest’album, mancano piccoli grandi classici del jazz rock come Beginnings e Questions 67 & 68, che lo rendono comunque un album riuscitissimo e completo, qualunque sia il genere toccato.
I Mahavishnu sono un progetto sul quale domina, a livello creativo quanto musicale, la chitarra di John McLaughlin, forse il più influente chitarrista jazz degli anni ’70.
In questo senso questo disco è quello che più di altri si piega verso l’hard rock, facendo mostra di lunghi passaggi strumentali complessi e veloci. Pure, non mancano attimi di misticismo: in A Lotus on Irish Streams, o in Dance of Maya.
Per il resto il disco è completamente sorretto dalla chitarra distorta di McLaughlin, che incita tutti a stressare le proprie capacità per creare un clima teso e vigoroso.