RECENSIONE HAPPY END – Nella piccola cittadina francese di Calais, luogo di passagio di molti rifugiati, la famiglia Laurent deve far fronte a molte difficoltà . Non economiche quanto più interne, quelle lotte intestine che intaccano l’animo umano e che devono essere represse. Un anziano capo famiglia (il Jean Louis Trintignant de Il Sorpasso) stanco di vivere, il cui figlio non riesce a relazionarsi con la figlia del suo primo matrimonio. Ed una ditta di costruzioni che deve fronteggiare un crollo inaspettato. Storie di vita altolocata, viste quasi come fossero una prassi. Come già ci raccontava Haneke nel suoNiente da nascondere, anche se qui non vige l’inquietudine quanto più la noia, che vede nella morte l’unica soluzione.
RECENSIONE HAPPY END – Dopo Amour, Haneke torna nell’ambito familiare drammatico ma senza indagare la disperazione. Con estrema discrezione, quasi come fosse un documentario, ci viene mostrata una famiglia soggiogata dallo stato sociale, costretta in una casa labirintica ed infinita. La comunicazione tra i vari componenti è un problema reale e concreto e si riflette sia nelle azioni ribelli del nipote più grande, che in quelle autolesioniste di Eve. Ciò che colpisce è la volontà discreta di voler raccontare questa storia. Le azioni non vengono mai palesate direttamente, quanto più accennate in lontananza o mostrando direttamente le loro conseguenze. Come se la camera si limitasse ad osservare e a mantenere intatte quelle apparenze tanto care alla famiglia Laurent, senza mai voler giudicare direttamente le loro vicissitudini, quasi con rassegnazione.