“Doppiaggio sì, doppiaggio no… se famo du spaghi!”.
E’ un argomento che divide il pubblico italiano da quando le nuove tecnologie di riproduzione domestica hanno fornito la possibilità di visionare film anche nella loro versione originale. Da una parte abbiamo “I doppiatori italiani sono i migliori del mondo”, “Leggere i sottotitoli distoglie l’attenzione dalla componente visiva”, “Se devo stare a leggere preferisco un libro”; dall’altra “Il doppiaggio è una pratica barbara che andrebbe abolita in tronco”, “Se nessuno in Italia conosce l’inglese è per colpa del doppiaggio”, “La recitazione vocale di un attore non può essere sostituita in alcun modo”.
Chi ha ragione? Ebbene, dare una risposta definitiva a questo interrogativo non è cosa semplice. E’ necessario in ogni caso specificare che tutto ciò che segue è in gran parte rivolto a coloro che non possiedono una conoscenza fluente dell’inglese, o qualunque sia la lingua originale dell’opera. A tutti quelli che quindi per comprenderla devono fare affidamento ai sottotitoli.
Innanzitutto occupiamoci del famoso luogo comune sopra accennato. È vero che i doppiatori italiani sono i migliori al mondo? In linea di massima sì. Le doti attoriali dei nostri artisti, che da sempre operano in questo campo, e la tradizione profondamente radicata in esso, sono realisticamente superiori rispetto la media degli altri Paesi. Ma, come per tutto, anche da noi esistono doppiaggi fatti bene come altri fatti male. La resa di un doppiaggio può dipendere da innumerevoli fattori: l’anno e il genere del film, il budget del doppiaggio, l’abilità dell’adattatore dei dialoghi, l’esperienza del direttore e se la natura del film si presta o meno al processo di doppiaggio. Per uno spettatore all’oscuro di questi fattori non esiste pecca più grossolana che vedere un film penalizzato fortemente dalla scarsa resa del doppiaggio, pensando: “che brutto film“, invece di “che brutto doppiaggio“.
E’ inoltre opportuno fare una distinzione essenziale tra le due principali scuole di doppiaggio italiane: romana e milanese. Tra le due, quella romana è stata sicuramente la più cinematograficamente presente, avendo iniziato nei primi anni ’30 la sua lunga tradizione costellata di personalità che hanno tramandato il mestiere di generazione in generazione: la quasi totalità dei doppiaggi che siamo da sempre abituati a sentire nei film appartiene alla scuola romana. I loro doppiatori sono artisti dalle doti attoriali stupefacenti, spesso paragonabili (se non superiori) a quelle degli attori veri e propri. La scuola milanese è nata praticamente in contemporanea a quella romana, ma ha cominciato ad affermarsi seriamente solo negli anni ’80, ed ha improntato la sua attività principalmente sul doppiaggio di cartoon e anime giapponesi.
Negli scorsi decenni, la loro esperienza nei prodotti cinematografici era abbastanza saltuaria, e spesso trascurabile, data la differenza tra l’impostazione vocale richiesta dal cinema e quella richesta dall’animazione che influiva sensibilmente sui risultati. Tuttavia, negli ultimi anni si è visto un incremento anche dei loro doppiaggi cinematografici e di serie TV, con un crescente aumento della qualità degli stessi e dell’esperienza dei loro doppiatori.
Nella versione originale di “Ritorno al futuro”, Lorraine crede che Marty si chiami Calvin Klein invece di Levi Strauss. Il cambiamento nel doppiaggio fu attuato perché all’epoca Calvin Klein in Italia era un brand poco conosciuto.
C’è poi da considerare la differenza tra gli adattamenti dei dialoghi di oggi e quelli di ieri in determinati generi. Negli anni ’80 diversi termini, modi di dire, icone pop e prodotti di uso comune in America, erano ancora praticamente sconosciuti in Italia, per cui si tentava di rimaneggiare i dialoghi per renderli quanto più usufruibili da un pubblico italiano. Il burro d’arachidi diventava “cotognata”, gli hot dog “panini”, e i marshmallow… venivano semplicemente rimossi dai dialoghi. Inoltre, le dinamiche del genere di commedia americana nascente in quegli anni e che oggi conosciamo a menadito, in Italia erano ancora totalmente pionieristiche, e gli adattatori spesso si trovavano in difficoltà nel dover tradurre battute che rischiavano seriamente di non far presa sul pubblico italiano, ed erano costretti a cambiare il senso di interi dialoghi.
Il risultato è che a quei tempi si riusciva a soddisfare quasi sempre le esigenze del pubblico, mentre oggi gli adattamenti di commedie come Animal House, Risky Business e l’intera filmografia di John Hughes risultano estremamente datati; determinando alle nostre latitudini l’inabissamento di film che in America sono considerati dei classici, molti dei quali conservati nel National Film Registry. Oggi la conoscenza di quel genere sia da parte degli adattatori italiani, che del pubblico, è da considerarsi pari a quella di oltreoceano, per cui in generale i doppiaggi delle commedie odierne sono fedeli e usufruibili. Tuttavia rimane ancora oggi uno dei generi a cui prestare maggior attenzione nel doppiaggio, a causa della peculiarità della recitazione comica di diversi attori spesso fondamentale nella riuscita della pellicola; che non sempre si riesce a replicare fedelmente nel doppiaggio.
Quali sono le situazioni in cui è consigliabile vedere un film in italiano? Innanzitutto, quando il doppiaggio è di alta qualità. Perché in quel caso si ha il privilegio assistere ad una forma d’arte in un’altra forma d’arte; un modo di godere due volte della stessa opera in maniera diversa, se poi si vuol vedere il film anche in lingua originale. Oppure ci sono casi in cui i dialoghi sono particolarmente repentini per gran parte del film ed è presente una componente estetica importante per la narrazione e l’atmosfera; si rischia così seriamente di limitare il proprio gradimento, se si è costantemente impegnati nella lettura del sottotitolo trascurando la parte visiva, almeno ad una prima visione (il tutto a maggior ragione se il film è ben doppiato).
Ci sono poi dei generi (come l’action ed l’horror ad esempio) in cui la recitazione degli attori spesso occupa un’importanza relativamente minore rispetto le altre componenti del film; quindi salvo casi particolari la visione in originale non è essenziale. Nei film di genere più introspettivi invece, lo spirito dell’opera può poggiarsi enormemente sul carisma dei suoi interpreti, ed in quel caso la componente uditiva ha la priorità. Questo data la natura spesso più pacata dei dialoghi che consente un’eventuale lettura più agibile. Si può assistere ad un doppiaggio in grado di replicare tale potenza, come ad uno che dirotti gli intenti della pellicola, ed è qui che scatta la facoltà di saper dire “Questo doppiaggio rovina il film”.
Ma quand’è che un doppiaggio può definirsi ben eseguito? In linea di massima, quando riesce a trasporre fedelmente lo spirito originale del film, utilizzando i doppiatori che siano più adatti sia all’attore che al personaggio. Regalandoci così prove di alta qualità e proponendo una versione adattata dei dialoghi che, nei limiti del possibile, non tradisca le intenzioni del film. Coloro che si occupano di ogni fase di questo processo sono i direttori del doppiaggio e gli adattatori dei dialoghi (non è insolito che entrambi i ruoli siano occupati dalla stessa persona). Sono loro che prendono in mano l’opera originale e la guidano al successo anche in Italia. Ce ne sono moltissimi, chi più attivo e chi meno; ma possiedono tutti delle caratteristiche nelle modalità di adattamento e nella direzione dei doppiatori completamente diverse tra loro.
Uno spettatore in possesso di nozioni avanzate in materia, riuscirà a fiutare l’identità di un direttore del doppiaggio già da un semplice trailer; tanto ogni stile risulti riconoscibile e personale. Questo sempre che il direttore e le voci del trailer siano gli stessi del film, cosa che non è assolutamente scontata.
Le sorti della qualità del doppiaggio di un film possono cambiare radicalmente se messe nelle mani di un determinato direttore o adattatore rispetto ad altri.
Perciò, data l’informazione non proprio eccellente che vige a riguardo, come fare per cominciare a prendere confidenza coi nomi e le nozioni fondamentali di questo affascinante mondo? Come acquisire la consapevolezza della qualità del prodotto e decidere se usufruirne o meno? Sta tutto alla propria volontà di arricchimento. Fino alla fine degli anni ’90 quello del doppiaggio era un mondo che si muoveva letteralmente nell’ombra ed erano noti solo pochi nomi essenziali; all’epoca reperire informazioni a riguardo era praticamente impossibile, mentre oggi esistono diversi siti in cui poter soddisfare le proprie curiosità.
Il più completo è sicuramente Il mondo dei doppiatori, fondato nel 2001 dal giovane appassionato di doppiaggio Antonio Genna. Consiste in un database di titoli cinematografici e televisivi in cui sono indicati il maggior numero possibile di nomi che hanno partecipato al doppiaggio; inoltre sono presenti forum in cui è possibile partecipare attivamente a discussioni su topic riguardanti film, attori, doppiatori e quant’altro. Inoltre è stata recentemente lanciata una nuova app rivoluzionaria nel campo del doppiaggio. Si tratta di VixVocal, disponibile per iOS e Android. Un applicazione che, un po’ come Shazam, riconosce le voci dei doppiatori, catalogati in un ricco database in costante ampliamento.
Queste sono le indicazioni basilari per valutare autonomamente quale versione del film visionare; le quali, come avete visto, hanno implicazioni più complicate rispetto la concezione di molti spettatori secondo i quali i film sono da vedere solo in lingua originale o doppiati. Il doppiaggio è una pratica che possiede sia degli aspetti positivi che negativi e che soprattutto può variare enormemente da caso a caso. L’unico modo per potersi orientare nelle proprie scelte è una valutazione personale in base ai propri gusti e alle proprie conoscenze, che può avvenire prima, durante e dopo la visione.
Quello che è certo, è che cominciare ad informarsi sull’argomento è da considerarsi un modo per rendere giustizia a questi magnifici artisti che da sempre accompagnano con talento e passione le nostre esperienze cinematografiche; professionisti capaci di trasmettere emozioni al pari degli attori a cui prestano la voce. Una forma di accrescimento culturale che può rivoluzionare la nostra concezione cinematografica in modi che non possiamo immaginare.