Difficile non voler bene a Mac Demarco, al suo sorriso che espone quello spropositato spazio tra gli incisivi, alla sua chitarra che si esprime sulle note del suo caratteristico soft rock stralunato ed un po’ malinconico.
Per entrare a nel fantastico mondo di Mac, non c’è niente di meglio di un’ascolto al suo secondo album Salad Days. Lo studio di registrazione di questo lavoro altro non è stato che l’appartamento dell’artista canadese, e questo non ha potuto che giovare al sound squisitamente Lo-Fi che lo contraddistingue.
Salad Days ha avuto un grandissimo successo dal suo rilascio, nel 2014, e la popolarità di Mac Demarco è schizzata alle stelle, ma lui sembra non essersi montato la testa e continua ad avere l’aria del classico coinquilino con cui condividere una birra mentre si parla della vita. Di fatti, la sensazione che si ha quando si fa partire quest’album è quella di tornare a parlare con un vecchio amico, ed al termine del disco effettivamente si può ascoltare proprio lo stesso Mac che saluta l’ascoltatore e si augura di rivederlo al più presto. Ciao a te, Mac.
Quest’album è una chicca, un piccolo capolavoro del garage rock degli anni 2000, ad opera di un artista totalmente sui generis.
La mente di Jay Reatard era probabilmente un posto meraviglioso, tanto da partorire un album come Blood Visions, che offre uno scorcio sui suoi pensieri, i suoi deliri personali, le problematiche della sua vita. Inoltre, da buon cantautore e polistrumentisa, Jay suona anche tutti gli strumenti che è possibile ascoltare in 14 dei 15 brani che compongono l’album.
Purtroppo, la sua prematura scomparsa nel 2010 ci ha privati del suo genio, e la sua discografia è composta da soli due album da solista. Se c’è un modo per onorare la sua memoria, e contemporaneamente addentrarsi nel garage/Lo-Fi rock più spensierato e scanzonato, quello è proprio appoggiare la puntina sul disco ed iniziare a far girare Blood Visions.