Bobby Dupea è un outsider cronico. Incapace di trovare il suo posto nella società, per questo sempre in viaggio. Un’avventura dopo l’altra, senza meta. Bob Rafelson mette in scena un personaggio di apparenze, dietro le quali si nasconde una certa malinconia, tuttavia mai espressa con chiarezza e forza. Questo il problema principale del film. Il messaggio, la forza della drammaticità, non riesce ad emergere in maniera abbastanza limpida. Per cui sembra concentrarsi di più sulla storia d’amore tra Bobby e le sue donne. Bisogna andare oltre per cogliere il vero spirito che Rafelson intende portare in vita. E allora l’opera diventa sofferente e frustrante. Bobby, membro di una famiglia agiata, lascia la sua vita, lascia tutto, per amore di una cameriera. Ma neanche questo gli basta, e da outsider frustrato quale è, lascia anche lei, per un altro dove sconosciuto.
Captain Fantastic – Matt Ross (2016)
Esordio alla regia per Matt Ross. Un esordio, per usare un gioco di parole banale, fantastico. Ben Cush insieme alla sua famiglia vivono nei boschi, lontano dalla civiltà ma più civili dei civili. Ben istruisce i suoi figli sia fisicamente che mentalmente. Una famiglia forte. Tuttavia quello di Ben è un anticonformismo dettato dall’odio e il disprezzo per la società. Una società dalla quale vuole stare lontano. Le cose cambiano quando muore la moglie, ed è costretto a tornare alla vita per partecipare al funerale di lei. Il viaggio darà loro l’occasione per rivalutare la sua protesta silenziosa. Deciderà di non privare i loro figli della vita, così come la desiderano. Piena. Matt Ross, come in Into the wild, compie una critica che va oltre la mera critica. Ross ricerca un equilibrio tra due estremi, il conformismo eccessivo e l’eccessivo anti-conformismo. In modo da ricavare il meglio da entrambe le parti.