Una pungente “satira” sullo star system di Hollywood, fulcro del mondo del Cinema. In questo quadro bestiale in cui si festeggia la morte di un bambino, Cronenberg porta in superficie l’escalation della persona dietro il personaggio, le anime corruttibili del jet set più famoso al mondo.
Una dark comedy/drama o anche, a detta del regista, un grottesco documentario sui generis, che rimanda velatamente alle figure oniriche lynchane e alle atmosfere della Sunset Boulevard di Wilder ma che lascia intendere la sua autoritariamatrice cronenberghiana:la mutazione, la morte, il deforme, ustioni, cicatrici, pillole ed incesti.
La mappa delle star è la rappresentazione del nauseante orrore mondano dove anche l’ingenuo candore della giovinezza è rovinato da questa American dream Factory che paradossalmente potrebbe purificarsi con il fuoco di Agatha, unico superstite dell’inferno cronenberghiano in cui si assolvono solo simulacri svuotati d’onore e decenza (“Hollywood brucia”).
“Nell’ambito delle polizze assicurative marittime, per “vizio di forma” si intende tutto ciò che non può essere assicurato in quanto impossibile da evitare, come le uova che si rompono, la cioccolata che si scioglie, un bicchiere che si frantuma“.Â
Doc si chiede cosa significhi quando applicato alle vecchie ex. In un certo senso il sunto di tutto il film.
Larry “Doc” Sportello, protagonista del romanzo omonimo di Thomas Pynchon da cui è tratto il film, è un investigatore privato. Un giorno ricompare nella sua vita Shasta, una donna con la quale ha avuto una relazione. La donna gli chiede di svolgere un’indagine per suo conto, riguardo Mickey Wolfmann, amante di lei. Questo pretesto catapulterà  Doc in un vortice allucinatorio in cui verranno a galla intrighi e complotti riguardanti il microcosmo della città di Los Angeles.
Paul Thomas Anderson, con il suo settimo film, genera una pellicola neo-noir perennemente in bilico tra il dramma e la commedia; adattando il romanzo di Pynchon frase per frase. Anderson attinge notevolmente dal panorama letterario e cinematografico poliziesco, mettendo in scena la tipica figura del detective privato che in un certo senso per amore o nostalgia, indaga per conto di una donna. Un investigatore che si ritrova coinvolto suo malgrado in situazioni più grandi di lui, dalle quali riesce ad uscire con non poche difficoltà . Scoprendo una serie di verità che faranno emergere complotti assai più intricati.
Anderson si dimostra essere uno dei registi più eclettici e talentuosi della sua generazione, seppur in una delle sue opere meno apprezzabili. “Vizio di forma” è una pellicola dal fascino magnetico e ipnotico, capace di allucinare lo spettatore, attraendo enormemente per gli aspetti tecnici e narrativi. Lo spettatore seppur non in grado di cogliere pienamente lo sviluppo, non potrà che rimanere affascinato per il lavoro del regista. Â