2) Seven (1995)
L’opera seconda di Fincher, Seven riprende tutti gli elementi del thriller incentrato sulla figura del serial killer. Tuttavia Fincher apporta piccole modifiche che risulteranno di grande impatto nella percezione dei personaggi messa in scena, da parte dello spettatore. Rappresentativi di una visione piuttosto pessimista e malinconica del mondo moderno. Un mondo brutale, sede di ogni ferocia e meschinità. Un mondo urbano e caotico in cui non è possibile trovare pace e tranquillità. Ora lo spazio filmico si fa espressione di questa visione del mondo, i luoghi in cui i personaggi prendono vita e si muovo sono luoghi suburbani in cui risuonano ridondanti i rumori della città, sirene, treni, spari ed elicotteri. Rumori che accompagnano lo spettatore durante tutta la visione a puntualizzare costantemente il caos. Fincher fonde al materiale proveniente dal thriller, a sua disposizione, elementi ripresi dal genere giallo o dal noir, nonché appunto i classici polizieschi. Il regista accorpa e rielabora il tutto in una storia che, seppur ormai radicata e ritrita, in un certo senso rappresenta una sorta di novità nel genere. Già dalla pellicola che porta il regista alla ribalta facendolo conoscere dal grande pubblico, Fincher si dimostra piuttosto capace nella gestione della messa in scena e nella costruzione dell’atmosfera che avvolge tutto il film. Lo spettacolo si caratterizza per una tensione costante che governa l’interno andamento della storia, rappresentato da una fotografia che tende cromaticamente alle tinte scure, fornendo all’opera un’aura grottesca e adrenalinica. Quella sensazione di noir proviene sicuramente dalla scelta delle ambientazioni, luoghi chiusi, scuri, claustrofobici in cui gli spettatori vengono condotti dai detective durante le loro indagini. Alcuni particolari come la quasi perenne pioggia che opprime e soffoca la città, o la scelta di usare torce e luci artificiali durante i sopraluoghi, palesa l’intento di Fincher. La colonna sonora amplifica ulteriormente queste sensazioni, accostando ai rumori diegetici della città, suoni extradiegetici di profonda angoscia. Fincher induce nello spettatore uno stato di perenne ansia lungo tutta la visione. Diversamente dai classici polizieschi hollywoodiani, la vittoria finale non è dei “buoni” ma del cattivo di turno. Fincher quindi ribalta le carte messe in tavola dagli standard hollywoodiani nel racconto poliziesco. Nessun lieto fine, nessun eroismo, nessuna vittoria. Solo la desolazione per quello che resta. L‘uomo buono soccombe alla volontà dell’uomo cattivo. Seven risulta essere una novità, un film più cinico e realista dei precedenti, dello stesso genere. Una pellicola che ha spalancato le porte a opere future, tra le quali film successivi del regista, per una reinterpretazione del conflitto tra bene e male.