Nel 2010 Fincher decide di narrare le gesta di Mark Zuckerberg, che nel febbraio del 2004 partendo da un piccolo social network universitario dedicato agli studenti di Harvard, The Facebook, creò il Facebook che conosciamo e che nel giro di 6 anni raggiunse i 500 milioni di utenti ed incoronò il suo creatore come il più influente personaggio dell’Era dell’Informazione (Vanity Fair, ndr.).
Aaron Sorkin aveva già fatto un grande lavoro di sceneggiatura con La Guerra di Charlie Wilson, quando ha accettato di occuparsi dell’ambizioso progetto di Fincher riguardo la stroria della nascita di Facebook. Decisione questa che gli è valsa un Premio Oscar per la miglior sceneggiatura non originale. Al netto di un prodotto finale decisamente discreto, il punto di forza del film è in effetti la sceneggiatura: Sorkin e Fincher curano la narrazione con dedizione minuzia di dettaglio costruendo un puzzle di flashback che non solo descrive l’affascinante storia di Zuckerberg e di Facebook, ma si cura di delineare con intelligenza e stile la personalità dei protagonisti, senza superficiali macchiettamenti. Garfield e Eisenberg (uno dei migliori nuovi volti hollywoodiani) sono più che convincenti nei loro ruoli, forse un po’ meno Timberlake, la cui indecisione però è contaminata dallo scarso spessore del suo personaggio, il meno riuscito dei tre. La colonna sonora tiene in tensione lo spettatore in quella che è una ricostruzione complessa, ben più complessa della realtà apparente. Fincher sceglie di confrontarsi con un mostro come Facebook e vince il duello, confezionando un film davvero notevole, capace di analizzare la verità a un livello di profondità maggiore e cupamente affascinante di quello offerto dalla mera cronaca.
The Social Network rappresenta l’ennesima prova della poliedricità di regista dimostrata negli anni da Fincher capace di portare sul grande schermo i più svariati generi narrativi.
L’amore è un’illusione, un rapporto di convenienza mascherato da buoni intenti e che può giungere al termine in qualsiasi momento.Gone Girl ci mette davanti ad una realtà scomoda, difficile da accettare ed in grado di turbarci nella profondità del nostro intimo. Il matrimonio può diventare la tomba di ogni sentimento, una landa destinata ad inaridire e a dare unicamente frutti marci e pieni di vermi. Un’amore che lentamente scivola e si trasforma in un odio taciuto e nascosto per il mantenimento di un’illusione, di un sogno a cui tutti vogliono credere.
La filosofia di Gone Girl prosegue così per tutto il film e giunge al culmine nella scena finale, che vede una coppia ormai distrutta, un lui e una lei, nello stesso letto in completo silenzio. Quello stesso ammasso di coperte e piume che per tanto tempo è stato il simbolo della loro unione, ora è unicamente un involucro per i loro corpi. Non si amano più, si detestano e dovrebbero essere da soli, uno lontano dall’altro, ma non fanno nulla. La solitudine è ben peggiore del condividere un’esistenza amara e quindi scelgono di rimanere insieme e a contemplare il vuoto di quella stanza, il loro.