4. John Coltrane – Giant Steps (1960)
John Coltrane è stato il sassofonista che più ha allargato i limiti del proprio strumento, e Giant Steps è l’album in cui meglio la sua arte si esprime. Il suono di Coltrane è incessante, compulsivo, schizofrenico. In ogni esecuzione il numero di note che suona è altissimo, vagando in ogni angolo di ogni scala musicale pur di esprimersi.
Per questo le canzoni di Giant Steps sono ingombranti, claustrofobiche, inarrestabili. Questo è forse il miglior album mai registrato da un sassofonista, anche per la validità delle tracce scelte.
Giant Steps, Spiral, Syeeda’s Song Flute e Mr. P.C. sono tutti indizi della prossima deriva astratta del jazz degli anni ‘60, della quale Trane sarà il protagonista. Spiral, in particolare, è il gioiello imperdibile di quest’album, con le sue melodie in discesa libera.
Tolta Naima, che è l’unica ballad, tutti i pezzi attraversano percorsi musicali impervi: della title track, per esempio, si dice che abbia la progressione di accordi più difficile da eseguire di tutta la storia del jazz. Ogni canzone è una specie di danza che parte da invenzioni melodiche eccezionali per poi girare su sé stessa e tornare al punto di partenza.