Il film Scarface, del 1983, di Brian De Palma, non ha certo bisogno di presentazioni. In molti non sanno che è un remake del cult cinematografico Scarface- Lo Sfregiato del 1932 di Howard Hawks. Se il primo era ambientato nella Chicago nel pieno proibizionismo, il remake del gangster movie è a Miami negli anni ’80 durante il traffico di droga. Il personaggio del cubano Tony Montana (interpretato da un magistrale Al Pacino) è una seconda versione del napoletano Tony Camonte (interpretato da Paul Muni) ed è ispirato alla figura di Al Capone, il noto mafioso statunitense di origini italiane simbolo del gangsterismo americano,che veniva chiamato proprio Scarface.
Scarface di Brian De Palma è divenuto un cult nel mondo cinematografico ed è da molti, ritenuto superiore al film originale. Seppur il film di Hawks sia di grande importanza storica, possieda il fascino degli anni 30′ , l’eleganza retrò del bianco e nero e sia a tutti gli effetti considerato un capolavoro del genere di quell’epoca che ha donato ispirazione a molte altre pellicole del futuro, il remake di De Palma si contraddistingue in maniera netta.
Per quanto lo Scarface di Paul Muni, elegante e al contempo rozzo, sia inimitabile e indimenticabile perché particolare e accattivante, il superbo Al Pacino (col notevole doppiaggio del mito che era Ferruccio Amendola) rimane una spanna sopra, sia per il talento inarrivabile che per l’estetica. La bellezza sofisticata anni ’30 di Karen Morley nel ruolo di Poppy, si contraddistingue per lo stile vintage. Ma come si può non restare a bocca aperta davanti alla sensualità innata di Michelle Pfeiffer nei panni di Elvira Hancock? Un personaggio decisamente più incisivo e importante? Ann Dvorak come Cesca è però il punto a favore dello storico Scarface. Entrambi i prodotti presentano due stili differenti.
Il primo film per quei tempi era superiore agli altri per la tecnica, la sceneggiatura e il finale crudo. E’ stato uno dei capostipiti dei gangster movie, nati negli anni ’30 ed è un evergreen che ha precorso i tempi. Il remake però è essenzialmente molto più dettagliato, particolare e presenta volgarità e tante scene marce e violente. La regia stratosferica, la fotografia, i costumi e la musica, rendono il film un evidente capolavoro. La pellicola è più approfondita, completa. Si concentra maggiormente sui personaggi, donando spiegazioni in modo che sia meno confusionario. De Palma ha svolto un sublime lavoro col suo efficace remake, ritenuto un cult indiscusso di rara bellezza.
Un remake migliore dell’originale? Sì, e senza ombra di dubbio la pellicola di Carpenter scavalca il predecessore. Proviamo a confrontare i due film.
Quando Stati Uniti e URSS si avviano nella corsa verso lo spazio, nel 1950, le storie di alieni e astronavi spaziali iniziano ad affascinare l’immaginazione di molteplici cineasti. Così un anno dopo il lancio del primo satellite nello spazio, il leggendario Howard Hawks porta negli schermi La cosa da un altro mondo (The Thing from Another World). La trama è simile tra le due pellicole; in una base americana in Alaska (nel remake si svolge in Antartide) isolata dal resto del mondo, precipita un disco volante dal quale viene estratto, rinchiuso in un blocco di ghiaccio, un organismo vegetale dalle sembianze umanoidi e con la macabra caratteristica di nutrirsi di sangue. A causa di una fatale distrazione il blocco si scioglie e la creatura (interpretata da James Arness) si risveglia seminando il panico nella base. La pellicola ha un cast di attori poco noti e nessuna delle performance è particolarmente memorabile ad eccezione di Douglas Spencer, la cui caratterizzazione del suo personaggio lo rende particolarmente odioso. Il film di Hawks pur essendo ispiratore di parecchie pellicole del genere realizzate negli anni successivi risente in maniera pesante della vecchiaia, con una messa in scena che ad oggi non è poi così spettacolare, e anche i dialoghi a tratti risultano ironici. Inoltre le numerose allusioni al clima politico negli Stati Uniti durante la Guerra fredda trasformano l’intrusione della creatura aliena nella base americana in una patetica metafora dell’invasore comunista, i cui stereotipi vengono messi in scena in maniera abbastanza palese. L’efficacia del film è soprattutto dovuta al modo con il quale si riferisce al contemporaneo contesto storico.
Ora abbiamo il remake o meglio, la reinvenzione del film, diretto dal grande John Carpenter, una delle più grandi pellicole di fantascienza mai realizzate seppur snobbato dal pubblico. Il regista riprende l’ambientazione delle sconfinate distese ghiacciate dell’Antartico (con atmosfere molto più claustrofobiche), e l’idea dell’astronave aliena sepolta sotto di esse, ma per il resto si differenzia abissalmente dall’originale. Collaborando con Rob Bottin, il maestro degli effetti speciali, i due riescono a creare e caratterizzare al meglio il design della creatura in tutte le sue sconcertanti e cruente mutazioni (dopo Alienera la norma che i mostri si mutassero più volte nel corso della trama). Carpenter poi dirige con enorme classe ogni singola sequenza creando tensione con i continui scontri tra i protagonisti. Il timore per il diverso, il tema delle malattie infettive (l’unico sistema per individuare la Cosa è analizzare il sangue dei componenti del gruppo), l’isolamento dell’uomo in desolanti ed innevati ghiacciai, sono queste le insicurezze che lo sventurato gruppo dovrà affrontare scontrandosi, più che con la Cosa, tra di loro. La tensione ci accompagna per tutto il film assieme all’eccellente colonna sonora di Ennio Morricone, al cast in stato di grazia e a un Kurt Russel nel suo apice di carriera. Tutti questi elementi, uniti ad un equilibrio perfetto tra la spettacolarità horror fantascientifica e la tematica psicologico-sociale, rendono The Thing uno degli horror/fantascientifici più grandi degli anni 80′.
1) The Departed – Il bene e il male, di Martin Scorsese (2006)
L’ambivalenza del bene e del male, elementi in costante lotta dentro di noi, è il fulcro di questo film diretto da Martin Scorsese. Quale parte prevalga viene deciso dalla nostra crescita e dall’ambiente in cui viviamo, gli aspetti di maggiore influenza sulla nostra identità. Come non è facile definire con precisione il bene e il male non è facile scegliere tra originale e remake. In questo caso The Departed è la versione statunitense di Infernal Affairs, film di Hong Kong e ambientato nella città stessa. Un film dalle classiche ambientazioni e atmosfere dei polizieschi di Hong Kong, dal montaggio dinamico, ricco di zoom e movimenti di camera. Scorsese in questo caso sceglie invece di tenere la camera più fissa dando al film un ritmo più lento.
I film rappresentano un approccio differente alla stessa storia, ne è un esempio perfetto la scena finale. Da una parte DiCaprio viene freddato in un istante lasciandoci scioccati. In Infernal Affairs un montaggio più meditativo, ricco di flashback cerca di essere più toccante. Entrambi rappresentano perfettamente quello che il film è stato fino a quel momento. Un film molto crudo ed emozionante dal chiaro stampo americano e una pellicola più sottile e controllata, ma soprattutto con un approccio più metaforico.
Entrambe le pellicole sono valide nel loro contesto, esplorando la vicenda differentemente. The Departed non è come valore assoluto la pellicola migliore, ma racconta un mondo più vicino al nostro. Una città occidentale, Boston, pregna di malavita e corruzione. Scorsese riesce perfettamente nel donare realismo alla vicenda senza che questa acquisisca ulteriori significati, a parte la forte idea di identità che contraddistingue il film. Proprio i due protagonisti possono essere visti come le facce della stessa medaglia, cresciuti in un contesto simile ma capaci di sviluppare personalità differenti. La lotta tra i due film è riassumibile in questo concetto, una versione più realista e cruda, contro una più metaforica e profonda. Quale preferisce la scimmia per una storia di questo tipo già lo sapete. Nel video di seguito avete la possibilità di osservare i due stili a confronto.