One Too Many Mornings è una delle più belle canzoni di Bob Dylan.
Contenuta nell’album The Times They Are A-Changin, uscito nel 1964, è passata, tuttavia, quasi sotto traccia all’epoca. Sua “sfortuna” lo strepitoso successodella title-track, ancora uno dei pezzi maggiormente iconici del menestrello di Duluth.
Particolarmente legato a questo brano è Steve Jobs, il fondatore della Apple, il quale, durante un’intervista, dichiarò che proprio One Too Many Mornings fosse la sua canzone preferita.
Proviamo a tirarne fuori qualcosa.
“Down the street the dogs are barkin’ and the day is a-gettin’ dark. As the night comes in a-fallin’ all the dogs will lose their barks.”
“Giù in strada i cani stanno abbaiando e il giorno si sta facendo scuro. Non appena arriverà la notte in un istante, i cani perderanno i loro latrati.”
Dylan introduce l’ascoltatore alla scena che lui osserva dall’alto.
Forse vede anche sé stesso in questa strada ancora riscaldata dagli ultimi bagliori del giorno, vicina al tramonto. L’immagine è semplice, ma evocativa. Il tramonto è l’ora del giorno in cui le anime lievi e spensierate, i cani, si apprestano a riposare abbandonando i propri affanni di poco conto. Basta infatti che cessino i loro latrati perché la notte, in un attimo, venga silenziosa e pacifica.
“An’ the silent night will shatter frome the sounds inside my mind, for I’m one too many mornings and a thousand miles behind.”
“E la notte silenziosa sarà distrutta dai suoni nella mia mente, perchè sono rimasto indietro di un mattino di troppo ed un migliaio di miglia”
Per la prima volta nel brano, il cantautore, esce dalla dimensione spaziale e temporale per immergersi nel proprio lato emotivo. Un uomo pensieroso, straziato dai suoi stessi pensieri. Lo lasciano sveglio, solo ed indietro rispetto agli altri uomini, i quali, liberi di riposare, riescono ad abbandonare la notte al suo silenzio e a dimenticare i propri problemi tra le braccia di un’accogliente incoscienza.
“From the croassroads of my doorstep my eyes they start to fade, as I turn my head back to the room where my love and I have laid. An’ I gaze back to the street, the sidewalk and the sign. An’ I’m one too many mornings and a thousand miles behind.”
“Dal gradino della mia porta il mio sguardo comincia a sfuocare, quando volto la testa indietro alla stanza dove il mio amore ed io siamo stati insieme. E ritorno a fissare la strada, il marciapiede ed i segnali. E sono rimasto indietro di un mattino di troppo e di un migliaio di miglia.
Nella seconda strofa Dylan ritorna nel concreto.
Allora, eccolo lì, a metà tra la strada e la propria casa guardare con occhio ansioso, ma quasi calmo allo stesso tempo, il letto. La sede di quell’amore forse più bramato e costruito con la propria immaginazione che realmente sentito.
Distratto e pensieroso, allora, si volta alla strada, al mondo là fuori, a cercare un segnale di sé fuori dalle mura nelle quali è stato consumato quell’amore lieve, ma non soddisfacente. L’amaro in bocca e il senso di rassegnazione, seppur ben celati nella delicata immagine evocata, pulsano, si fanno vivi trasparendo con forza dai versi.
“It’s a restless hungry feeling that don’t mean no one no good. When everything I’m a-sayin’, you can say it just as good. You’re right from your side, I’m right from mine. We’re both just one too many mornings and a thousand miles behind.”
“E’ un sentimento inquieto ed affamato che non dice nulla di buono. Se tutto ciò che dico, puoi dirlo tu altrettanto bene. Hai ragione dalla tua parte, io ne ho dalla mia. Siamo rimasti indietro di un mattino di troppo e di un migliaio di miglia.”
Nuovamente e finalmente ritorna in sé stesso.
Sposta la sede della propria ricerca dai luoghi dov’è vissuto e finito quell’amore, ai luoghi in cui è stato creato, nella sua razionale irrazionalità.
Comincia e termina qui la spietata auto-analisi. E’ questo sentimento irrequieto ed affamato quello che ha divorato un rapporto già morto sul nascere. L’affannosa e debilitantericerca dell’uomo si fa, oltre che irresistibile, incomunicabile alla compagna. Si fa incomunicabile a chiunque. Ogni parola, ogni discussione possono andare avanti all’infinito senza che la ragione, per questo, prediliga un lato o l’altro.
Lei, la sua dialettica, i suoi discorsi pienamente sensati e logici, inappuntabili. Lui, la sua incomunicabile insoddisfazione cronica, il suo ego insaziabile e ansioso, avido di ricerca.
Stavolta sono entrambi ad essere rimasti indietro.
Forse hanno solo perso del tempo, forse no. I giorni intanto passano, la strada corre e ogni esperienza sulla strada non fa altro che alimentare una fame irrefrenabile.
Loro lì, a percorrere una strada probabilmente senza fine.
Sì, soli, ma forse ancora un po’ di più padroni di sé stessi.