Dopo la piacevole sorpresa con l’album di debutto omonimo, i Royal Blood tornano con una nuova fatica in studio.
How Did We Get So Dark? è il titolo dell’opera e si presenta come la naturale evoluzione del primo lavoro.
L’album apre subito con la traccia che lo nomina, un brano che riesce a far intuire i primi cambiamenti nel sound del gruppo. Niente di stravolgente, ma già dal primo ritornello si possono ascoltare dei cori che accompagnano la voce di Mike Kerr in modo molto presente. Oltre alle sonorità, anche il testo ricama ciò che troveremo all’interno dell’intero lavoro.
Terminata la title track sarà subito l’ora del primo singolo estratto: Lights Out. La traccia è perfetta per fare da filo conduttore con il resto dell’album visto che prosegue le sonorità della prima canzone rafforzandole.
Possiamo ascoltare un ottimo lavoro per quanto riguarda le parti ritmiche di Ben Thatcher, con groove coincisi che fungono da collante e riempimento contemporaneamente.
Il basso risulta ben studiato sia per accompagnare la voce che nelle parti soliste, in cui possiamo farci trasportare da intensi intrecci di note gravi e fill acuti. La parte vocale risulta forse la più elaborata e riuscita dell’intero album, mantenendo una giusta enfasi nei ritornelli.
Il resto dell’album scorre veloce come una freccia, in pieno stile Royal Blood, assegnando il compito a I Only Lie When I Love You di portare un tocco più pop e subito dopo a She’s Creeping la parte più innovativa sia a livello vocale che musicale.
Quest’ultima appare come una canzone difficile da apprezzare in un primo momento, capace però di spezzare in modo intelligente le linee più lineari delle altre canzoni unendo le dissonanze delle strofe all’armonia dei ritornelli. Con Look Like You Know si torna sul tema che apre l’album, con un’impronta più pop che mantiene però costantemente alto il tiro grazie al corposo basso. Where Are You Now spinge sull’acceleratore con linee veloci che crollano su tempi dimezzati e potenti, un’alchimia ben gestita che in alcune sezioni ricorda gli spettacolari fill del Southern Rock.
In Don’t Tell abbiamo quella che possiamo considerare la ballata dell’album. I Royal Blood non si affidano chiaramente a lunghi arpeggi o violini per rendere leggero il brano, ma a un effetto tremolo per il basso e groove leggeri ma ben ritmati per la batteria. L’utilizzo di una ballata come settima canzone è funzionale per far sì che l’ottavo pezzo, Hook, Line & Sinker, risalti in modo più netto.
Ci troviamo infatti di fronte alla canzone più articolata dell’intero album. Possiamo apprezzare come il basso, diviso in grave e acuto tramite un effetto pitch, segua la linea vocale donandole spinta e melodia, mantenendo alto il tiro e la pressione sonora.
Le ultime due traccie si portano su un livello più pop e leggero rispetto alle altre.
Hole in Your Heartapre la porta, per la prima volta, a un nuovo strumento, un synth dagli accordi netti e ridondanti, con una progressione che ricorda molto Figure It Out del primo album. La traccia di chiusura invece lavora più sulle melodie Southern trovate anche in Where Are You Now, questa volta spalmandole per tutta la lunghezza della traccia. Sleep risulta da subito molto orecchiabile e capace di trascinare in modo deciso la chiusura di un progetto ottimamente pensato e lavorato.
C’è un piccolo neo in tutto questo che lascerà i fan della band un po’ spiazzati.
Come fu per il primo album, che vedeva 3 pezzi bonus per l’edizione giapponese, anche in How Did We Get So Dark? ci saranno due tracce presenti solamente nel 45 giri dell’album a tiratura limitata.
Per quanto si possa vedere come un premio per i più accaniti, risulta sempre un peccato non ritrovarsi due composizioni in più dentro al proprio disco. Le tracce incriminate sono Cheap Affection e Half the Chance, entrambe ottime canzoni degne del sound dei Royal Blood e che speriamo poterle ascoltare in digitale il prima possibile sui principali portali.
Ricordiamo che i Royal Blood saranno a Milano il 2 Novembre per l’unica data italiana del tour.