12 Pessimi Film di Grandi Registi [LISTA]

Quando si fa un passo falso, nonostante una brillante carriera, è sempre una delusione. Eccovi dieci esempi: 10 pessimi film di grandi registi.

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Okja, Bong Joon-ho (2018)

Okja

Fresco vincitore della Palma d’Oro a Cannes con l’acclamatissimo Parasite (qui la nostra recensione), Bong Joon-ho è il regista coreano che forse più di tutti è riuscito a far breccia nel cuore del pubblico occidentale odierno.

Dopo il successo di The Host e gli ottimi riscontri ottenuti con il suo primo film in lingua inglese, Snowpiercer, l’autore lancia un nuovo progetto prodotto da Plan B Entertainment  distribuito da Netflix: Okja.

Nonostante alcuni intuizioni visive e alcuni momenti divertenti, il film fallisce nel suo intento primario. Quella che voleva essere una velenosa satira del capitalismo cattivo e delle sue strategie comunicative, si determina invece come un’opera fin troppo elementare, fastidiosamente intrappolata in una dialettica eccessivamente stereotipata.

Ad un livello prettamente superficiale, Okja è un film che può colpire: è infatti impossibile non empatizzare con la piccola Mija e il suo super maiale. I più sensibili si ritroveranno sicuramente a tifare per loro contro la malcelata malvagità del capitalismo.

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Il problema è che spostando questo velo emozionale, ci troviamo davanti ad una satira esasperata ed abusata, ricca di simbolismi banali e mai veramente incisiva. Avvinghiato nella sua stessa creatura, Bonh Joon-ho non riesce ad affondare il colpo, donandoci un’opera anonima che non sa bene dove andare a parare. Un vero peccato.

Insomnia, Christopher Nolan (2002)

Insomnia

“La trottola si ferma o no?”

Remake di un omonimo film norvegese, Insomnia è probabilmente il punto più basso della carriera di Christopher Nolan. Dopo l’ottimo Memento, Nolan torna a buttarsi nel thriller senza riuscire a replicarne il risultato finale. Nonostante la sua abilità nel creare e mantenere la tensione, il regista resta intrappolato in una sceneggiatura non all’altezza.

Il film è sostanzialmente scisso in due: se da una parte è apprezzabile il racconto del deterioramento psicologico del protagonista attraverso la regia, progressivamente sempre più convulsa e sconnessa, dall’altra il thriller non offre particolari slanci.

I crocevia tipici del genere risultano spesso forzati, guidati da coincidenze fin troppo facilone. Nolan è abile nel costruire la tensione, aiutato anche da una location, l’Alaska, che è parte integrante del racconto: non contorno ma vera linfa vitale per la narrazione.

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Purtroppo la pochezza delle svolte narrative rende la costruzione visiva futile, a tratti fine a se stessa: un’ottima prova di stile che si scorda di mettersi al servizio del genere che sta raccontando.

Un film scisso e sospeso, un giro di trottola dagli esiti incerti.

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Si ringrazia Ettore Bocci per la collaborazione.

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