Il passaggio tra il secolo Ottocento e il Novecento assiste all’irruzione sulla scena europea di numerose avanguardie artistiche e letterarie, il cui obiettivo comune è il rinnovamento. Gli artisti avvertono l’esigenza di qualcosa di nuovo che operi un processo di svecchiamento delle forme non solo artistiche ma anche sociali e culturali, percepite ormai obsolete e capaci di collassare su se stesse. Il Novecento si configura come un secolo di rottura con il passato, con la tradizione, che si traduce in ambito socio-culturale come una ribellione nei confronti del mondo dei padri, da un punto di vista generazionale in contesti familiari, e nei confronti del sistema borghese ormai in declino, da un punto di vista che divide la società in classi di appartenenza. Al pari di altre avanguardie contemporanee, ma in maniera più decisiva e diretta, l’Espressionismo è in grado di cogliere e di rappresentare, attraverso le opere centrali del movimento, il disagio e l’insofferenza di individui ormai privati della propria individualità, privati di ogni certezza sul presente e garanzia sul futuro.
Lo specchio demoniaco : Il cinema come riflesso della società
Gli espressionisti invocano un ritorno ad un passato mitico, a quelle civiltà primitive considerati più “naturali”
Gli artisti tedeschi avvertono i timori e i dubbi nei confronti di una società in cui avanza infido il germe dell’odio, della paura e della violenza. Una società che si incammina sulla strada del conflitto totale, inseguendo interessi economici e politici, celati dietro ideologie nazionaliste, che in nome dell’ideale di patria e popolo pongono gli uomini gli uni contro gli altri. Il progresso tecnologico e industriale diventa fenomeno propulsivo dell’alienazione umana nelle città e nelle fabbriche, nelle quali agli esseri umani si affiancano le macchine. E’ l’inizio di un processo che porterà alla sostituzione di operai e lavoratori con macchinari, considerati più efficienti, produttivi e meno dispendiosi. In questo modo, per incrementare i propri guadagni, dirigenti statali e capitani d’industria danno vita ad una diffusa disoccupazione che getta i vari paesi in profonde crisi economiche, a causa delle quali gli individui si sollevano frustrati e pieni di risentimento nei confronti del sistema sociale. Alla crisi socio-economica si aggiungono gli orrori della guerra, un modo tutto nuovo di condurre il conflitto, rinnovato nella tecnica, negli armamenti e nella strategia; cui i soldati sono costretti a subire la violenza e la barbarie senza precedenti storici. La modernità assurge a simbolo dell’angoscia e dell’orrore perpetrati nel mondo, di cui è intesa come causa primaria. In quest’ottica gli artisti espressionisti assumono nei confronti della contemporaneità un atteggiamento ambiguo e contraddittorio, si fanno portavoce di una critica radicale nei confronti della modernità e della metropoli, nella quale tuttavia essi maturano la propria ideologia e concezione artistica e con le quale intrecciano un rapporto indissolubile. In opposizione al progresso e alla fede positivista, nella quale si racchiude l’ideologia borghese e la speranza che sia proprio il progresso a condurre l’umanità ad un futuro pacifico, gli espressionisti invocano un ritorno ad un passato mitico, a quelle civiltà primitive considerati più “naturali”. Tuttavia, nel quadro dell’obiettivo comune delle avanguardie, un ritorno alla tradizione si presenta meramente utopico; quanto più gli intellettuali portano avanti un progetto di superamento della tradizione stessa. Ciò esplicita il carattere fortemente radicato nella modernità della nuova concezione estetica. E’ proprio il moderno, l’orrore della guerra, la povertà dei sobborghi, la frustrazione del proletariato che emerge nelle opere degli artisti più influenti del movimento. Costruite su immagini altrettanto forti in cui emerge la nuova estetica del “brutto”, capace di rappresentare quella realtà di sconvolgimenti e trasformazioni che la società vive, le opere cinematografiche dirottano l’attenzione dell’opinione pubblica sulla realtà degradata dei ghetti e delle periferie invase dalla massa proletaria. Emerge la realtà che caratterizza le metropoli tedesche in cui gli individui sono costretti a subire il proprio destino senza alcuna possibilità di riscatto, assoggettati al crimine e alla violenza. Città che assumono sembianze deformi e grottesche nelle scenografie di “Das Cabinet des dr. Caligari”, “Nosferatu, eine Symphonie des Grauens” e altre pellicole tipiche del periodo espressionista, in cui si manifesta il disorientamento della nuova categoria di cittadini di fronte a edifici sempre più alti e imponenti, e le loro paure e timori verso figure demoniache e misteriose, che simboleggiano metaforicamente le figure di tiranni che si affacciano sulla scena politica europea. Il cinema espressionista proietta lo spettatore nella sfera del tetro e del macabro, suscitando le paure profonde della psiche umana, in un’epoca di cui la paura è una caratteristica costituente. Simbolo assoluto della visione apocalittica cui è destinata la società: “Metropolis”, di Thea von Harbou, di cui Fritz Lang produsse la versione cinematografica, è il grido d’angoscia della nuova generazione che si scaglia contro la freddezza e il cinismo della ragione, cui si vuole sostituire in una nostalgica chiave tardo-romantica il concetto di “sentimento”. Metropolis è un enorme agglomerato urbano in cui sono portate all’estremo le conseguenze di una società industriale e capitalista, in cui le masse vivono con frustrazione e insofferenza la subordinazione del lavoro in fabbrica e nei ghetti. Nella pellicola la qualità visionaria dell’opera trova la sua massima espressione. L’orrore e l’angoscia dell’epoca risiedono negli imponenti edifici, nelle strade enormi, nei macchinari che divorano affaticati operai. L’obiettivo dell’opera è il richiamo ad un’utopia in cui si prospetta la speranza e la fiducia in un’umanità unità. Sebbene l’Espressionismo avesse esaurito le proprie energie già nel corso degli anni ’20; al cui duplice atteggiamento nei confronti della modernità si era sostituita una decisa e chiara fede nel progresso tecnologico, senza tuttavia chiudere gli occhi di fronte alle evidenti contraddizioni; da esso si genera una nuova concezione estetica definita “Neue Sachlichkeit”. Gli esponenti di questa nuova idea di arte si trovano a vivere in una condizione assai difficile. Numerosi artisti sono costretti alla fuga, all’esilio volontario, oppure a tacere o ancora a collaborare con il regime autoritario per timore di ripercussioni. Come nel resto dell’Europa, le varie ideologie nazionaliste, le dittature fasciste e il secondo conflitto mondiale, che assume proporzioni addirittura maggiori del primo; portano alla conclusione di quel fenomeno delle avanguardie artistiche che si erano sviluppate.