4 aspetti che rendono ‘Zodiac’ il miglior thriller del 21esimo secolo

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4. L’ossessione personale del regista

Le vicende di Zodiac si incrociano nella vita di David Fincher molto prima dell’uscita del film nelle sale cinematografiche, il regista difatti trascorse l’infanzia nella Baia di San Francisco, esattamente nel periodo in cui l’assassino terrorizzava la città. Tra i tanti tentativi di Zodiac di comunicare con i mass media attraverso le varie lettere inviate alle testate giornalistiche della città, una in particolare coinvolse personalmente da vicino il regista. L’assassino infatti minacciava di far esplodere i pullman che portavano a scuola i bambini (tra cui un giovane Fincher), fino al comunicato del 9 novembre al Chronicle nel quale annuncia che non avrebbe più rivendicato nessuno dei suoi omicidi.

Fu una sorta di uomo nero per moltissimo tempo e poi, quando smisero di parlare di lui o di scriverne, all’improvviso fu come se non fosse successo nulla. Ho un ricordo molto nitido, quando la mia famiglia lasciò la Bay Area, di me che guardavo fuori dall’auto dei miei genitori e pensavo: L’avranno catturato quello Zodiac? Quando ho avuto tra le mani la sceneggiatura che James Vanderbilt aveva tratto dal libro di Robert Graysmith su Zodiac non ho potuto abbandonarla neanche per un attimo. (Fincher)

Un ossessione rimastagli dentro per molti anni e anche per questa ragione il film non racconta la storia del serial killer, semplicemente perché non si sa se chi è stato, se ha agito sempre da solo oppure assieme ad altri complici. Fincher non ci offre certamente una soluzione a un caso che non ne ha realmente avuta una, ma sperimenta attraverso il cinema la possibilità di rimanere nella paura e nella paranoia, senza che queste siano rivelate in alcun modo anno dopo anno, trasformandosi in incubi invisibili.

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david fincher