4 aspetti che rendono ‘Zodiac’ il miglior thriller del 21esimo secolo

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David Fincher al suo sesto lungometraggio cambia totalmente registro e torna riscrivendo il genere thriller dei film sui serial killer. A differenza dei vari trascorsi cinematografici (come nell’acclamato Se7even) qui il regista non ci immerge nell’ennesima caccia all’assassino. Zodiac, che al tramonto degli anni ’60 tinse di rosso la città di San Francisco agendo apparentemente in maniera illogica, in questo film rimane solamente una misteriosa presenza invisibile sullo sfondo dello schermo. La pellicola di stampo quasi documentaristico si racconta invece attraverso gli occhi del gruppo di personaggi coinvolti nella meticolosa e inestricabile ricerca dell’assassino, che persiste anno dopo anno attraverso indagini complesse e piste che poi si riveleranno false, cosparse di codici ed enigmi, divenendo infine un ossessione che logorerà le loro vite. Ma cosa rende realmente Zodiac il miglior thriller del 21 secolo? Noi vi elenchiamo almeno 4 motivi:

1. Il cast

Tra tutti gli eccezionali interpreti presenti nel film ovviamente spicca il trio di protagonisti con quelle che sono tra le migliori interpretazioni della loro carriera, l’alchimia tra i tre rende ancora più memorabili le scene nelle quali li vediamo interagire nei loro ragionamenti ad alta voce, approfondendone le caratteristiche e sviluppandoli gradualmente nel corso della storia. Troviamo un grande Mark Ruffalo nei panni del frustrato Toschi, un detective che indaga sugli omicidi commessi da Zodiac, arrivando vicinissimo alla soluzione del caso prima di essere definitivamente allontano dalle indagini con conseguente perdita della carriera. Il vero protagonista è però il poliedrico Robert Graysmith (Jake Gyllenhall), un giovane vignettista appassionato di codici ed enigmi che assieme al giornalista del San Francisco Chronicle, Paul Avery (Robert Downey Jr.), si improvvisano detective nel tentativo di dare un volto al killer che conseguentemente diventerà per loro una vera e propria ossessione. Inoltre ogni personaggio che affianca i protagonisti risulta azzeccato come William Armstrong (Anthony Edwards), il secondo detective che affianca Toschi nelle sue indagini o Chloë Sevigny che interpreta Melanie, la moglie di Graysmith, che assieme ad altri personaggi minori rendono ancor più affascinante la pellicola con la sola pecca di non essere ulteriormente approfonditi, rimanendo quindi marginali all’interno della storia.

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