I 13 migliori film del 2015 secondo la Scimmia (in ordine di gradimento)

Condividi l'articolo

La redazione della Scimmia al completo si è espressa per nominare i film più amati del 2015. Questa classifica comprende i migliori film prodotti proprio nel 2015, tuttavia numerosi titoli che avrebbero meritato posti di rilievo nella lista sono stati inseriti in un’altra classifica, che sarà pubblicata al più presto, vale a dire la classifica dei film passati inosservati nel 2015.
E’ importante precisarlo perché molti di questi film, finiti in fondo o fuori classifica, sono in realtà dei titoli molto interessanti che hanno l’unico difetto di essere stati visti da poche persone.

Come si legge questa classifica: Il criterio con cui è stata composta è semplice. Ad ogni redattore è stato chiesto di nominare un massimo di 10 film per l’anno passato e i film col maggiore punteggio sono finiti più in alto nella classifica. Ci sono numerosi pari merito, dalla sesta all’ottava posizione in poi. In classifica sono rientrati solo i film che hanno ricevuto almeno sette voti.

Questo articolo non è frutto della mente e della mano di un solo autore, ma è da intendersi come scritto e pensato dall’intera redazione, dato che molti membri di essa hanno partecipato alla sua stesura.

Classifica tiratissima con la sfida per le prime posizioni che si è decisa davvero per pochissimi voti di vantaggio.

10) Ad aprire la classifica tre film, che comprendono una doppietta di pellicole italiane. Tutti quanti hanno ricevuto 7 voti.

Suburra, di Stefano Sollima

suburra 2015 foto 07

Piove sempre nella Roma di Suburra: una pioggia che il male non lo lava, ma lo porta in superficie. Siamo nel 2011, anno che segna la fine di Papa Benedetto XVI e di Silvio Berlusconi. Per realizzare il progetto Water-front, che trasformerà Ostia in una nuova Las Vegas, serve il sostegno di Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino), politico di destra immerso negli affari della malavita, Numero 8 (Alessandro Borghi), nuova leva della mafia romana, e Samurai (Claudio Amendola), potente boss e ultimo esponente della Banda della Magliana. A complicare tutto entreranno in gioco anche il PR Sebastiano (Elio Germano), Viola (Greta Scarano), fidanzata di Numero 8, e Manfredi (Adamo Dionisi), capo della banda degli “Zingari”. Tutto questo sette giorni prima dell’Apocalisse, prima che Roma crolli, prima che tutto finisca.
“A mio padre”: le poche lettere che Stefano Sollima dedica al defunto padre Sergio alla fine della sua opera più grande ed efficace, sono da considerarsi un episodio estremamente significativo per la nuova era dei film italiani. Non solo perché dimostra che il cinema nel nostro paese può nuovamente andare a braccetto con il genere, ma che questi tipi di film possono essere realizzati con uno spirito italiano che appartiene solo a chi ha respirato il nostro cinema fin dalla nascita. E non poteva essere altro che il figlio del regista di Faccia a faccia e Corri, uomo corri a restituire questa italianità perduta. Nelle parole dei protagonisti di Suburra non sentirete mai strizzate d’occhio al cinema americano; e anche se le vedrete nel montaggio e nelle azioni degli stessi personaggi, non le troverete interessanti, perché sommerse da dialoghi (e atmosfere) profondamente italiani. Dopo la romanità di Romanzo Criminale e la napoletanità di Gomorra, Sollima ha trovato l’Italia, e il pubblico lo ha ripagato. Ecco perché Suburra è un film importante.

LEGGI ANCHE:  Bardo - La cronaca falsa di alcune verità: Recensione del film di Iñárritu

(a cura di Francesco Nardini)

 

Youth  La giovinezza, di Paolo Sorrentino

hero Youth 2015Il cinema di Sorrentino come pochi riesce a dividere pubblico e critica, e spesso viene tacciato di vacuità, di mestizia e lentezza. Ma forse è ciò che Sorrentino vuole raccontare nelle sue pellicole, il vuoto, la sconfinata malinconia dell’uomo che vive in un presente che sembra ormai non avere più nulla da offrire e che guarda ad un passato glorioso che fu. Così Youth mette in scena quell’uomo. Fred Ballinger e l’amico Mick Boyle, rispettivamente compositore e regista, sono due grandi personalità nei loro ambiti, ormai vecchi e stanchi e alla fine delle loro carriere e delle loro vite. Si ritrovano in vacanza in Svizzera, un luogo ameno e di contemplazione, lontani dal mondo. E qui ripensano alle proprie vite, ai propri ricordi, alle persone che ne hanno fatto parte. Sorrentino rappresenta ora lo sconforto, il decadimento morale e fisico di uomini che hanno vissuto una vita grandiosa, pur sempre con quella vena di malinconia e incapacità di adattarsi. Così come per “La grande bellezza“, “This must be the place” o “L’uomo in più“, Sorrentino racconta storie strazianti di chi non si sente parte del mondo, e vive con frustrazione. Seppure meno affascinante e riuscito delle opere precedenti, Youth regala comunque momenti di grandi bellezza estetica e compositiva. Sorrentino si dimostra ancora una volta un grande artista e poeta della pellicola, creando con la sua ultima opera immagini forti di grande visionareità accompagnati da musiche che riescono continuamente ad esaltarne la potenza figurativa. 

LEGGI ANCHE:  Django Unchained - 7 curiosità sul film di Tarantino

(a cura di Aurelio Fattorusso)

 

La grande scommessa, di Adam McKay

La grande scommessa

La grande scommessa che dà il titolo al film è la stessa compiuta dal regista nel realizzare questa pellicola: attorniato da un cast stellare, Adam McKay ha voluto raccontare la bolla del mercato immobiliare americano che ha portato alla gigantesca crisi economica del 2008 attraverso la pura verità, senza risparmiarsi dubbi morali, macchinose spiegazioni ed un impervio linguaggio tecnico. Ciò che ne esce è un film di complicate minuzie destinato però al più ampio pubblico possibile, dove le scommesse dei personaggi sul futuro del mercato si mescolano tra loro attraverso differenti storie, soavi rotture della quarta parete, un dinamico montaggio e la curiosità da parte dello spettatore di scoprire la verità dietro le vicende. La perfetta combinazione tra l’intrattenimento richiesto dalla finzione e la realtà imposta dalla storia.

(a cura di Eduardo Bigazzi)