7) The Hateful Eight (2015)
C’è posto per un’altra persona?
Notevole balzo in avanti rispetto alla posizione precedente, The Hateful Eight porta a casa 90 punti.
Tutti i film di Tarantino messi in una giocosa classifica. Dal peggiore al migliore, ripercorriamo tutta la filmografia del grande regista
C’è posto per un’altra persona?
Notevole balzo in avanti rispetto alla posizione precedente, The Hateful Eight porta a casa 90 punti.
Hateful Eightè una pellicola fatta di attese, di momenti di silenzio e di dialoghi ben strutturati, mirati a costruire un’atmosfera cupa e di tensione. Un’opera che segna un ritorno alle origini per Tarantino, una riscoperta di quelle atmosfere claustrofobiche, di piccole dimensioni, ma capaci di contenere al loro interno un grande cosmo di emozioni e di storie. Un film che oltre ad essere un omaggio a “Le Iene” è anche un grande elogio a La Cosa di Carpenter, pellicola a cui si ispira per costruire le sue ambientazioni nevose e le sue situazioni di stallo. Hateful Eight è una delle massime rappresentazioni della filosofia tarantiniana, caretterizzata da una regia solidissima ed una fotografia in grado di portare lo spettatore in quella landa desolata e ghiacciata insieme ai protagonisti. Mai banale, ricco di tensione e con una sceneggiatura incredibile alle spalle, Hateful Eight è un’opera che rimane impressa e che con il passare del tempo non può fare altro che insinuarsi sempre di più nel cuore dello spettatore. Menzione particolare va invece all’intero cast che fornisce interpretazioni di grande livello, capaci di sorreggere le svariate situazioni all’interno della pellicola e per tutta la sua durata.
(a cura di Davide Roveda)
Ehi vedi di…dacci un taglio daccordo? Tieni chiusa quella bocca.
Beh ma…
Non voglio sentire neppure una cazzo di parola, chiaro?
D’accordo Louis.
A pochi punti di distanza un film che ha spesso diviso in due il fronte dei cinefili, tra chi lo mette tra i migliori di Quentin e chi tra i peggiori, per questo Jackie naviga a metà classifica, con 97 punti.
Il terzo lungometraggio del nostro Quentin, dopo l’esordio col botto de Le iene (1992) ed il trionfo di pubblico e critica di Pulp Fiction (1994), non si fa attendere più del dovuto, ma prende comunque in contropiede le aspettative dei fan.
Jackie Brown è il nome della protagonista (Pam Grier, attrice afroamericana icona della cosiddetta “blaxploitation” anni ’70), l’esperta hostess di volo di cui si serve il trafficante d’armi Ordell Robbie (l’immancabile Samuel L. Jackson) per spostare capitali di denaro tra gli USA e il Messico. Beccata da due poliziotti (Michael Bowen e Michael Keaton), organizza, con la complicità del “garante di cauzioni” Max Cherry (lo sceriffo Frank Truman del nuovo Twin Peaks, Robert Forster), un doppio gioco per evitare la prigione, incastrare il boss, liquidare i suoi sottoposti (lo scagnozzo Louis Gara interpretato da Robert De Niro e la bionda Melanie alias Bridget Fonda) e fuggire coi soldi.
Oltre alla formidabile costruzione drammaturgica, che ha il suo punto di fuga nell’impeccabile sequenza al centro commerciale ripetuta di volta in volta con una focalizzazione su un gruppo di personaggi diverso, l’elemento di forza della storia risiede nella tenera relazione tra Jackie e Max, due outsider che si prenderanno la loro rivincita sul sistema, ma il cui amaro destino sarà alla fine quello di rimanere inevitabilmente soli, separati da uno stacco di montaggio sul fuori fuoco che non poteva essere più eloquente.
Tratto dal romanzo Punch al rum di Elmore Leonard, questo elegante e misurato noir è il film che più divide gli amanti del regista di Knoxville: chi, comprensibilmente attratto dai suoi lavori più glamour, tende a prenderlo sottogamba, e chi invece (come il sottoscritto) non può fare a meno di amarlo, colpito da una incisività stilistica e narrativa che sa esser scevra di violenze in primo piano e di dialoghi sopra le righe (non che il contrario sia necessariamente un male, ovviamente).
In questa speciale classifica di redazione non poteva dunque che piazzarsi nel mezzo, scontentando probabilmente un po’ tutti.
(a cura di Alberto Bajardi)