Fare una classifica dei film di Quentin Tarantino è come quando da piccolo ti chiedevano chi sceglieresti tra il babbo e la mamma. Partendo dal presupposto che nessuno di noi ha mai visto un film brutto girato dal cineasta americano, abbiamo comunque provato a classificarli, secondo il voto di ogni redattore, e presentarveli in questo articolo, scritto a più mani. Buona lettura.
Tarantino: tutti i film dal peggiore al migliore
9) Django Unchained (2012)
Come ti chiami, giovane? Django. Sai come si scrive? D-J-A-N-G-O. La D è muta. Lo so.
 All’ultimo posto il Djangodi Tarantino, con soli 58 punti.
Tarantino è forse il regista più influente ed apprezzato da critica e pubblico degli ultimi trent’anni, e forse dell’intera storia del cinema. A ben vedere, diremo. Il cinema di Tarantino rappresenta l’amore per il cinema, e chiunque ami il cinema non potrà che godere della visione di un suo film. Com’è noto Tarantino prima di essere un regista di talento è un cinefilo accanito, uno che una cultura cinematografica forse inarrivabile; che trasporta ed esprime nelle sue pellicole. Tra le opere che maggiormente hanno segnato il suo stile vi è sicuramente lo “spaghetti western”. Django rappresenta la massima espressione di questa influenza, il più grandi omaggio tarantiniano a maestri del western all’italiana, come Sergio Leone e Sergio Corbucci. Proprio di Corbucci infatti è “Django“, film da cui Tarantino riprende il titolo della sua pellicola e il nome del protagonista. Palese riferimento è la presenza nel cast, anche se a ricoprire un ruolo marginale, di Franco Nero; il Django originale, attore feticcio di Corbucci. Un’ulteriore richiamo ai maestri italiano è evidente nella collaborazione con Ennio Morricone per la composizione della colonna sonora; storico collaboratore di Sergio Leone.Â
Quella di Tarantino è una pellicola che unisce elementi tradizionali e chiave del classico cinema western con caratteristiche peculiari della filmografia del regista americano. Risulta così un’opera carica di violenza brutale ma quotidiana, trasportata in una dimensione normalizzante, collocandola in un preciso contesto storico-sociale. Un’opera che non si prende sul serio, poggiando sull’eccesso e sull’autoironia. Django è uno schiavo liberato dal Dr. Schultz, un ex dentista tedesco ora cacciatore di taglie, che lo aiuta a ritrovare sua moglie, Brumilda; strappandola dalle mani di Mr. Candie, suo padrone. Dopo il fallimento del proprio piano, Django da solo porta la morte a “Candieland“, residenza della famiglia Candie, compiendo una vera e propria strage, ricreando una delle sparatorie più pulp, brutali e scenografiche della storia del cinema. (a cura di Aurelio Fattorusso)
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8) Grindhouse – A prova di morte, 2007
Ehi, Pam, ti ricordi quando ho detto che quest’auto era a prova di morte? Non dicevo una bugia… quest’auto è al cento per cento a prova di morte. Ma per godere di questo vantaggio, tesoro, dovresti essere seduta esattamente dove sono io!
All’ottavo posto un film troppo spesso ignorato, Death Proof guadagna 60 punti.
Firmato Quentin Tarantino è uno dei segmenti che compongono il dittico pulp che il regista di culto produsse insieme a Robert Rodriguez. Omaggio ai film d’exploitation (le Grind-house difatti erano dei cinema famosi per la proiezione di pellicole pornografiche e serie di B-movie), Death Proof è pura libertà espressiva. Un tripudio di adrenalina dai toni pop che con immagini sconnesse e una regia intenzionalmente scomposta, ricorda e cita alcune pellicole degli anni 60/70 come Faster, Pussycat! Kill! Kill! di Meyer.
Stuntman Mike (Kurt Russell) è un vecchio stuntman killer. Segue tre ragazze al Guero’s, locale di Austin (Texas): Jungle Julia è la DJ più famosa del posto, Arlene e Shanna le sue migliori amiche, non meno disinvolte. Nel locale Stuntman Mike conosce Pam e non vede l’ora di farle provare il brivido di un giro sulla sua Chevrolet “A prova di morte”.
Tarantino da via al suo sfogo artistico autocitandosi liberamente, gonfia ed enfatizza il suo stesso Cinema in un gioco di clichè (belle donne, eccessi, automobili), personaggi stilizzati e caricaturali, dialoghi eccessivamente volgari e spigliati, completamente estraneo a qualsiasi comune logica narrativa.
Death Proof non sarà certo un prodotto omogeneo ma è nelle sue anomalie e in alcune scene che si caricano solamente di puro piacere estetico che risiede il suo significato. Sono le irregolarità a dare valore a quest’opera sincera nel presentarsi per ciò che è: un autoironico divertissement del regista, che riesce comunque a fondere la nostalgia di un certo Cinema all’entertainment più sfrenato. (a cura di Elisa Pala)
Guarda il nostro mashup dedicato a Quentin Tarantino