I migliori 20 film sulla solitudine (in ordine di gradimento)

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18. Le conseguenze dell’amore, 2004

le conseguenze

Anche Sorrentino si aggiudica una menzione nella nostra classifica sui migliori film della solitudine. Unico film italiano selezionato e presentato in concorso al 57º Festival di Cannes, plurivincitore ai David di Donatello, ai Nastri d’argento e ai Golden Globes nel 2005, Le Conseguenze dell’amore è il secondo film del regista premio Oscar di La Grande Bellezza.

Quasi interamente girato all’interno di un hotel di un’anonima cittadella del Canton Ticino, il film racconta uno stralcio di vita di Titta Di Girolamo (Toni Servillo), all’apparenza un uomo di mezza età in viaggio d’affari, distinto, silenzioso e particolarmente schivo, che vive in una stanza d’albergo da otto anni. Titta trascorre le giornate nella hall ad osservare chi gli sta attorno, condannato ad un’atroce routine in cui è stato ingabbiato dal suo “segreto inconfessabile”, che confesserà gradualmente grazie al progressivo innamoramento per la ragazza del bar dell’hotel.

 La cosa peggiore che può capitare ad un uomo che trascorre molto tempo da solo è quella di non avere immaginazione. La vita, già di per sè noiosa e ripetitiva, diventa in mancanza di fantasia uno spettacolo mortale.

 

17. Synecdoche, New York, 2008

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Presentato in concorso al 61° Festival di Cannes, il film è stato scritto e diretto da Charlie Kaufman, sceneggiatore di The Eternal Sunshine of the Spotless Minds e Being John Malkovich alla sua prima prova da regista.  Synecdoche, New York è un’opera impegnativa e complessa, che necessita di tempo per essere assimilata nei diversi livelli in cui si struttura.

Il compianto e stimatissimo Philip Seymour Hoffman interpreta Caden Cotard, affermato regista teatrale, con sintomi da ipocondriaco, numerose manie e grandi difficoltà a tenere in piedi la sua vita privata. Gli avvenimenti ruotano intorno alla preparazione di un nuovo spettacolo che si presenta come lo specchio e lo scontro con i vissuti del regista, indagando il ruolo di comparse, protagonisti e sostituti nella farsa come nella vita reale, e rielaborando la sua intera esistenza.

E’ tutto più complicato di quello che pensi. Vedi solo un decimo di ciò che è vero. Ci sono milioni di fili attaccati a ogni scelta che fai; puoi distruggere la tua vita ogni volta che fai una scelta. Ma forse non lo saprai per vent’anni. E non riuscirai mai a risalire indietro alla fonte. E hai solo una possibilità da giocarti. Prova solo a capire il tuo divorzio. E dicono che non esiste il fato, ma esiste: è ciò che tu crei. Anche se il mondo va avanti per una frazione di una frazione di secondo. La maggior parte del tempo lo passi da morto o prima di nascere. Ma mentre sei vivo, aspetti invano, sprecando anni, una telefonata o una lettera o uno sguardo da qualcuno o qualcosa che aggiusti tutto. E non arriva mai oppure sembra che arrivi ma non lo fa per davvero. E così spendi il tuo tempo in vaghi rimpianti o più vaghe speranze perché giunga qualcosa di buono. Qualcosa che ti faccia sentire connesso, che ti faccia sentire completo, che ti faccia sentire amato. È la verità è che sono così arrabbiato e la verità è che sono così triste, cazzo, e la verità è che ho sofferto, cazzo, per un cazzo di tempo lunghissimo, per quello stesso tempo in cui ho fatto finta di essere ok, giusto per andare avanti, giusto per, non so perché, forse perché nessuno vuole sapere della mia tristezza, perché hanno la loro e la loro è troppo opprimente per permettere di starmi a sentire o di curarsi di me. Be’, vaffanculo tutti. Amen.