Dagli anni ’60 di Che fine ha fatto Baby Jane torniamo ora un po’ indietro e ci fermiamo agli anni ’30, e precisamente al 1934. Il titolo, l’uomo che sapeva troppo, suonerà familiare a molti, anche se la data farà storcere il naso. Il buon Hitchock infatti fece un remake del suo stesso film nel 1956, lasciandogli appunto lo stesso nome (ed è quella pellicola ad essere rimasta più famosa).
Il film ci introduce alla storia con una gara di sci a St Moritz a cui stanno assistendo Bob (Leslie Banks), Jill Lawrence (Edna Best) e la loro figlioletta Betty (Nova Pilbeam). Il cane di Betty tuttavia sfugge dalle sue mani e finisce sulla pista da sci, spaventando il sciatore Louis e facendolo cadere.
La sera stessa si vede la famigliola ad una festa ed in particolare Jill ballare avvinghiata allo sciatore Louis. Qui, tra simpatiche battute e scherzi del marito geloso, avviene un fatto terribile. Louis viene infatti assassinato tramite uno sparo e lascia un biglietto a Jill, costringendoli così a tenere un segreto che costerà loro anche il rapimento della figliola Betty.
Da qui una serie di eventi che si svolgeranno come una vera e propria spy story che porterà i coniugi Lawrence dentro a intrighi molto più grandi di loro.
I film che ha realizzato Alfred Hitchcock sono moltissimi ma questo rientra di certo nella prima fase del periodo inglese (il film venne infatti prodotto in inghilterra). Nonostante ciò i tratti essenziali e peculiari del suo stile cinematografico si riconoscono già. Le inquadrature dei dettagli, ad esempio di una maniglia che si abbassa, sono tipiche del regista. Ciò permette (come succederà poi per la celebre scena della doccia in Psycho) al registra di non inquadrare direttamente / di non fare vedere direttamente cosa succederà successivamente, ma di farlo solo intuire allo spettatore, a cui salirà ancora maggiormente l’ansia.
Già in questo film egli dilata e restringe i tempi a suo piacimento, andando a creare una vera e propria interpretazione personale di tempo del racconto.
Perfino la primissima scena risulta efficace: Hitchcock ci introduce infatti alle vicende ed allo scenario successivo con una scena muta in cui vengono inquadrati moltissimi volantini turistici.
Celebre inoltre la scena teatrale alla Albert Hall, dove il registra si dimostra già un grandissimo ed abilissimo maestro nel creare la suspense adatta. In primo luogo la colonna sonora, che dimostra a tutti gli effetti quale sia il momento di più alto pathos, ovvero quello dello sparo per l’attentato all’ambasciatore.
Ma la vera suspense è data dagli spettatori immobili che ascoltano e attendono l’arrivo della strofa più forte, mentre Jill è presa dal guardarsi in giro e controllare le tende dietro ai palchetti. In ultimo, molto interessante è il fatto che sia Jill alla fine a prendere in mano la situazione e risolverla; una donna che imbraccia un fucile in un lontano 1934.
Degna di nota l’interpretazione di Peter Lorre (M- il mostro di Dusseldorf di Fritz Lang) che interpreta il cattivo a capo di questa banda di criminali.
Riguardo al suo remake Hitchcock disse a Francois Truffaut “la prima versione è stata fatta da un dilettante di talento, mentre la seconda da un professionista“. E in effetti il secondo film del ’56, con lo stesso titolo, è veramente diverso dal primo e nettamente più ammaliante. I colori sono più vivaci (è ambientato in Marocco) e le scene molto più lunghe ed efficaci, i personaggi vengono analizzati meglio e vi sono più riflessioni sulla vicenda (che è leggermente differente).
Non si può tuttavia negare che il confronto fra i due film risulti quasi impietoso per questa versione del ’34: la versione del ’56 spicca nettamente. Ciò comunque non può contrastare la bellezza del primo film e le sue già importanti caratteristiche. Tutte le produzioni del periodo inglese di Hitchcock possono essere comunque considerate di livello inferiore rispetto a quelle del periodo americano.