Scioccato dall’episodio 8 andato in onda domenica notte scrivo cercando di schiarirmi/vi le idee, unendo con una penna i punti cardine posti dal regista in questi vari episodi, alla stessa maniera del nostro Dougie/Cooper. Nel tentativo di “trovare un senso”, che ora come non mai però ci appare ben definito. Ma andiamo per ordine e partiamo dal 7 frenetico episodio, che sistema le idee, pur alimentando sempre più quesiti. Mettendo in motore gli eventi, pur sempre con i suoi tempi, del revival lungo 18 ore ideato da David Lynch.
Prevedibilmente, a Twin Peaks vediamo che i fogli trovati da Hawk si rivelano essere nientepopodimeno che le 3 delle 4 pagine mancanti (nell’attesa che si trovi l’ultima) del diario della deceduta Laura Palmer, quasi sicuramente nascoste dal padre Leland/Bob, per timore di essere scoperto tramite quest’ultime. Anche qui la storia si ricollega al film Fuoco cammina con me, le pagine difatti rivelano al dubbioso Hawk e allo sceriffo Truman quello che in realtà a noi era già stato mostrato attraverso l’allucinazione di Laura Palmer nel prequel, Il buon Dale è nella loggia e non può uscire. Viene citato infatti il nome dell’agente molto prima del suo arrivo nella cittadina (come già sappiamo spazio e tempo nella loggia non esistono,o scorrono comunque in maniera diversa). Lo sceriffo Truman insospettito contatta l’ultima persona ad aver visto Dale Cooper 25 anni fa, Doc Will (il deceduto Warren Frost) che gli conferma i dubbi sullo strano comportamento dell’agente speciale dopo il suo ritrovo, rivelandoci anche le sorti di Audrey Horne, a quei tempi in stato comatoso.
Sempre nella cittadina ci vengono mostrate poi due scene con protagonista proprio il padre di quest’ultima, Benjamin Horne. Nella prima lo vediamo ricevere una chiamata dall’impanicato e fattissimo fratello Jerry, persosi nei boschi, derubato della sua auto (probabilmente da Richard, in fuga nella scorsa puntata). Nella seconda sequenza invece lo vediamo cercare, assieme alla segretaria Beverly Paige (interpretata da Ashley Judd) l’origine di uno strano ronzio elettrico proveniente da qualche parte dietro i muri del suo ufficio. Qui poi vediamo rispuntare, tornando al proprietario originale dopo 25 anni, la vecchia chiave della stanza dove avevano sparato all’agente Cooper, la stessa inviata da Jade nella 5 puntata.
Nel mentre avviene il tanto atteso incontro nella prigione del South Dakota tra Diane e Bad/Cooper. Si confermano i timori (avevamo ancora dubbi?) del vecchio Gordon nei confronti di quello che apparentemente sembrava essere il suo vecchio amico. Diane (come sempre un’eccezionale Laura Dern), che fino a poco prima mandava a fottersi chiunque, scoppia in lacrime innanzi all’amara verità, l’uomo dietro le sbarre della cella non è lo stesso che ricordava, non per l’aspetto, non per l’età, ma per qualcosa che è assente nell’anima, nel cuore. Quest’ultimo, tra l’altro, poco dopo riesce a evadere minacciando il direttore della prigione e portando via con se Ray (messo in cella giorni prima).
Frenetica anche la sequenza a Las Vegas in cui Dougie/Cooper viene attaccato assieme alla moglie Janey-E dal nano killer Ike “The Spike” Stadtler armato di pistola. Quest’ultimo viene però prontamente disarmato dall’agente speciale che istintivamente reagisce, uscendo momentaneamente dal suo stato confusionale. Istigato anche dall’apparizione dell’evoluzione del braccio (le cui intenzioni non sono ancora chiare), che incita l’agente a schiacciare la mano dell’assalitore, facendolo fuggire. Un lembo della mano del killer rimane attaccato al calcio della pistola.
Infine vediamo la storyline del tenente Knox all’obitorio di Buckorn in South Dakota, proveniente dal pentagono per analizzare le presunte impronte del defunto maggiore Briggs. Essa scopre che per la prima volta le impronte vengono direttamente dal cadavere fisico del maggiore. Anche il corpo di quest’ultimo, che dovrebbe essere scomparso da tempi immemori, sembra invece essere deceduto solo da pochi giorni (ciò si ricollega inevitabilmente all’ipotesi del tempo/spazio che scorre in maniera diversa nella loggia). Mentre il tenente avverte il suo superiore appare nel corridoio un uomo, o forse un fantasma (lo stesso visto svanire affianco alla cella del preside indagato per omicidio nelle scorse puntate). Attraverso una sequenza agghiacciante lo vediamo semplicemente camminare e superare la stanza dove risiede il corpo del maggiore, non si capisce bene se il tenente Knox sia in grado di vederlo.
Attraverso le varie storyline ci avviciniamo a quegli indizi, sequenze chiave o personaggi, che sembrano ricollegarsi piano piano al nucleo centrale della trama, eppure allo stesso momento ci sentiamo lontanissimi dalla risposta finale. Che ci sia lo spirito di Josie Packard dietro i muri nell’ufficio di Horne?. Avranno un significato particolare le parole del Bad Cooper rivolte al direttore della prigione?. Diane poi promette a Gordon di parlargli di una cosa che si potrebbe rivelare fondamentale ai fini della trama. Ma mentre noi ci scervelliamo, il caro David Lynch nei panni di Gordon si fischietta “Engel” dei Rammstein nel suo ufficio, in attesa del prossima puntata.
Nella prossima pagina trovate la recensione dell’episodio 8.