Il cinema postmoderno in genere rivolge la propria attenzione all’intreccio del racconto, focalizzandosi sul come una storia viene narrata piuttosto che sulla storia stessa, cioè la fabula. Il cinema ora sperimenta nuove forme stilistiche e narratologiche. Un caso, la successione logico-cronologica degli eventi perde la propria centralità ; un film postmoderno potrebbe non seguire questa convenzione del cinema classico. Dagli anni Novanta si è andata affermando una tendenza alla destrutturazione, in cui la discontinuità cronologica diventa principio di composizione del racconto. Il disordine che presiede la destrutturazione permette una serie di riflessioni sulle potenzialità del mezzo cinematografico. Il cinema fornisce allo spettatore uno stimolo per un lavoro di memoria, attraverso il quale sarà in grado di cogliere l’ordine che si cela dietro il caos narrativo, ricostruendolo nella propria mente. In questo senso un film come “Memento” è altamente rappresentativo. Diretto da Christopher Nolan, basato sul racconto del fratello Jonathan, “Memento mori”; il film narra le vicissitudini di Leonard Shelby, un uomo affetto da un disturbo alla memoria a breve termine. In seguito ad un attacco subito da parte di due uomini, che hanno stuprato e ucciso la moglie, Leonard è incapace di immagazzinare nuovi ricordi ed informazioni successive all’incidente. Bramoso di vendetta decide di dare la caccia al sopravvissuto dei due malviventi, un presunto John G. Peculiarità dell’opera è il montaggio, che ne fa un film unico, di grande interesse, entrato nell’Olimpo del cinema cult. Si potrebbe considerare il film come un’opera divisa metaforicamente in due parti. Il montaggio alterna sequenze parallele e opposte dei due ordini narratologici; procedendo verso un plot point nel quale confluiscono le due linee temporali, congiungendosi per diventare un unico film. Una parte caratterizzata da un fotografia in bianco e nero per ogni sequenza, nonché da una durata del tempo filmico e del tempo del racconto minore, è ingannevole. Sembra costituita da un lungo flashback, in realtà segue gli eventi secondo un ordine cronologico, costituendo una sorta di premessa, di introduzione del personaggio protagonista. L‘altra parte, a colori, procede a ritroso, narrando gli eventi dalla conclusione verso il punto d’origine del racconto fino a confluire nella narrazione che procede nel verso opposto, dall’origine fino alla conclusione; in un certo senso è il film vero e proprio. Le sequenze che procedono a ritroso costituiscono la rappresentazione visiva della memoria del protagonista; frammentarie, indipendenti e sconnesse dal punto di vista di Leonard. Ogni sequenza rappresenta un momento di “lucidità ”, il momento presente per Leonard. Le scene si aprono e si chiudono improvvisamente, a causa della perdita di memoria breve, del vuoto che affligge il protagonista. Ai fini ricostruttivi del racconto, la patologia da cui è affetto Leonard diventa l’espediente per una totale, seppure metaforica, identificazione tra lo sguardo soggettivo e lo sguardo oggettivo. Attraverso il montaggio lo spettatore viene catapultato nel mondo del protagonista, o meglio condivide la percezione che il protagonista ha del mondo. Data la successione regressiva delle sequenze lo spettatore vive uno stato di profondo incertezza, egli conosce ciò che è accaduto ma non sa perché è accaduto. Sullo schermo viene proiettato ciò che accade dopo, il fatto, e solo in un secondo momento ciò che è accaduto prima, l’antefatto, ciò che ha condotto gli eventi in quella direzione. L’ordine logico di causa-effetto viene qui ribaltato da Nolan in un ordine di effetto-causa. Come lo stesso Leonard, anche lo spettatore si ritrova ostacolato nel processo di ricostruzione logica degli eventi. L’incipit, la prima sequenza, del film ne mostra già la conclusione. Lo spettatore conosce il finale della pellicola, ora ci si chiede come si sia arrivati a quella conclusione. Tutta l’opera è un processo di ricostruzione all’inverso, come quello operato da Leonard, come quello operato dallo spettatore. Il film di Nolan è una ricerca al ritroso sulle origine della causa che ha avuto quel particolare effetto. Solamente a posteriori lo spettatore avrà la possibilità di rispondere alle domande che si è posto durante la visione del film. Ciò nonostante non tutti i nodi vengono sciolti; il finale, ovvero l’intermezzo del film, lascia aperte numerose questioni, mostrandosi piuttosto aperto e flessibile a varie interpretazioni. Come è suggerito dal personaggio di John Edward Gammel, alias Teddy, e dallo stesso Nolan, che lascia indizi lungo tutto il percorso filmico, sembrerebbe che la storia si sia ripetuta più volte. Leonard non sa quanto tempo fa sia accaduto l’incidente, di conseguenza né da quanto è a caccia del presunto assassino, John G., e quante volte ha raggiunto il suo obiettivo. Allo stesso modo lo spettatore si ritrova incerto riguardo ciò che ha visto, riguardo la veridicità di quell’ordine narratologico che egli stesso ha ricostruito mentalmente. Lo coscienza dello spettatore è manipolata da Nolan, come Leonard stesso è manipolato dai personaggi che incontra lungo il suo cammino, che voglio approfittare del suo stato a proprio vantaggio. Il cinema di Nolan si mostra sin dagli esordi un grande lavoro mentale e psicologico, dilatando e distorcendo la coscienza, scavando nel profondo non solo dei personaggi ma anche del pubblico.Â