L’esordio alla macchina da presa di Jordan Peele, “Scappa – Get Out”, di cui Peele è anche autore, è un thriller psicologico inusuale ma ben riuscito. Il film sembra trovare la sua ragion d’essere innestandosi nella polemica mai sopita in America sul razzismo e le discriminazione, con una forte venatura satirica che ammicca all’ipocrisia di una certa classe medio-borghese liberale ben pensante ma poco informata e dai modi alquanto imbarazzanti di celare un’ideologia radicata ma considerata politicamente scorretta. Un film provocatorio ma che sfocia in una sorta di vittimismo autocommiserante, ossessivo e paranoico, in un periodo storico di forte tensione sociale, in cui il richiamo alle lotte razziali e per i diritti civili non sembra più il ricordo di un passato ormai lontano e superato. La premessa del film è tanto semplice quanto consolidata nella storia del cinema hollywoodiano, basti pensare a “Indovina chi viene a cena”, opera cult del 1967 di Stanley Kramer, con Sidney Poiter. Chris Washington, ragazzo afroamericano dal carattere ermetico, diffidente e anaffettivo, si reca in compagnia della fidanzata, Rose Armitage, presso la tenuta della famiglia di lei allo scopo di conoscerne i genitori. Si ritrova così coinvolto in una situazione ai limiti dell’assurdo, scandita dai comportamenti bigotti e ipocriti dei membri di un’intera comunità, che nel tentativo di mostrarsi “politicamente corretta” non fa che trasportare il povero Chris in uno stato di forte disagio, costretto a rivivere i traumi del proprio passato. I due domestici di colore, Walter e Georgina, sono apparentemente sottomessi psicologicamente, dai modi bizzarri ed agghiaccianti, contribuiscono a rendere il tutto più eccentrico e fuorviante. Presto il nostro giovane protagonista scoprirà una verità ben più sconvolgente di quanto lui stesso e lo spettatore avessero potuto sospettare.L’esordiente Peele riesce a creare una struttura filmica davvero sorprendente e dai risvolti intriganti nonostante l’inesperienza, fabbricando delle immagini visionarie e di grande forza espressiva, mostrando padronanza della tecnica cinematografica e una straordinaria inventiva. Peele induce lo spettatore in uno stato di tensione, angoscia e inquietudine senza tuttavia dover far ricorso ad un puro e mero esibizionismo della violenza o di scene orrorifiche o gore. Un ottimo esordio, affiancato da un buon cast, in cui trova spazio il volto celebre di una ormai invecchiata Catherine Keener. Tra gli interpreti spicca la figura del giovane Daniel Kaluuya, talentuoso attore britannico noto ai più per aver preso parte a produzioni come “Sicario”, “Skins“ e “Black Mirror“. Daniel regala al pubblico una straordinaria performance; guidato da Peele, riesce a infondere nel suo personaggio tutta la diffidenza, il disagio, lo sconforto e il terrore finale che lo caratterizzano, totalmente simpatetico per lo spettatore. Chris è catapultato in un mondo di apparenze, dietro le quali si nascondono un cinismo e un tale disinteresse per la vita altrui da lasciare lo spettatore sconcertato. “Scappa – Get Out” è un film complesso dal punto di vista strutturale, la sceneggiatura segue pienamente i principi aristotelici del dramma diviso in tre atti. Elaborato finemente su più livelli, rendendo comprensibile a posteriori ogni dettaglio che inizialmente sembrava puramente casuale. Peele affianca ad un’aura angosciante una costante comica che ne controbilancia la tensione grottesca e disturbante, data dalla performance di quella che è appunto la spalla comica : Lil Rel Howery. Per rendere il tutto più apprezzabile al suo pubblico. Una scelta nella quale si può avvertire tutta la formazione professionale dell’autore, ricalcando le prime esperienze lavorative di attore comico in teatro e in televisione. L’opera seppur ha riscosso il favore della critica e del pubblico, ottenendo tra l’altro numerose nomination come riconoscimento, vince ma non convince del tutto. “Scappa – Get Out” sembrerebbe essere uno di quei film dal grosso potenziale, tuttavia limitato e penalizzato per ragioni che vanno al di là della nostra comprensione. Potrebbero essere dipeso da scelte della produzione per esigenze economiche e di marketing, per creare un prodotto più facilmente recepibile e vendibile ad un pubblico di massa pagante o semplicemente dall’inesperienze e dalla formazione professionale del suo stesso autore. Il finale, pacificatore, e francamente un po’ forzato sembra più un lieto fine e un “deus ex machina”, lasciando con l’amaro in bocca, per quello che sarebbe potuto essere uno dei migliori thriller psicologici degli ultimi tempi. Ma forse un finale alternativo avrebbe potuto compromettere la sua fortuna, relegando la pellicola in un nicchia, la cui visione sarebbe stata adatta ad un pubblico limitato che solo avrebbe apprezzato un’opera cinica e senza lieto fine. Per concludere potremmo dire che “Scappa – Get Out”, la cui visione è assolutamente consigliata, è un’ottima prova d’esordio per un regista/autore che ci auguriamo di ritrovare presto dietro la macchina da presa, sperando tuttavia che non sfoci nuovamente nell’autocommiserazione razziale, e con un vena più cinica.