William Oldroyd sbarca per la prima volta al cinema e dimostra che il teatro è alla base di tutto, che è solo da lì che è nato e può nascere il cinema. Lady Macbeth è infatti il primo lungometraggio del regista inglese, che aveva già realizzato due corto (Christ’s Dog e Best) ma che è soprattutto conosciuto per i suoi adattamenti teatrali. Già noti al pubblico internazionale I due nobili congiunti di Shakespeare e Aspettando Godot di Beckett.
L’idea di partenza nasce dalla sceneggiatrice Alice Birch, che aveva letto il racconto di Nikolaj LeskovLady Macbeth del distretto di Mcensk, scritto a fine ‘800, ed era rimasta colpita dalla vicenda così particolare e ricca. La storia è stata adattata ma resta sostanzialmente uguale eccetto che per il finale. Il film colpisce e merita decisamente di essere visto. Qui si vede Katherine, una giovane ragazza che viene data in sposa a un uomo con il doppio dei suoi anni. Lei si sente costretta, obbligata e legata ad una vita che non sente sua; il marito la tratta male e trascura. Insomma, un matrimonio senza affetto e per di più non voluto e sofferto. E qui si potrebbe pensare che la storia sia la solita di sempre, la classica storia della donna borghese costretta ad un matrimonio senza amore. Sbagliato. O meglio, sembra essere così, ma la storia si evolve in modo decisamente diverso.
“Nella letteratura di quel tempo, donne come Katherine di solito soffrono in silenzio, nascondono i loro sentimenti o si tolgono la vita. Ma in questa vicenda abbiamo una giovane protagonista che combatte per la sua indipendenza e decide per il proprio destino, anche attraverso la violenza”.
William Oldroyd
Katherine non sta alle regole del matrimonio e inizia a trasgredirle, prima con piccoli gesti e poi ricorrendo al tradimento con lo stalliere, che diventa suo amante, e fino a grandi gesti violenti, che Katherine fa per difendere il suo nuovo amore (possessivo e morboso). La protagonista è interpretata da Florence Pugh, che il regista aveva già notato in The Falling (2015) per la sua ottima interpretazione. Il ruolo le si addice ed è brava lei a gestirlo; si impersona in questa donna giovane, che all’apparenza sembra tranquilla, quasi fredda e vulnerabile, ma che nasconde al suo interno un fuoco passionale che la anima e la conduce nelle scene di pazzia. Gestisce questo ruolo con una bravura magistrale, tanto che la protagonista, che brava e simpatica non si può di certo considerare, ci risulta ‘amica’, e noi spettatori non possiamo che stare dalla sua parte.
“Florence Pugh ha regalato al film un’interpretazione incredibilmente forte e sicura di se” dice Oldroyd
Scene violente si alternano a scene erotiche ma anche a scene estremamente riflessive, e ci trascinano in un turbinio di emozioni che da sempre il vero teatro sa regalare. L’altro protagonista è Sebastian, lo stalliere amante, interpretato da Cosmo Jarvis. Interpreta il ruolo in modo impeccabile, forse fin troppo, e risulta quasi falso nella dimostrazione di certi stati d’animo (o forse sembra semplicemente inferiore rispetto all’assoluta bravura di Florence Pugh). Personaggio lievemente secondario ma fondamentale è Anna, interpretata da una splendida Naomi Ackie.
Il film è un turbinio di danze e cambi di scena teatrali. Oldroyd gestisce alla perfezione gli stati dell’animo della protagonista, una volta passionali, una volta sereni e una volta violenti. E questo si vede in tutto, perché musiche, scenografie, fotografia seguono il climax saliscendi della storia. Il film respira al ritmo della protagonista. Ed è spettacolare, perché non annoia, non perde un colpo. Partendo dalla fotografia, è Ari Wegner che se ne è occupato, creando delle scene mozzafiato. Il film è stato girato nella campagna di Durham e nella contea di Northumberland, quasi ai confini con la Scozia.
I paesaggi freddi e nebbiosi rispecchiano gli stati d’animo della protagonista e la natura qui si evolve come il personaggio, segue la sua trasformazione ed acquisizione di sé stessa. Molto importante infatti risulta il rapporto fra questo paesaggio delle moorland inglesi con gli stati d’animo dei personaggi, in particolare quello di Katherine (amplificano anche le sue riflessioni e il suo senso di solitudine ed isolamento) (i posti ricordano un po’ quelli del film Calvario, per intenderci).
“Il rapporto fra la protagonista e l’ambiente circostante mi ha affascinato fin dall’inizio. L’erica, le colline, la brughiera e il fiume sono tutti elementi vitali e seguono la trasformazione di Katherine nel momento in cui acquista una sempre maggior consapevolezza e determinazione.”
Alice Birch ha dichiarato in seguito
Le luci e i colori restano molto freddi, ricordano quasi la pittura di Friedrich. Ma la fotografia è eccelsa anche per quanto riguarda gli interni; chiari e scuri si alternano in una danza che sembra ricordare i quadri di Tiziano e dei grandi ritrattisti italiani.
Anche l’uso delle differenti illuminazioni sottolinea gli stati d’animo dei personaggi e li amplifica. Le candele e le luci della casa vengono usate per evidenziare tratti precisi del corpo e del viso, per mostrare emozioni e movimenti facciali minimi, o spesso per dare più enfasi alle emozioni di Katherine. La fotografia è accompagnata altresì da una scenografia eccezionale che ci catapulta direttamente nel mondo teatrale. Gli spazi sono puliti, a volte addirittura scarni, essenziali ma assolutamente esaustivi, e il cambiamento che si ha fra una scena è l’altra, anche a livello di ripresa, riprende direttamente il modo di agire di professionisti teatrali. Della scenografia se ne è occupata Jacqueline Abrahams.
La componente teatrale resta, insieme alla storia interessante ed innovativa e alle interpretazioni magistrali, una delle caratteristiche più belle del film, che ci riporta alle origini vere e proprie della recitazione e del cinema in generale. E forse ci fa venire anche un po’ di nostalgia.
Degni di nota anche i costumi (realizzati da Holly Waddington), che ancora una volta non restano rinchiusi nella loro funzione ma rappresentano stati d’animo e sociali. I corsetti che lei deve mettere la costringono, le faticano il respiro e il movimento e questa è esattamente la posizione sociale in cui lei si ritrova.
E non finisce qui, perché non è semplicemente la storia di una donna infelice innamorata pazzamente dell’amante, ma il film fa riflettere -brevemente- anche su altri temi: la sottomissione delle donne a tutti i livelli della società, il razzismo, la vita rurale del tempo… E non sono da lasciare indietro le musiche: il film merita di essere visto anche solo per la nota finale di contrabbasso con cui esso termina.
“Immaginate Cime Tempestose diretto da Alfred Hitchcock e avrete un’idea dello straordinario film di William Oldroyd”
Eric Kohndell’Indiewire
Il film sarà nelle sale italiane a Giugno 2017. Ecco qui il trailer: