Cinema e musica sono due arti che nel tempo si sono fortificate e consolidate a vicenda. Uno degli esempi più lampanti e meglio riusciti nella storia della pellicola è sicuramente il capolavoro fantascientifico del maestro Stanley Kubrick, 2001: Odissea nello Spazio.
Il regista inizialmente voleva affidare il compito di comporre la colonna sonora all’innovatore Alex North, con il quale aveva già lavorato in passato nel film Spartacus.
Kubrick dedicò molto tempo alla scelta delle scene da inserire nel prodotto finale, accostando a parti di esse una colonna sonora provvisoria composta prevalentemente da brani di musica classica già esistenti. Il regista se ne innamorò a tal punto che portò avanti il suo lavoro lasciando quelle tracce in maniera definitiva. Purtroppo Alex North non venne avvertito del cambio di programma e capì di essere stato escluso dal progetto solamente durante la visione della prima del film.
Per quanto il lavoro di North fosse impeccabile e originale, tutto il materiale rimase inedito per molti anni. Sarà poi Jerry Goldsmith, allievo di North, a rivisitare il lavoro del maestro per proporlo al grande pubblico. Stanley Kubrick, dalla sua, riuscì invece a legare la pellicola a uno dei temi musicali più ricordati e amati nella storia del cinema: Così parlò Zarathustra di Richard Georg Strauss.
Un accostamento immediato quello tra le note della colonna sonora e le immagini del film.
La formula scelta da Kubrick ha funzionato a tal punto da rendere le note del celebre brano di Strauss, un richiamo di uso comune in momenti di massima epicità. Analizzando la traccia balzano subito alle orecchie le grandi dinamiche create da fiati e archi che preparano, con singole note lunghe, l’arrivo di un intenso colpo di tutta la parte orchestrale che apre a uno dei tamburi più famosi della storia della musica classica, tutto questo mantenendo un’andatura in costante ascesa fino ad arrivare al culmine dell’impatto sonoro, che si sposa fedelmente con il film nelle scene che chiudono l’era preistorica e quelle che anticipano i titoli di coda.
In 2001: Odissea nello Spazio possiamo trovare un altro brano che richiama alla mente, in modo immediato, la sensazione di galleggiamento nello spazio, la leggerezza e la lentezza dei movimenti che l’assenza di gravità può provocare: il valzer Sul bel Danubio Blu di Johann Strauss Jr. Anche in questo caso lo sposalizio tra musica classica e le scene in cui i pianeti e le navi dominano lo schermo si legano alla perfezione e fan sì che si renda l’idea di un ballo cullato e dolce, in opposizione alla precedente scena in cui Così parlò Zanathustra aveva portato la tensione alle stelle.
Anche se entrambi i compositori condividono lo stesso cognome, non li unisce alcun vincolo di parentela: il più contemporaneo Johann Strauss Jr viene ricordato appunto come il Re del Valzer in quanto le sue composizioni lo resero una personalità di rilievo durante il suo periodo di massima attività, rendendo alcuni dei suoi lavori indelebili fino ai giorni d’oggi.
Una questione di tensione.
Seppur passando in secondo piano, nel film di Kubrick troviamo anche altri due grandi compositori: György Ligeti e Aram Khachaturian. Il primo venne scelto per le scene di maggior tensione e nelle parti in cui il “viaggio” appare una visione distorta e psichedelica. I suoi brani sono caratterizzati dall’alternanza netta tra suoni bassi e acuti che stonano tra loro alla ricerca del predominio gli uni sugli altri. Il risultato è una modulazione disturbante che mette in risalto la parte più profonda del film. È curioso il fatto che anche in questo caso, similmente a quanto accaduto con North, Kubrick non contattò Ligeti per l’uso delle sue opere nel film, facendo scattare una sentenza sul copyright che vide vincitore il musicista est-europeo. In futuro però Kubrick utilizzerà ancora brani di Ligeti per i film Shining ed Eyes Wide Shut.
L’Adagio del Gayaneh di Aram Khachaturian viene utilizzato nella famosa scena della centrifuga del Discovery dove l’attore viene ripreso a fare attività fisica all’interno dell’astronave. Come consiglia il titolo, la composizione risulta leggera e con pochissime dinamiche. A questo musicista si deve una delle opere più conosciute e richiamate nel mondo del circo e in alcune moderne commedie: La Danza delle Sciabole.
Quale miglior suono per un’Odissea nello Spazio?
Il vero suono che fa da padrone nel capolavoro del maestro Kubrick è senza ombra di dubbio il silenzio. Nella parte iniziale del film la mancanza di uno sfondo musicale lascia spazio ai suoni prodotti dalle creature primitive, mentre successivamente il silenzio si fa assoluto una volta raggiunte le scene in cui lo spazio infinito la fa da padrone. In questa circostanza può venire in mente la composizione 4’33” del musicista sperimentale John Cage, che vede esattamente 4 minuti e 33 secondi di silenzio, di pause, pezzo “suonabile” da qualsiasi strumento. L’intento di John Cage era di lasciar che l’ambiente intorno al musicista suonasse per lui, cosa che accomuna in parte l’idea che Stanley Kubrick ha proposto in 2001: Odissea nello Spazio.