Forse per colpa, e merito, del recente The Neon Demon del 2016 di Nicolas Winding Refn, le luci al neon sono tornate di moda. Ed è con piacere che si accoglie questo ritorno, di cui Refn, anche nei suoi precedenti film, si era fatto portatore.
Così si ritorna all’America cult, fatta di fumi, motel deserti illuminati da fredde luci traballanti, macchine con colori sgargianti e notti silenziose. Insomma, per intenderci in poche parole, l’America illustrata da Edward Hopper, l’America di Nighthawks.
La meraviglia delle luci al neon è che non stanno ad indicare solamente il lato estetico di una scena, ma spesso riescono stupendamente ad incarnare anche l’animo del personaggio. E in questo articolo non si vuole semplicemente parlare solo della luce al neon inquadrata in primo piano, ma anche dell’uso della luce soffusa e dell’uso dei vari colori e fumi di queste luci che viene fatto.
Uno dei primi usi che si può ricordare (perché quella del neon non è una moda che nasce negli anni ’80, diversamente da come si pensa) è quello che venne fatto da Alfred Hitchcock in Vertigo.
Tra l’altro, vi ricorda niente?
E’ già stato detto che Refn si propone come “Neon Knight” del cinema attuale, e non si sta parlando solamente di The Neon Demon. E’ fin da Pusher, del 1996, che Refn ne è vero e proprio pioniere. Il genio di Copenhagen riesce a trasmettere vere e proprie emozioni attraverso queste luci a volte fredde, artificiali, quasi cattive si può dire, e a volte calde, rosse come il fuoco o blu come la notte.
Il silenzio, assieme ad apparizioni di colori come lampi flash parlano e destabilizzano lo spettatore, introducendolo in uno stato che probabilmente nessun altro regista è in grado di generare. In Only God Forgives si viene totalmente accecati da queste luci e anche in Drive restano onnipresenti. Le luci rappresentano la rabbia, rappresentano il degrado e soprattutto la violenza, il vero fondamento di quasi tutte le storie di Refn (più precisamente l’ira, la voglia di riscattarsi).
Vogliamo parlare di un grande classico del cinema che pone al centro della fotografia le sue luci? Allora non si può non citare Blade Runner, film di Ridley Scott del 1982 con Harrison Ford.
Forse proprio i neon sono complici del design retrofuturista che caratterizza il film, dove tutto, comprese le luci, sembra voler dare un senso di claustrofobia e paranoia.
Se Ridley Scott ci aveva immersi in un universo futuristico e claustrofobico allora, sempre sulla stessa cresta d’onda, si può trovare un film del 2010: Tron Legacy.
Certamente meno “cult” del precedente Blade Runner, il film pone comunque le luci come vere e proprie protagoniste indiscusse, sia scenograficamente che nei dettagli, come ad esempio quelli delle moto di luce.
Un regista particolarmente affezionato alle luci al neon è Gaspar Noè. Enter The Void è un film del 2009 che lo stesso regista definì un melodramma psichedelico. E’ un film che fa provare sensazioni stranianti, che vengono portate allo spettatore tramite luci quasi fosforescenti, colori sgargianti di ogni tipo mischiati insieme e neon assolutamente disturbanti ad allucinogeni.
Un altro film degno di nota è sicuramente Byzantinium, dove una quasi dimenticata città di mare diventa il luogo ideale per la vita dei vampiri. Per tutto il film si ha questa enorme insegna al neon gialla affissa al di fuori dell’hotel Byzantinium (hotel dove alloggiano i due vampiri) che sembra quasi voler essere un avvertimento di quello che succede all’interno.
La cinematografia orientale avrebbe mille e più esempi riguardo questo argomento ma 2046 sembra essersi spinto leggermente oltre. Qui è il buio a dominare, ed è proprio per quello che le luci ne escono esaltate. I colori e le luci si fondono e danno origine a un’esperienza sensoriale al di là del tempo.
Questi sono solo pochi esempi, ma ci sarebbero migliaia di film da citare. Basta vedere le luci al neon e subito si viene catapultati in un’epoca lontana eppure amatissima dal cinema internazionale, quello degli anni ’50 e ’60. Abbiamo visto solo poco tempo fa l’importanza dei neon gialli di Mc Donald in The Founder.
Non da meno è l’acclamato La La Land, dove essi sembrano voler indicare tristezza, oltre che speranza.
Forse è stato dimenticato quello che, credo a parer di molti, sia uno dei più grandi utilizzatori del potere delle luci, dei colori e dei fumi: DavidLynch. Ad esempio Mulholland Drive, questa scena, per chi l’ha visto, che sensazioni doveva dare? Perplessità, suspense, paura? E che colore se non il blu per evidenziarla al meglio?
E dove ritroviamo il blu, se non accostato ad Isabella Rossellini in Blue Velvet?
E il rosso, come simbolo della perdizione e della confusione, in Twin Peaks, nelle insegne dei locali, così desolanti ed attraenti allo stesso tempo. (O il club di Fire walk with me, ad esempio).