Una nuova sessualità – “Crash” di David Cronenberg

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“Mi piacciono le motociclette e le auto da corsa. Quando costruiamo delle macchine è come se fosse la nostra versione del corpo umano. Nel senso che il corpo umano è una macchina. È quello che William Burroughs ha chiamato the soft machine. È interessante perché quando apri una macchina vedi la mente dell’uomo che l’ha progettata. Mi piace molto lavorare sui motori delle moto e delle auto. In questo modo hai l’intera storia dell’uomo, la tecnologia, il design, la razionalità. È un’avventura filosofica lavorare su una macchina.”

La definizione e la ricerca della propria identità o dell’immortalità nei personaggi in Crash si concretizza nei corpi lacerati, nella mutilazione e nell’autolesionismo. Le cicatrici di per sè segnano un passaggio/testimonianza e costituiscono una dimostrazione concreta dell’esistenza dell’individuo (ferito). La progressione della pellicola non sviluppa mai un’evoluzione diegetica, ma attua un processo di iterazione: tutte le azioni si ripetono assumendo nuove forme d’espressione.
Cronenberg ci mostra le espressioni di un corpo depresso e sofferente alla ricerca dell’appagamento sessuale (o del piacere) ormai non più in grado di soddisfarsi con la mera carne umana e “naturale”, ma in uno spaccato utopico in cui “naturale” ed “ipersemiotizzato” si fondono, dove pelle e protesi si armonizzano completamente e dove sperma ed olio lubrificante hanno lo stesso sapore.

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L’osmosi del corpo e macchina, feticcio del body-horror cronenberghiano, nel segno di un rimodellamento del corpo umano e del perfezionamento di questo grazie alla tecnologia si ripresentano sottoforma di Nuova Sessualità. Uno sguardo diverso e più intimo all’interno di una società svuotata dal tedio e plagiata dal nichilismo che scoprono nel dolore, nella sofferenza, negli incidenti e nella morte stessa la loro libido ritrovata e s’innalzano ad esseri eterei. Godere della morte supera ogni consuetudine e non presuppone timore, tra la mortalità della carne e la celebrazione di una Nuova (la stessa analizzata in Videodrome). Difatti possiamo citare la sequenza in cui Ballard ed Helen assistono alla rappresentazione clandestina dell’incidente di James Dean “..che morì per la rottura del collo e divenne immortale”: un’immortalità ricercata che diviene religione, il Credo comune di un pubblico voyeurista.

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Ciò potrebbe essere semplicemente l’espressione (metaforica) dell’immagine cinematografica e della sua fruizione: la simulazione di un evento o di una situazione (attore) e l’appagamento sensoriale nei confronti di un prodotto audiovisivo (spettatore). La stessa immagine, infatti, (elettronica o fotografica) permette alle figure di superare la morte, spiega Edgar Morin, filosofo e sociologo francese. L’immagine nello schermo rappresenta il doppio del corpo umano, un doppio immateriale, fugace, impalpabile, smaterializzato.

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“Trovi spesso questo riguardo le cose più strane e orribili, bizzare e sessualmente perverse: la gente, consumando un sacco di energie per dire quanto siano negative e per parlare delle loro implicazioni, in realtà le tiene in vita. Vogliono che esistano.”

Cronenberg sconsacra l’atto sessuale rendendolo razionale. Toglie ciò che di consueto chiamiamo “istinto” e “attrazione” e lascia il corpo svuotato, incapace di soddisfare e soddisfarsi. E quasi nello stesso modo di Max Renn, Cronenberg rievoca (paradossalmente) il sacrificio: pone il gesto estremo come elemento salvifico (Max Renn per la cancellazione di Videodrome e Bess per l’impotenza o l’inappetenza sessuale) sempre sostando in una condizione fittizia tra Ritorno all’origine e Rielaborazione di una Nuova Carne/Nuova Sessualità.