Edoardo De Angelis è un giovanissimo talento italiano che quest’anno vede il suo film, Indivisibili, candidato a ben 17 David di Donatello.
È stato gentilissimo a risponderci, nonostante ora sia impegnato in un altro progetto che non ci ha svelato. Edoardo De Angelis è candidato ai David di Donatello in un testa a testa con un collega molto più anziano, Paolo Virzì. Il suo film Indivisibili ha riscosso un successo di critica e ha mostrato che sono questo genere di film che l’Italia dovrebbe portare avanti. Edoardo De Angelis va inoltre ricordato per un altro importante lungometraggio: Mozzarella Stories. Ecco l’intervista integrale ad uno dei più importanti registi che attualmente calcano i cinema del nostro paese (e non).
Ciao Edoardo,
Innanzitutto grazie per aver accettato di essere intervistato a nome mio e di tutta la Redazione di Lascimmiapensa.com. Condivido il tuo stesso cognome ed è un piacere poter intervistare un altro De Angelis.
Partiamo immediatamente:
-Partendo dalla tua formazione, ho avuto modo di vedere che ti sei formato al Centro Sperimentale di Cinematografia. Ritieni che sia una tappa obbligata per chiunque aspiri a percorrere i tuoi passi?
Mi sono diplomato in regia al Centro Sperimentale e sono stati anni molto preziosi per me. Sono stati preziosi però anche tutti i piccoli grandi lavori svolti a Caserta per mantenermi a vent’anni: pubblicità per profumerie, ditte che producevano impianti di aspirazione industriale, negozi di sanitari, i cortometraggi fatti con gli amici e la mia famiglia. Ritengo che l’unica tappa obbligata sia la formazione. Dallo studio della materia, dal lavoro duro di ricerca, non ci si può sottrarre. Ognuno scelga la formazione che ritiene più adatta al mondo che ha dentro o alle circostanze in cui si trova a crescere. L’importante è svegliarsi presto la mattina, anche se la notte prima si è tornati a casa ubriachi.
-Stando all’intervista che abbiamo fatto ad Alessandro Bigazzi, truccatore candidato all’Oscar quest’anno per il trucco di Suicide Squad, ci parla della differenza che intercorre tra la preparazione italiana e quella estera. Citandoti direttamente la parte di intervista che ci interessa (visionabile integralmente a questo link ): ” [..] all’estero invece le cose vanno diversamente dall’Italia, ci sono delle scuole molto referenziate che ti danno una qualifica con un reale valore e con la quale puoi cominciare un percorso. Di solito inizi come una sorta di stagista e non sei pagato, o al massimo hai uno stipendio minimo, il che permette alla produzione di assumerti senza grosse spese e permette a te di fare esperienza e farti conoscere. Trovo sia il modo più onesto e giusto di lavorare.”. Ti rivedi nelle affermazioni di Bigazzi? Oppure puoi dire di aver trovato la stessa situazione anche in Italia?
Spesso quando si paragona l’Italia all’estero ci si dimentica di operare la giusta trasposizione culturale. Da noi non esiste una vera e propria industria cinematografica, direi piuttosto un artigianato. Eppure rappresentiamo una cinematografia importante; il Centro Sperimentale di Cinematografia, ad esempio, offre l’opportunità di una formazione seria sul campo, fortemente coadiuvata da esperienze di apprendistato. Nuove scuole stanno nascendo o vanno rafforzandosi, la produzione si sta incrementando e decentrando. Al tempo stesso, produciamo e (seppur a fatica) distribuiamo molti film totalmente indipendenti. Il cinema in Italia è meravigliosamente anarchico.
-Caserta. Durante la tua carriera credo tu abbia ambientato la maggior parte del tuo lavoro a Caserta. Perché questa scelta? Oltre al tuo legame affettivo, credi che Caserta abbia bisogno di attenzione dal punto di vista mediatico?
Sono affascinato dai luoghi in bilico tra bellezza e bruttezza, tra possibilità e disfatta. Qualunque cosa sia il mio cinema, nasce dalla 167 di Centurano, frazione di Caserta, in un palazzo grigio tra le montagne sventrate dalle cave di calce e le fondamenta di un Centro Direzionale mai costruito.
-Oxford 2012, parlaci di “Destination Italy”.
La dott.ssa Laura di Bianco scrisse un saggio sulla “commedia malavitosa”, era l’anno dopo l’uscita in Italia del mio primo film, Mozzarella Stories. Fui invitato nella mecca dell’alta formazione a parlare del mio cinema che all’epoca era una promessa basata su un solo film.
-Arriviamo ora al tuo Indivisibili. La Repubblica, Il Corriere della Sera e altre importanti testate giornalistiche hanno titolato i loro articoli sui David come un “testa a testa tra De Angelis e Virzì”. Come stai vivendo il tuo successo di Indivisibili? Sei sereno a pensare che sei in vetta con un regista che sforna film dal lontano ’94? Vi siete sentiti con Virzì?
Il successo non mi interessa: amo fare film e l’emozione nei volti di chi li guarda è per me la più alta forma di restituzione. Sono orgoglioso di essere in cinquina con un mio insegnante (Virzì) e un mio compagno di classe (Giovannesi): segno che noi, qui, oggi, siamo una cinematografia.
-La stessa battaglia la stanno affrontando le due attrici giovanissime protagoniste del tuo lungometraggio: Marianna e Angela Fontana se la devono contendere con Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti che sono volti notissimi in ambito cinematografico. Le tue attrici come stanno vivendo questo momento? Le hai sentite? Possiamo affermare che tu abbia stravolto tutto con il tuo Indivisibili.
L’unica cosa che dovrebbe contare sono i film; Dasy e Viola danno voce a chi è disposto a rischiare la vita pur di conquistarsi il diritto di vivere a modo proprio. Angela e Marianna hanno oggi 19 anni e hanno il girato compenetrandosi completamente. Se la loro vita è cambiata lo devono al duro lavoro e i riconoscimenti ottenuti devono essere per loro solo stimolo a fare di più. Tutti noi, poco prima di morire, se abbiamo fatto bene, ci abbandoneremo a qualche senso di soddisfazione. Adesso non c’è tempo, ci sono storie da raccontare e una vita da vivere, pienamente.
-Le due protagoniste di Indivisibili a me sono sembrate una piccola allegoria di ciò che è la Campania oggi. Una terra che tutti hanno sfruttato durante gli anni ma con un popolo che vuole riuscire a staccare quell’etichetta pesante, “coprente” che è il malaffare e la criminalità organizzata. Potremmo definire il tuo un film di denuncia? Potremmo dire che ci sono due generazioni a confronto: la vecchia che vuol rimanere collusa e la nuova che vuol cambiare? Utilizzi il freak per mostrare altro? Oppure hai voluto semplicemente raccontare una storia?
Per me non esiste la possibilità di raccontare semplicemente una storia. Ogni storia è un simbolo e al tempo stesso un baluardo di lotta. Dasy e Viola lottano per ricostruirsi e ricostruire. Il film è ambientato a Castelvolturno e per chi riconosce quella terra la tua interpretazione può essere adeguata ma questa storia parla a chiunque, dovunque, voglia conquistare la possibilità di vivere una vita piena e libera, degna di essere vissuta.
-Una piccola curiosità per i lettori de lascimmiapensa.com; quando si è candidati ai David come avviene la comunicazione? Cosa stavi facendo quando ti è arrivata la comunicazione di essere candidato a ben 17 David di Donatello?
Ero al lavoro. Dopo la notizia mi sono distratto un po’ ma poi ho riprese a lavorare con più motivazione.
–Mozzarella Stories, che film! Ricordo che fui attratto dal titolo e l’ho rispolverato recentemente sulla libreria Infinity. Io vivo a Sonnino, un paese in provincia di Latina. Proprio rivedendo il tuo film viene citata la mia provincia e un’altra confinante, Frosinone. “Andremo lontano a cantare, si parla di Latina e Frosinone […]”. Citi soltanto Latina e Frosinone. Questa è una mia piccola curiosità, essendo di quelle zone: perché? Potevi citare qualsiasi altra città italiana.
All’epoca (2010 era l’anno delle riprese), in piena crisi da brucellosi, gli allevamenti del basso Lazio venivano visti come più puliti e il loro numero andava incrementandosi. Ho immaginato un tour canoro in giro per allevamenti bufalini…
-In Mozzarella Stories è possibile ritrovare il modus operandi di molti registi: ad esempio l’immaginario italo-americano di Coppola e Scorsese, l’ironia dei Coen e sicuramente qualche piccola spolverata anche di Tarantino. È un tuo omaggio a questi registi? Potresti darmi il nome di un regista italiano e uno straniero che stimi?
Gli autori che hanno influenzato maggiormente la messinscena sono Ettore Scola, Emir Kusturica, Coppola e Scorsese. Oggi i migliori registi al mondo per me sono Paolo Sorrentino, Paul Thomas Anderson, Clint Eastwood e Matteo Garrone.
-Qual è l’attore italiano che vorresti sul set del tuo prossimo film? E quello straniero?
Dipende dalla storia e dal ruolo, la fama degli attori non mi interessa, mi interessa la verità di cui riescono ad essere portatori.
-Roma ha il suo supereroe. Mainetti è riuscito a conquistare anche un pubblico inaspettato con il suo Lo Chiamavano Jeeg Robot. Non credi che anche Napoli abbia bisogno di un supereroe? Hai mai pensato a dare ai napoletani qualche appiglio, seppur immaginario e irreale, a cui aggrapparsi nei momenti in cui avvengono quei brutti episodi di cronaca?
Napoli non ha bisogno di supereroi ma di donne e di uomini degni di essere chiamati tali. Tra il realismo e la magia, io scelgo la verità.
Ti ringrazio per il tempo che mi hai dedicato e ti faccio i miei migliori auguri per i David di Donatello.
Ecco il trailer di Indivisibili candidato a 17 David di Donatello