L’eterno conflitto tra uomo e natura attraverso la cinepresa

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Deserto rosso

Primo film a colori diretto da Michelangelo Antonioni narra la storia di Giuliana, moglie di un dirigente industriale che vive una costante angoscia e depressione colpevoli del suo tentato suicidio. Complici di questa terribile condizione sono anche l’incapacità di comunicare il suo disagio e l’alienazione di una modernità priva di significato in una Ravenna lugubre ed industrializzata.

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In questo film il rapporto tra uomo e natura è irreversibilmente distrutto, soppiantato da un’ industrializzazione che rende il paesaggio un posto grigio e soffocante. Continuo è il rimando a un senso di oppressione e solitudine e alla riflessione sulle profonde ripercussioni ambientali causate dal soffocante inquinamento. Non è solo un film sulla depressione di una persona ma anche di tutta una intera società che non sembra accorgersi di essere stata assorbita e disumanizzata da quella natura contaminata. E in questo grigiore privo di sentimenti vaga la protagonista alla ricerca di qualcosa che percepisce e che la angoscia ma nessuno può dirle cos’è. In una frase dirà “Io non riesco a guardare a lungo il mare. Sennò tutto quello che succede a terra non mi interessa più.” Totalmente incapace di esprimere sentimenti si lascerà andare solamente quando racconterà al figlio di un sogno riguardante una bambina sola su una splendida isola sarda circondata da un’ideale natura incontaminata, posta in contrapposizione a quella industrializzata della realtà.

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